Renzi, operazione Centro: «Ora una Costituente partendo dal garantismo»

L’intesa con Toti non basta: si alza l’asticella. Il banco di prova è il referendum sulla giustizia

Renzi, operazione Centro: «Ora una Costituente partendo dal garantismo»
di Mario Ajello
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Lunedì 7 Febbraio 2022, 22:25

Il centro non come somma di centrini. Il centro non come operazione di Palazzo. Serve un centro di gravità permanente - per dirla alla Franco Battiato ma anche alla Matteo Renzi - e allora più che alla federazione tra i gruppi parlamentari di Toti e di Italia Viva, che comunque è un petalo della Margherita 3.0 a cui pensano centristi e riformisti è all’assemblea nazionale del partito renziano il 26 febbraio che occorre guardare. Quella si propone come una vera e propria costituente del centro il più allargato possibile che poi dovrà trovare, a progetto maturato e ben lanciato, il suo grande federatore alla vigilia delle elezioni del 2023. Un passaggio cruciale di questa road map si svolgerà tra meno di 20 giorni negli studios di Cinecittà - questo il probabile set dell’assemblea renziana a Roma e tra italovivisti e altri petali del centro si comincia a ragionare anche su uno schema diverso rispetto a quello finora vigente: ossia non è detto che debba essere il sistema elettorale proporzionale il trampolino della operazione post-bipolare e della creazione di una terza forza in grado di produrre innovazione e non riproporre nostalgie del passato vetero-democristiano. La Margherita in origine e nello sviluppo rutelliano non fu proprio questo? 

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Le assise di Renzi e dei suoi a Cinecittà si propongono proprio come «un’uscita all’aria aperta e una boccata di aria nuova».

Ovvero come il lancio di temi per il Paese, di contenuto ad alto impatto sulla società più che sul circuito della politica politicante e politichese (del tipo della nuova polemica interna al centro che ancora non c’è, ossia quella di Brugnaro ieri contro Toti per un centro che parta e magari arrivi al centrodestra). Che cosa c’è di meglio, da questo punto di vista del voler parlare ai cittadini, del tema giustizia? E allora la giustizia, e le riforme della giustizia, saranno il primo terreno di costruzione del centro. In connessione con i referendum lanciati dai Radicali e firmati da Renzi (si va dal ridimensionamento della carcerazione preventiva al no alle porte girevoli tra politica e magistratura, alla riforma del Csm) che se ci sarà l’ok della Corte Costituzionale si potrebbero tenere in primavera, forse già ad aprile. È questo il temone della Costituente di centro e in generale della convergenza dei movimenti al centro. Oltretutto, secondo scadenza, prima dell’estate si dovranno anche votare i membri di nomina politica del Csm: e in questa occasione le varie anime del centro - basti pensare a quelle di Forza Italia, dove non solo Brunetta morde il freno - potranno avere il loro esordio o la prova generale in una convergenza dei grandi elettori al di là degli steccati politici di appartenenza.

LA RETE
Intanto nell’assemblea nazionale di Italia Viva - dopo la quale Renzi partirà in tour per l’Italia con il camper «popolare e anti-populista» proprio per costruire il centro «dal basso e non dall’alto o in provetta», come ieri ha scritto Matteo nella sua e-news - oltre alla giustizia uno dei piatti forti sarà la proposta dell’elezione diretta del premier e l’introduzione del maggioritario a doppio turno come in Francia. Altro che proporzionale! La terza forza riformista, almeno nel progetto di Renzi molto allargabile di qua e di là lungo l’arco costituzionale, parla a Forza Italia, in prospettiva a Casini, al mondo territoriale (più che ai leader) di Azione, a chi tra Lega e M5S (il duplex Giorgetti-Di Maio) si sente stretto nel partiti attuali. Per non dire del Pd. Si ragiona dalle parti di Italia Viva: sindaco d’Italia più maggioritario a doppio turno non è una proposta per tutti quelli che la pensano alla Arturo Parisi, e nel mondo diffuso del centrosinistra sono tanti, e in molta parte nei dem a cui questo tipo di posizioni sono molto familiari? 

Insomma, il centro Toti-Renzi va bene ma solo per cominciare (se si comincia davvero). Le ambizioni di tutti sono più larghe. Circolano da quelle parti discorsi così, e non sembrano campati in aria: Franceschini, da ex ministro, sarà ovviamente ricandidato nel Pd anche se non proprio in linea con Letta, ma gli altri della sua area - e qualcuno anche di Base Riformista - molti dei quali hanno già tre legislature sulle spalle rischiano di restare a piedi e le loro istanze e consensi territoriali si troverebbero privi di riferimenti politici in Parlamento. L’operazione centro, tra sigle, contenuti e territori, rischia così per tutti gli altri partiti di essere una minaccia insidiosa e un fattore disgregante per gli assetti attuali. L’importante è che non odori di muffa e non sia asfittica. «L’area riformista è stata decisiva anche nella partita del Quirinale - assicura Renzi - e sarà decisiva, con qualunque legge elettorale, nella prossima legislatura. Qualcuno la chiama centro, qualcuno la chiama polo liberal-democratico, qualcuno non la chiama proprio perché pensa di poter fare a meno di noi, quel che è certo è che quest’area nel Paese c’è già». Almeno come scommessa. 
 

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