Lollobrigida: «Nel 2023 daremo a Roma i poteri da vera Capitale»

Il ministro: «Risorse e nuovo status per la città, come succede nelle altre nazioni. Produttività e meritocrazia: così si aumentano gli stipendi a chi lavora bene»

Lollobrigida: «Nel 2023 daremo a Roma i poteri da vera Capitale»
di Mario Ajello
5 Minuti di Lettura
Lunedì 2 Gennaio 2023, 00:16 - Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio, 08:45

Ministro Lollobrigida, l’anno che comincia non sarebbe finalmente quello giusto per il riscatto di Roma sul piano nazionale e internazionale?
«Ciò su cui siamo molto concentrati è l’uscita dall’equivoco. Ovvero da una situazione paradossale per cui Roma viene considerata uno degli ottomila comuni italiani. Questo l’equivoco che sapremo superare. La città capitale nelle grandi nazioni è considerata un unicum. Anche da noi dev’essere così. Fratelli d’Italia è un partito protagonista da sempre di battaglie per Roma, grazie anche all’ordine del giorno del 2018, con prima firmataria Giorgia Meloni, che metteva in condizione tutto il Parlamento di impegnarsi a dare a questa grande metropoli più poteri e più risorse. Quel processo avviato da Meloni ha avuto il suo successo nel 2020 e questo ha portato tutte le forze politiche a proposte su questa materia. Il 2023 sarà con certezza l’anno in cui Roma acquista definitivamente il suo status legislativo di Capitale. Nelle altre nazioni, il ruolo di Parigi, di Londra, di Berlino, di Madrid è già un unicum sia in termini di drenaggio di risorse sia per quanto riguarda i poteri. E questo garantisce alle capitali una forza che è utile all’intera nazione. A Roma ci sono ministeri, sedi di organizzazioni internazionali, importanti authority: una serie di centri di spesa di cui si fa carico la città e questo deve essere compensato da adeguate risorse e poteri per garantire la necessaria efficienza. Ecco, Roma non sarà più trattata come un Comune qualsiasi». 

 

Ma anche in passato si sono sentiti questi discorsi.
«Ora è cambiato tutto, c’è un governo nuovo e molto determinato sul potenziamento dello status della Capitale. Giorgia Meloni è la garanzia che il nostro esecutivo metterà Roma al centro della sua azione». 
Siamo sicuri che, invece, a causa dell’autonomia, la Capitale non venga spogliata di poteri e impoverita?
«Non vedo questo rischio. Da nessun punto di vista potrà esserci un processo di indebolimento. Al contrario, questo è il momento giusto, e atteso da tantissimo tempo, in cui Roma può tornare ad essere Capitale non solo sulla carta ma nei fatti».

Sta dicendo che non teme la bozza Calderoli sull’autonomia e tutti i pericoli, molto evidenti, di un decentramento sia ai danni di Roma che delle regioni del Centro e dl Mezzogiorno?
«Il ministro Calderoli sta facendo un ottimo lavoro. Naturalmente il Parlamento verrà coinvolto, come è ovvio visto che siamo una Repubblica parlamentare. E quanto ai rischi, che vengono segnalati da più parti, su una possibile spaccatura del Paese, vi garantisco che FdI è una sentinella inflessibile. Per noi, ogni cosa che mette a repentaglio l’unità nazionale non è sostenibile. Noi comunque non leggiamo nelle proposte di Calderoli alcun tentativo di divisione del Paese. Riteniamo che autonomia, elezione diretta dell’organo esecutivo e poteri per Roma Capitale siano strumenti che garantiscono maggiore coesione e competitività alla nazione, sulla base dei principi di sussidiarietà e di efficienza». 

 

Intanto che cosa pensa della proposta, lanciata sul Messaggero dal presidente di Confindustria, Bonomi, sugli stipendi nelle imprese legati ai meriti dei singoli lavoratori e non uguali per tutti? 
«Il principio di agganciare gli stipendi alla produttività, anche nelle imprese pubbliche, è un tema su cui ragionare. Vanno ripensati alcuni meccanismi non particolarmente efficaci. Maggiore produttività e maggiore meritocrazia: queste le strade per aumentare i salari a chi lavora bene. Vanno indicati i parametri da raggiungere per un’impresa e, se questi vengono raggiunti, gli stipendi avranno un incremento. Naturalmente, abbiamo un ottimo ministro del Lavoro e un processo di questa natura andrebbe concertato con tutte le parti sociali». 

Bonomi insiste anche sul fatto che lo Stato deve dare più sostegno alle imprese che investono. 
«Vedo nel presidente di Confindustria una correzione positiva rispetto alle dichiarazioni che aveva fatto sulla prima bozza della manovra finanziaria. Bonomi porta avanti legittimi interessi di parte, mentre il governo ha un altro ruolo e deve fare scelte che siano in linea con le risorse disponibili. È evidente che il sostegno alle imprese è fondamentale. Il lavoro non si crea in laboratorio né in una riunione del Consiglio di ministri ma proprio attraverso il sostegno alle imprese. Perciò la prima cosa che il governo ha fatto è stato salvaguardare le aziende investendo risorse contro il caro energia. E anche iniziando quelle politiche attive del lavoro, per esempio sul Reddito di cittadinanza, sulla linea di quanto afferma Bonomi: cioé distinguendo l’assistenza ai deboli impossibilitati a lavorare da quello che deve essere un meccanismo di incentivo all’occupazione». 

 

Non vanno in questo quadro tagliati i costi di gestione dello Stato che darebbero più risorse da investire?
«Ritengo ragionevole la necessità di ridurre alcuni costi legati alle tante aziende pubbliche. E leggo le dichiarazioni di Bonomi come una moral suasion possibile anche verso le numerose aziende pubbliche associate a Confindustria. Ci sono tanti possibili tagli di spese inutili. E vorrei aggiungere una cosa su un altro tema fondamentale. Quello del cuneo fiscale. Il 2023 e gli anni a venire saranno cruciali su questo. Più riusciremo a efficientare la macchina dello Stato, e più il taglio del cuneo fiscale - che già abbiamo cominciato a praticare - diventerà fattibile. Noi abbiamo questa come una grande priorità». 

 

Capitolo presidenzialismo. Ci sarà la cosiddetta Bicameralina?
«Il ministro Casellati ha già cominciato le interlocuzioni, con i partiti di maggioranza e di opposizione, per capire le disponibilità per arrivare allo scopo: che è quello di un più stretto rapporto tra le istituzioni e gli italiani. Lo strumento scelto sarà una conseguenza delle disponibilità acquisite. Siamo comunque pronti a collaborare con chi si renderà disponibile su questa riforma e pronti a convincerci di proposte migliorative se vanno nello stesso senso delle nostre: ossia la possibilità che il popolo abbia maggiore controllo e forza d’indirizzo su chi governa. Così come avviene in tante nazioni moderne e efficienti, e non per questo meno democratiche». 

 

Ora c’è il test delle Regionali nel Lazio. Pronti?
«Lazio e Lombardia sono regioni strategiche. Se in Lombardia puntiamo sulla continuità, nel Lazio abbiamo Rocca che è un candidato di alto profilo. Potrà garantire, sostenuto da tutta la coalizione, non solo la vittoria ma anche un coordinamento forte con il governo nazionale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA