Renzi: «Porte aperte a Calenda, uniti facciamo il botto. Letta il vero sconfitto»

Il leader di Italia Viva: le idee che abbiamo in comune sono più vicine delle diversità

Renzi: «Porte aperte a Calenda, uniti facciamo il botto. Letta il vero sconfitto»
di Ernesto Menicucci
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Martedì 9 Agosto 2022, 00:52 - Ultimo aggiornamento: 16:06

Senatore Renzi, la rottura tra Calenda e il Pd che spazi apre per voi?
«Per noi è la conferma che la grande ammucchiata non funziona. Si va dagli elettori condividendo delle idee, non uno schema con il numero dei collegi. E davanti alla destra non si può gridare al fascismo, ma raccontare un’idea alternativa e più credibile di Paese. Spiace dirlo ma il Pd ha sbagliato tutta l’impostazione incapace di scegliere tra coalizione di tutti e agenda Draghi. E il Pd che fa? Imbarca i No-Nato e parla di aumentare le tasse. Ho sempre saputo che Letta fosse molto amico della Meloni, ma non pensavo così tanto» 

Il Terzo Polo non è una chimera? In molti ci hanno provato in passato, anche lo stesso Monti, nessuno ci è davvero riuscito.
«Il tentativo di Monti partiva da un’idea tecnocratica. Noi partiamo dalla politica. Quello del 25 settembre sarà un seme, che avrà un ottimo risultato elettorale ma che sarà destinato ad affermarsi in futuro.

Ci sono moderati che non vogliono votare la Fiamma, ci sono riformisti che non vogliono votare gli anti Draghi: dare loro un tetto significa avere una visione politica, non una lista di cose tecniche da fare. C’è l’anima del Paese dei nostri figli nel progetto del Terzo Polo, non una triste macchina da guerra per vincere (o forse meglio dire: per perdere) i collegi». 

State cercando un’alleanza con Calenda? Lei si fida del leader di Azione?
«Quando abbiamo lavorato insieme, abbiamo lavorato bene. In particolar modo durante il periodo in cui abbiamo condiviso responsabilità varie di Governo. Le idee in comune sono più vicine delle diversità metodologiche e caratteriali che ci separano. Noi ci siamo posizionati sul Terzo Polo da subito. Se Azione ci sta, siamo pronti a ricominciare insieme, senza primogeniture ma puntando al bene dell’Italia. Io e Carlo insieme possiamo fare il botto». 

Su quali basi potrebbe nascere un accordo? Sareste due front runner? E farete un listone unico Azione-Iv?
«Penso che Azione debba avere il tempo di maturare una decisione difficile come quella di rompere l’accordo con il Pd. Occorre rispetto per scelte così travagliate. Quando saranno pronti a discutere, noi ci saremo. Se facciamo una lista unica ci sarà un solo front-runner. Se ne facciamo due, ce ne saranno due. Ma per come sono fatto io è la scelta politica che mi affascina, non la pur necessaria e doverosa ripartizione degli assetti. Se nasce il Terzo Polo, è un progetto che funziona per l’oggi e soprattutto per il domani. E io sono pronto a dare una mano con generosità. Ma deve essere un progetto politico, non la semplice reazione al fallimento del rapporto col Pd». 

A settembre parte la Leopolda. Messaggio da lanciare?
«Sarà un’esplosione di idee, di entusiasmo e di freschezza. Come sempre la Leopolda, del resto. Ci hanno preso in giro tante volte dicendo che eravamo soli. Eppure, soli soletti, abbiamo mandato a casa Conte e portato Draghi. E alla Leopolda tutta Italia si renderà conto che non siamo soli ma circondati da straordinarie persone di qualità».

Si aspettava questo epilogo tra Azione e il Pd?
«L’epilogo non mi ha stupito. Casomai mi ha stupito il fatto che avessero siglato un accordo all’inizio. Non si tiene l’agenda Draghi con chi come Fratoianni ha votato 55 volte la sfiducia. Si può andare controcorrente, se si ha coraggio. Ma mai contro la logica». 

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Lei, se fosse stato il segretario del Pd, come avrebbe gestito questo difficile rapporto a tre (Calenda, Fratoianni, Bonelli)?
«Letta è il vero sconfitto di questa fase politica. Poteva fare un accordo in nome dell’antimelonismo e dell’antisalvinismo. È una tecnica politica che non apprezzo, ma la fanno in tanti: mettere tutti insieme contro qualcuno. Per farlo però doveva fare l’accordo con i Cinque Stelle. Non c’è riuscito. Oppure – viceversa – poteva fare un’agenda politica in nome di Mario Draghi e allora doveva portar dentro Italia Viva, Azione e i riformisti. E tenere fuori i populisti. Invece è rimasto invischiato nei suoi rancori personali contro di me. E soprattutto è rimasto indeciso e tentennante sulla strategia politica. Mi spiace per lui».

Da spettatore (interessato) che pensa dello spettacolo che è stato offerto?
«Teatrino indecoroso. Meno male che ad agosto la gente è in ferie». 

Un tempo le trattative si conducevano in privato oggi la battaglia è via tweet: non è anche questo un motivo di “impazzimento” della politica?
«Anche. Ma non è un fenomeno solo italiano. Io provo sui social a parlare di Ucraina, di Taiwan, della striscia di Gaza. Nessuna delle mie riflessioni sui grandi temi diventa virale. Però se attacco qualcuno, piovono i like. Non è solo un problema della politica, purtroppo. E dire che avremmo tanto bisogno di serietà». 

 

Non è che andrebbe imposta una moratoria social?
«Impossibile. Andrebbe invece impostata una strategia di lungo periodo sulla cultura, sull’educazione, sul rispetto, sulla civiltà. Il danno più grosso che hanno fatto i Cinque Stelle è stato sdoganare l’odio e l’aggressione verso chi non la pensa come te. Aggressione personale, anche se verbale. Io nel libro “il Mostro” ne ho dato parzialmente conto. E vedere Di Maio entrare a elemosinare un posto al Nazareno mi ha fatto pensare agli insulti che ci rovesciava addosso ai tempi di Bibbiano o delle trivelle o degli arresti ingiusti. Il Pd oggi candida Di Maio e rinnega chi ha fatto le unioni civili e le leggi sul sociale: contenti loro, contenti tutti. Noi lasciamo loro i seggi e ci teniamo la dignità e la libertà». 

Se adesso la chiamasse Enrico Letta, per proporle un patto o un accordo, cosa gli direbbe?
«Non lo ha fatto quando poteva farlo, non lo farà adesso. La cosa che gli direi è: perché non avete avuto il coraggio di dire le cose in faccia, affidandovi ai comunicati stampa con scritto “Fonti del Pd”? Le potrà sembrare una cosa banale, ma non è così. Chi prende una decisione deve avere il coraggio di guardare negli occhi l’altro. Enrico non lo ha mai fatto in vita sua. Non inizierà adesso». 

Ha detto no anche a Berlusconi. Ma non era lei l’uomo del patto del Nazareno?
«Provo simpatia umana per Silvio Berlusconi. Non l’ho mai attaccato sotto il profilo personale. E ho sempre invitato tutti a offrire un’idea diversa del Paese, non a criminalizzare le sue scelte, giuste o sbagliate che fossero. Ho provato a scrivere con lui le regole costituzionali. Ma io non sono uno che può passare con chi ha mandato a casa Draghi o con chi inneggia alla Le Pen e a Vox: Berlusconi si è scelto questi alleati. Lo rispetto umanamente, lo combatto politicamente».

Dopo che lei ha parlato di vendette personali dietro il veto dal Pd a Iv, dal Nazareno le hanno risposto dicendo che aveva portato il Pd al 18%
«Il PD nel 2018 ha portato in Parlamento il 25% dei seggi ed è stato decisivo sia con il Conte bis che con il governo Draghi. Non è stato un buon risultato e infatti ho lasciato la guida del partito ma abbiamo preso comunque il 25% dei seggi. Nella legislatura precedente ho vinto due elezioni primarie, ho portato il Pd al 41%, abbiamo governato in 17 regioni su 20 e in seimila comuni italiani su ottomila, avendo il coraggio di scrivere leggi storiche. Ho l’impressione che con questa strategia di attaccare me anziché la Meloni, il Pd di oggi prenderà pochi seggi e soprattutto consegnerà il Paese alle destre. Ma i signori che vogliono parlare di risultati prima prendano il 40% e poi ci confrontiamo».  

Lei ha anche detto che così Letta fa vincere la Meloni: come si può battere, dal suo punto di vista, la leader Fdi?
«Sui contenuti. La Meloni non ha votato per il Recovery Plan, è contro la globalizzazione, non ha una strategia economica all’altezza del nostro Paese, ha una classe dirigente improvvisata, è amica di Orban, ha un programma che rischia di far saltare i conti pubblici. Questo non è un programma fascista, ma al massimo sfascista, sfascista del bilancio statale. Sarebbe bello confrontarsi su questi temi, anziché sull’ideologia. Se questo è il punto, l’ultima cosa da fare è cominciare la campagna elettorale da sinistra dicendo: “Più tasse per tutti”. Persino sulla tassa di successione, assurdo. Ci tassano molto da vivi, sarebbe auspicabile poter almeno morire gratis». 

Crede che il Pd possa riaprire il dialogo con M5S?
«Credo che siano ormai fuori tempo massimo. E comunque se lo fanno, il Terzo Polo elettoralmente fa bingo. Mai dimenticare che è stato Conte a mandare il Paese a elezioni anticipate».

Scenario. Il centrodestra vince: il governo dura cinque anni? Cosa potrebbe accadere durante la legislatura?
«Se ci saranno persone serie in Parlamento, l’Italia sarà più forte. Stando in Parlamento con un gruppetto di deputati abbiamo salvato il Paese portando Draghi al posto di Conte. Se avremo una presenza significativa nella prossima legislatura cercheremo di fare lo stesso».

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