Salva-Stati, Conte difende l'intesa con la Ue solo se c'è l'ok all'Unione bancaria

Salva-Stati, Conte difende l'intesa con la Ue solo se c'è l'ok all'Unione bancaria
di Marco Conti
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Giovedì 21 Novembre 2019, 08:35 - Ultimo aggiornamento: 13:06

ROMA Ieri la maggioranza, e non solo, ha fatto quadrato intorno al governo e all'ipotesi d'intesa sulla riforma del meccanismo salva-Stati raggiunta a giugno scorso dall'esecutivo M5S-Lega. L'obiettivo è rassicurare dopo i timori crescenti sulla possibilità che i Paesi europei che in futuro avranno necessità di ricorrere all'aiuto del fondo salva-Stati, debbano obbligatoriamente ristrutturare il proprio debito. Con i rischi annessi di creare sfiducia sui mercati nei confronti dei titoli pubblici italiani .

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LA SPIEGAZIONE
Dopo l'attacco di Salvini e Di Maio, la spiegazione data tre giorni fa da Palazzo Chigi, non ha convinto autorevoli esponenti grillini che hanno chiesto e ottenuto per domani un mattutino vertice di maggioranza nel quale il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, spiegherà cosa contiene la riforma del Mes (Meccanismo europeo salva-Stati) e, soprattutto, che l'Italia si attende che «il pacchetto di riforme» promesse venga completato in modo da approvare tutto insieme e avere un quadro chiaro. Per pacchetto, il presidente del Consiglio e il ministro dell'Economia intendono il completamento dell'Unione bancaria e la creazione di un vero e proprio bilancio dell'area euro. Due temi, questi ultimi, oggetto di trattative molto meno avanzate della riforme del salva-Stati.

Dire no al Consiglio europeo di dicembre non è quindi impossibile, ma ciò che Palazzo Chigi e Mef non vorrebbero fare è rimettere in discussione l'unico tassello sul quale l'intesa è stata raggiunta, anche se la trattativa è stata condotta dal governo M5S-Lega. D'altra parte, Conte il 13 dicembre arriverà a Bruxelles forte anche dei paletti che il Parlamento ha posto il 21 giugno dello scorso anno proprio al termine dell'intervento fatto in aula dal premier. Ma la logica del «pacchetto» impedisce all'Italia di porre veti sul contenuto dell'accordo raggiunto che non prevede molto di ciò di cui si è scritto in questi giorni, a cominciare dall'obbligo della ristrutturazione del debito.

Il timore di Palazzo Chigi è che mettersi del tutto di traverso finisca con il bloccare l'intero processo di riforma e spinga l'Italia fuori dalle trattative, oltre ad alimentare quel sentiment di inaffidabilità dovuto anche al continuo cambio di governi e di ministri competenti. Ma resta la necessità di fugare i pericoli di una intesa in bianco che esponga il Paese ai danni di un nuovo caso bail in.
Tuttavia far saltare il banco ora - ponendo un drastico veto - rischia infatti di compromettere i rapporti dell'Italia con i due principali partner. Un'eventualità che alla Lega d'opposizione interessa molto meno di quando era al governo e doveva far passare a Bruxelles una manovra con Redditto e Quota 100 che nel frattempo aveva fatto schizzare lo spread. Restare al tavolo delle trattativa, senza strappi, è la soluzione che Conte preferisce anche se nel M5S le tesi complottiste di un accordo firmato - ovviamente di notte - continuano a piacere molto più dei ragionamenti che si fanno a Palazzo Chigi o al Mef. Dopo essere andato dietro alle tesi di Salvini, ieri Di Maio ha strambato e si è riallineato lasciando i componenti grillini della commissione Finanze con il cerino in mano per quell'attacco che ha irritato non poco l'inquilino di Palazzo Chigi. Conte ieri si è scagliato a tutta forza contro Matteo Salvini dandogli dell' «irresponsabile» per aver sollevato un «delirio collettivo» su un argomento che la Lega di governo aveva ampiamente condiviso in vertici di maggioranza e «con i massimi esponenti» del Carroccio.

Resta il fatto che da luglio del tema non si è più parlato anche se ai primi di novembre il ministro Gualtieri ha chiesto di essere audito dalla Commissione Bilancio della Camera ottenendo una data - il 27 novembre - solo ieri l'altro. Nel dibattito «senza senso» di questi giorni, come lo definisce il ministro Gualtieri, non si ricorda che l'ultima parola - anche a accordo firmato - spetta al Parlamento e che la ratifica del trattato ha bisogno del via libera dei diciannove paesi che compongono l'eurozona.
A Palazzo Chigi continuano ad affastellarsi dossier e problemi mentre nel M5S il caos è totale e non basta più nemmeno il blog delle Stelle per mettere ordine. E' per questo che domani non sarà facile per Conte e Gualtieri convincere l'ala barricadera del M5S.

 

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