Roma, da Tor Bella Monaca a Ostia: viaggio nei quartieri del non voto. «Noi, dimenticati dalla politica»

Roma, da Tor Bella Monaca a Ostia: viaggio nei quartieri del non voto. «Noi, dimenticati dalla politica»
di Mario Ajello
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Mercoledì 20 Ottobre 2021, 07:02 - Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 09:50

Il non votante milita nel primo, anzi primissimo, partito di Roma. Quello degli astensionisti che raccoglie quasi il 70% in certe periferie. «La vede questa panchina lurida di ogni cosa? Riesce a leggere che cosa c'è scritto?». C'è scritto con la vernice blu: «Lavame». «Per questo - dice Roberta, di Tor Bella Monaca, donna delle pulizie ma avrebbe voluto fare la parrucchiera, 23 anni e un figlio - non voto io e non votano tutti quelli di qui. Perché la politica c'è solo nei telegiornali, e per il resto non fa niente per farci vivere meglio, senza sporcizia, senza tossici e senza paura. Non si preoccupa di nessuno e si dimentica di noi». La panchina «lavame» è in via Amico Aspertini, sotto i palazzoni sbrecciati di Tor Bella Monaca, dove il 68% - record in questo tornata amministrativa nei quartieri romani - alle urne non è andato e appartiene al partito di Roberta (che non vuole dire come si chiama di cognome). Trovare un elettore da queste parti è impresa titanica. E' ancora peggio che a Ostia, altra roccaforte del non voto con il 64% di astenuti, dove c'è un cameriere cinquantenne, Dino Cimatti, e dice: «Perché non voto? Semplicemente perché non mi fido». E pensare che nelle vie di Ostia ancora si vedono appesi ai muri i poster con Michetti che dice: «Vince chi vota». Ma ha vinto anche chi non vota.

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AI CASSONETTI
Questi del partitissimo del no all'indomani del ballottaggio si affacciano timidi, silenziosi e in ordine sparso, con le buste dell'immondizia tra le mani, verso i cassonetti di via dell'Archeologia a Tor Bella Monaca che sono discariche a cielo aperto sormontate da materassi sfondati e altre schifezze non raccolte. «Non sappiamo dove buttare la spazzatura perché i recipienti sono stracolmi.

Va bene come spiegazione per il non voto?». Poi Loredana e Gigi, fidanzati, aggiungono qualcosa di più: «La Raggi la votammo tutti cinque anni fa, era l'ultima speranza, fallita anche quella. E ora i politici ci vogliono togliere pure il reddito di cittadinanza, abbozzare va bene ma dirgli bravi proprio no». Nello stradone parallelo a questo, a via Aspertini, c'è un fruttivendolo, lo gestisce Giampiero. Spiega: «Qui tutti o quasi prendono il reddito di cittadinanza. C'è il terrore di perderlo e il non voto è un avvertimento: giù le mani dai nostri pochi soldi!». Entra una maestra della scuola qui dietro, la Melissa Bassi: «Siamo stati abbandonati, ma perché dobbiamo abbracciare chi ci abbandona?». Non molto lontano da qui sempre a Torbella, a via Giacinto Camassei, passeggia in tuta il pensionato Tripodi Marco, ex dipendente pubblico: «Perché non voto? Perché me lo sono dimenticato!». Un po' è vero. Ma c'è dell'altro: «Quelli che dovrebbero fare le pulizie stanno inguattati, ma purtroppo mai dentro i cassonetti per ripulirli. Stanno nei bar, nei centri scommesse, o si danno malati. Sono 10 anni che cerchiamo di far togliere le radici sulla strada sotto casa mia, e non lo fa nessuno perché dicono: se togliamo quelle radici si stressano gli alberi. Ma io mi stresso di più quando vado dal gommista a cambiare i pneumatici della macchina e i cerchioni che saltano». A proposito dei centri scommesse, ecco il punto Snai qui vicino. Nessuno vuole parlare con i giornalisti, uno dice a brutto muso: «L'avvertimento dei poveri è partito, e i ricchi di Roma centro vedo che tremano».

Altri toni e ragionamenti a piazza Anco Marzio, a Ostia. C'è il proprietario di un bistrot del mare, si chiama Roberto Papi, spiega: «Non ho votato perché non c'era partita. Quando la sinistra si mette tutta insieme è inutile giocare». Un gruppo di ragazzi va verso la stazione, e uno di loro - Andrea, che lavora per le discoteche - si ferma e la vede così: «Noi giovani siamo quelli che votano meno degli altri. I politici sembrano quei genitori che si disinteressano dei problemi dei figli e poi pretendono affetto». E un altro: «Che cosa voto a fare un sindaco che dice A e poi fa B? Perché dovremmo votare questa politica che ci rifiuta e ci abbandona?».
Di nuovo a Tor Bella Monaca, a due passi dalla panchina «lavame». Ancora gente vestita in tuta («Ma non siamo carcerati», specificano). Rosa, davanti al bar Black and White, che dentro è pulitissimo, fa la badante a Roma Nord, poi torna la sera quaggiù e «mi viene lo sconforto tra sporcizia e paura. Tornerò a votare quando quelli lì tratteranno i nostri quartieri come trattano casa loro». E questi sono messaggi sparsi che, nella loro semplicità pop, il nuovo ceto politico-amministrativo dovrebbe ascoltare e magari lo farà.

SOTTO LA CENERE
Al Black and White, intorno al bancone, tra muratori e casalinghe, l'umore è questo: «Non votiamo perché ci offendono sempre, sia i politici sia le televisioni. Dicono che Tor Bella Monaca è un inferno e che ci sono solo spacciatori, tossici, ladri. Ci danno la targa dei peggiori e poi vogliono pure il nostro consenso. Ma votatevi da soli se siete capaci!». La rabbia ancora non c'è, ma sotto la cenere di queste elezioni qualcosa brucia.

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