Referendum, a Roma il No è 9 punti sopra la media: M5S sconta l’effetto Raggi

Referendum, a Roma il No è 9 punti sopra la media: il Movimento sconta l effetto Raggi
di Francesco Malfetano
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Martedì 22 Settembre 2020, 01:05 - Ultimo aggiornamento: 09:41

Provincia e periferie hanno sete di cambiamento e vanno più volentieri alle urne, il centro di Roma e delle altre città italiane molto meno. I numeri del referendum, tanto quelli sull’affluenza quanto quelli sulle preferenze di voto, tracciano una spaccatura. Una voragine che si apre «ai margini delle Ztl italiane» dato che, come ha sottolineato Lorenzo Pregliasco, fondatore di YouTrend, «Torino, Milano, Firenze, Roma e Napoli i centri storici votano No, gli altri quartieri votano Sì». «Il discorso per il taglio dei parlamentari a sostegno di questa riforma – spiega infatti Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos - ha avuto più eco nei piccoli e medi centri della provincia italiana e nelle periferie delle città, incontrando invece più resistenze nel loro centro».

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LA CAPITALE


Una chiave di lettura che a Roma però, è vera solo in parte. Dati e mappa della città alla mano infatti, nonostante il No abbia prevalso solo nei feudi storici Pd, vale a dire I e II municipio, nella Capitale il rifiuto della riduzione dei Parlamentari ha ottenuto ben il 9% in più di consensi rispetto al resto d’Italia. Se la media nazionale del No si attesta infatti al 30,44%, a Roma tocca il 39,92%. Un impatto che va letto nella personalizzazione politica del referendum cercata dal Movimento 5 stelle e dall’incarnazione che questo ha nella Capitale: Virginia Raggi. L’avversione dei cittadini romani ai pentastellati, grazie all’operato della sindaca, in pratica è più alta che nel resto d’Italia. «Inoltre ragionando sull’affluenza al referendum - aggiunge Risso - un dato che colpisce è il riscatto della provincia italiana». Le urne nei piccoli paesi infatti, sono state più affollate di quelle cittadine e vi ha prevalso il Si. «Guardando ai dati - spiega - si scopre che a Milano in città ha votato circa il 45% degli aventi diritto, in tutta la regione invece quasi il 51% e nella sua provincia circa il 49%. La stessa cosa vale anche per a Roma e decine di città». Constatazioni che «dicono che si vuole cambiare soprattutto nelle aree non metropolitane».

 
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AFFLUENZA

 
E a sorprendere più di ogni cosa è proprio l’affluenza. Al di là dell’annunciato Sì al Referendum e del meno atteso 3 a 3 alle regionali, a stupire di questa tornata elettorale è infatti la corsa alle urne degli italiani, poco spaventati dal Covid. Ai seggi per il Referendum si è presentato il 53,84% degli aventi diritto abbattendo anche la soglia “virtuale” del quorum (non necessario nei referendum confermativi).

 

DATI


«I numeri più importanti si sono registrati nelle Regioni che erano chiamate ad esprimere una preferenza sui propri vertici» dice Risso. Una sola eccezione è il Trentino Aldo-Adige che ha raggiunto un dato sull’affluenza pari al 70,96% degli aventi diritto, ma andavano al voto quasi tutti i comuni della Regione: ben 269 su 282. «Il dato più basso riguarda le isole - continua - in Sardegna si è raggiunto appena il 35,7% dell’affluenza, poco più della Sicilia che si è fermata al 35,3%». Non solo, la grande risposta al voto ha riguardato anche le amministrative (66,1%) e soprattutto le regionali. In tutti i territori infatti, si è fatto meglio del 2015. In Toscana si è ad esempio raggiunto il 62,6% dei votanti (a fronte del 48% di 5 anni fa). Un boom che ha giocato un ruolo determinante, data la grande partecipazione in aree considerate feudi dal centrosinistra (Firenze su tutte), permettendo ad Eugenio Giano di portare a casa una vittoria. Partecipazione altissima anche in Veneto dove lo show di Luca Zaia, eletto Presidente di Regione con la percentuale più alta di sempre, è stato supportato dal 61,2% di affluenza. Corse ai seggi notevoli anche in Campania (55,4% a fronte di un 51,9% del 2015), Liguria (53,4% contro 50,6%), Puglia (56,4% e 51,1%), Marche (59,7% e 49,7%) e Valle d’Aosta (69% contro 65,1% nel 2018).

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