Umbria, la crociata dei preti anti-Lega: Salvini arruola il Family Day

Umbria, la crociata dei preti anti-Lega: Salvini arruola il Family Day
di Mario Ajello
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Sabato 12 Ottobre 2019, 08:13 - Ultimo aggiornamento: 15:54

dal nostro inviato

PERUGIA E' in minuscolo, un 48 rovesciato. La Chiesa tifa fortemente per la sinistra nelle elezioni in Umbria del 27 ottobre. Il candidato di Pd e M5S alla prima prova di alleanza, Vincenzo Bianconi, è albergatore dall'aria mistica, e non fa che parlare di San Francesco nei suoi giri elettorali. E anche Zingaretti (lui come tutti o quasi i ministri grillini e dem sono entrati in partita, per non dire di Di Maio sempre presente ma si sono mossi tardi rispetto a Salvini che s'atteggia ormai a genius loci) dal palco di Perugia ha tuonato: «Questa è la terra della pace e di San Francesco e non sarà mai la terra dell'odio e della Lega». Di sicuro è terra di Chiesa, regione tradizionalmente comunista ma anche molto cattolica, e fin dall'inizio il cardinal Bassetti, arcivescovo di Perugia e numero uno della Cei, è stato magna pars della contesa elettorale. Lui come i frati francescani di Assisi. E loro come tutto il resto del mondo cattolico. Fermare Salvini l'anti-cristiano che brandisce il rosario ma attacca gli immigrati, confermare l'Umbria terra di accoglienza e di solidarietà: questo l'imperativo morale che si sono date le gerarchie celesti. E anche molti dei preti di campagna. Capita di sentire conversazioni così, nei ristoranti o nei bar della regione: «Il mio parroco mi dice che Salvini è un demonio. Sarà pure così, ma altri 70 di quelli che governano da 70 io non li voglio proprio...».

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PADRE PIO
Il cattolico Conte, con santino di Padre Pio in tasca, è in arrivo in Umbria, con la benedizione curiale che per lui è naturale, e chissà se le promesse che porterà - se ne porterà - invertiranno la tendenza che, dopo i 70 Pci-Pds-Ds-Pd, gli scandali nella sanità e il logoramento di un sistema di potere già scricchiolante da tempo, dice così: dovrebbe vincere il centrodestra trainato da Salvini ma la partita s'è riaperta dopo che Zingaretti e Di Maio hanno deciso di correre insieme e di trovare in Bianconi l'uomo giusto. Quello che dice «non sono né di destra né di sinistra» e sperano di farcela così. Gli altri, per rivendicare la propria cristianità, giovedì prossimo terranno il Family Day a Perugia, con il teo-con Gandolfini e in presenza della trinità: Salvini-Meloni-Berlusconi. Si tratta di convincere nella regione dei santi - San Francesco, Santa Rita, Santa Chiara, San Benedetto - che se la Chiesa tifa per gli altri anche il centrodestra è credibile, al netto dell'uso strumentale che della religione fa Salvini, su questo versante. Un Family Day per convincere - se davvero ce n'è bisogno - il gregge dei fedeli a non finire nelle braccia grillo-dem. E prima il mondo cattolico ha cercato di fermare la ruspa di Salvini indicando candidato governatore al Pd (che ha accettato) Andrea Fora, cattolicissimo con timbro Cei. Poi lui è stato bruciato sull'altra dell'accordo con i grillini, ed ecco l'opzione Francesca Di Maolo, presidente del Serafico, istituto di Assisi che fa del bene ai bambini malati.
La sponsorizza il cardinal Bassetti, il vescovo di Assisi la spinge a non candidarsi per proseguire il suo impegno sociale al Serafico. Cerca di farla desistere il vescovo Boccardo di Spoleto (lei è di lì), considerato parte della sponda della Chiesa umbra non allineata all'anti-salvinismo. La Di Maolo decide dunque di mollare la presa, ed ecco Bianconi: civico meno odoroso d'inceso ma consapevolissimo che la Chiesa tifa per la nuova alleanza post-Dc in salsa Zingaretti (una spruzzata di rosso resiste), Di Maio, Conte, Franceschini. Tra pochi giorni la contromossa Family Day, e Gasparri, a cui Berlusconi ha affidato la pratica Umbria osserva: «Qui c'è il paradosso della Chiesa che porta acqua al mulino dello schieramento che vuole l'eutanasia e le adozioni gay. Di santi, da queste parti, ce ne sono tanti. Dall'alto dei cieli, guardano sia noi che non contiamo niente sia le attuali gerarchie ecclesiastiche». E se è vero - come dice uno sfottò, e non un errore ortografico - che «la storia si riprete», stavolta non si «riprete» come nel 48.
Mario Ajello
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