Regionali, ecco i governatori-star: per i nuovi cacicchi è corsa a spartirsi i fondi Ue

Regionali, ecco i governatori-star: per i nuovi cacicchi è corsa a spartirsi i fondi Ue
di Francesco Malfetano
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Mercoledì 23 Settembre 2020, 07:41 - Ultimo aggiornamento: 08:52

ROMA Una primavera a settembre. Dalle urne delle prime regionali pandemiche fiorisce una nuova stagione politica: quella dei governatori-star. Luca Zaia, Vincenzo De Luca, Giovanni Toti e Michele Emiliano infatti compongono insieme a Stefano Bonaccini eletto a gennaio in Emilia Romagna, una squadra b vincente che, grazie alle riconferme, può puntare sia alla promozione nei rispettivi partiti che a spartirsi le risorse Ue del Recovery Fund. Soprattutto a destra i governatori bis possono pensare in grande, forti di un consenso personale più alto del partito. È il caso di Luca Zaia, presidente di Regione più votato di sempre, che nel 76,8% ottenuto ai seggi veneti, nasconde il 44,5% di voti per la sua lista ad personam. Ma anche di Giovanni Toti che ha ottenuto si il 56,1% dei consensi, ma ben il 22% li ha attratti con il suo Cambiamo! staccando Lega, Fdi e Fi.

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ASSALTO
Cifre importanti che, prima che possano permettere a uno dei due il grande salto verso la guida dell'alleanza forzista, hanno intanto consentito a Matteo Salvini di rivendicare la presidenza della conferenza delle Regioni. «Dopo il risultato di queste elezioni regionali - ha spiegato il segretario del Carroccio - cambieranno gli equilibri in Conferenza». L'ente, dal 2015 guidato da Bonaccini, è destinato ad assumere un ruolo decisivo nella gestione del Recovery Fund. Vale a dire della cassaforte da 209 miliardi di euro di cui Salvini ha chiesto le chiavi. «Fino a ieri, il centrodestra guidava 13 regioni contro le 7 della sinistra. Ora siamo 15 a 5» ha detto preannunciando l'operazione e causando la replica del ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia: «È vero che il centrodestra governa in 15 Regioni, sono i numeri, è la democrazia; ma è soprattutto vero che la Conferenza Stato-Regioni è un luogo di confronto istituzionale e, come sempre, sarà cura di tutti tutelarla e difenderla da strumentalizzazioni politiche». In ogni caso ad oggi da destra non è stato ancora fatto un nome, anche se i più accreditati sono proprio Toti e Zaia. Nomination che non vengono spese a caso.

CACICCHI
Il consenso dell'ultima tornata elettorale infatti, permette loro di ritagliarsi un ruolo decisionale sulle risorse (il 75% da spendere entro 2 anni) ancora più blindato. Poco importa se poi la Conferenza Stato-Regioni rischia di trasformarsi in un assalto alla diligenza da parte dei cacicchi, come Massimo D'Alema appellò quei sindaci che negli anni 90 iniziarono a coltivare l'ambizione di un partito.
Un riferimento quantomai attuale per questi amministratori duri capaci di costruirsi l'aura di politici del fare durante l'emergenza Covid e di risvegliare nell'elettorato italiano l'amore per l'uomo solo al comando. Satrapi di provincia che, un'ordinanza alla volta, hanno guadagnato il diritto di guardare a Roma non più solo in cagnesco per ottenere qualcosa ma anche di trattare con la Capitale tenendo il consenso dalla parte del manico. E questo non lo sa solo Matteo Salvini ma anche Luca Zingaretti. Il segretario dem, che pure è governatore regionale (il meno apprezzato d'Italia ad agosto per il Sole 24 ore), è troppo distante dalla politica del lanciafiamme di De Luca per non vivere con lui un dualismo. Zingaretti però ha dalla sua tempo ed esperienza. Il primo gliel'ha donato il 3-3 che ha risollevato il governo, e la seconda invece l'essere stato figura ingombrante prima di loro. Era il 2013 quando l'attuale segretario del Pd era il neo-eletto governatore regionale più apprezzato d'Italia. Ora però i ruoli si sono ribaltati. E se Bonaccini, uomo di partito ma contro come dimostrato sul referendum, resta il più accreditato al duello, anche De Luca ed Emiliano stuzzicano le idee di una parte dei dem. In particolare lo sceriffo porta con sé un modello politico che sa attrarre il centro moderato e disinnescare l'agonismo leghista o, se serve, anche grillino. Per il congresso però ci sarà tempo, ora «Godiamo il momento - ha ammesso De Luca - ma senza gavazzare».

 

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