Responsabilità dei pm, niente referendum. Il richiamo di Amato

La Consulta ammette 5 quesiti (su sei) sulla giustizia. Stoccata al Parlamento

Referendum sulla giustizia, dall'incandidabilità alla separazione delle carriere: ecco i quesiti ammessi dalla Consulta
di Giuseppe Scarpa
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Mercoledì 16 Febbraio 2022, 14:11 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 00:30

Dopo il no al referendum sull’eutanasia o, come ha precisato Giuliano Amato, presidente della Corte Costituzionale, «sull’omicidio del consenziente», la Consulta ha dichiarato inammissibili altri due quesiti su cui c’era grande attesa: quello sulla responsabilità civile dei magistrati, che si vorrebbe chiamare in causa direttamente per gli errori giudiziari - mentre oggi è lo Stato a risarcire il cittadino che abbia subito un danno ingiusto - e quello sulla legalizzazione della cannabis, che, ha precisato ancora il presidente della Corte, così come formulato era in realtà «sulle sostanze stupefacenti». Amato, durante la conferenza stampa di ieri al Palazzo della Consulta non ha risparmiato critiche anche a Senato e Camera: «Sarà - ha detto - che è troppo occupato dalle questioni economiche», ma forse il Parlamento non dedica «abbastanza tempo» a cercare di trovare la «soluzione» sui «conflitti valoriali» ha evidenziato il presidente della Corte Costituzionale. «È fondamentale che in Parlamento capiscano che se questi temi escono dal loro ordine del giorno possono alimentare dissensi corrosivi per la coesione sociale». 

REFERENDUM

Sono cinque i referendum ai quali la Corte ha dato il via libera, si andrà a votare in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno prossimi.

Adesso la nuova battaglia sarà sul quorum. Per essere ritenuti validi, i referendum dovranno raggiungere il 50% più uno degli aventi diritto al voto. Ecco che si andrà a votare sulla legge Severino che dispone l’incandidabilità e la decadenza per i condannati, sotto la cui scure sono caduti migliaia di amministratori locali. Soddisfatto Antonio Decaro, presidente dell’Anci. «Noi sindaci abbiamo chiesto da sempre una modifica della legge perché ci ritroviamo, unica figura istituzionale, ad essere sospesi per 18 mesi senza una condanna definitiva», ha detto. Anche per reati, come l’abuso d’ufficio, in cui i sindaci «incorrono facilmente e alla fine, nella stragrande maggioranza dei casi, vengono assolti». «Noi la Legge Severino l’abbiamo dichiarata più volte conforme alla Costituzione - ha detto Amato - Ma non posso dire che le sue norme siano costituzionalmente dovute. Se un comitato promotore o dei consigli regionali dicono “vogliamo che un corpo elettorale si esprima”, io dico che lo si faccia».

Ma il quesito chiede anche di abolire l’incandidabilità alle elezioni dei condannati definitivi per mafia, terrorismo, corruzione e altri gravi reati: insomma «pluricondannati» che potrebbero entrare in Parlamento, avverte l’ex pm Nello Rossi. Il quale mette in guardia anche dai rischi di un altro referendum approvato dalla Consulta, quello che vuole ridurre l’ambito dei reati per cui è consentita l’applicazione delle misure cautelari e della carcerazione preventiva: «truffatori seriali delle vecchiette, hacker e bancarottieri di professione resteranno liberi e in azione fino alle condanne definitive».Sempre in tema di giustizia, sì anche al referendum sulla separazione delle funzioni giudicante e inquirente, cioè tra giudici e pm; al quesito che si prefigge di abrogare l’obbligo per un magistrato di raccogliere almeno 25 firme per candidarsi al Csm e a quello che vuole consentire il voto degli avvocati che siedono nei Consigli giudiziari anche sulle valutazioni di professionalità dei magistrati. 

I PROMOTORI IN TRINCEA

«Peccato che il referendum non fosse sull’eutanasia ma fosse sull’omicidio del consenziente». È stato netto Amato, quando nella conferenza stampa di ieri ha commentato il giudizio di inammissibilità al referendum sull’eutanasia legale. «La decisione è stata presa sulla base di criteri previsti dalla Costituzione. Io sono assai meno politico di lui, dovrebbe saperlo», afferma Amato rispondendo alla domanda sulle dichiarazioni di Marco Cappato, promotore del referendum sull’eutanasia, che ha fatto riferimento ad una «decisione politica» della Corte Costituzionale. «Dire che questa Corte fosse mal disposta significa dire una cattiveria che Cappato si poteva risparmiare, sarebbe stato meglio si interrogasse su ciò che stava facendo, dato che nel quesito non si parlava di eutanasia ma di omicidio del consenziente». Poi il presidente della Consulta ha spiegato anche la bocciatura sul referendum sulla coltivazione della cannabis. «Si faceva riferimento anche alle droghe pesanti». È stato spiegato un clamoroso errore contenuto nel quesito - che richiamava una tabella relativa non alla cannabis, ma a ben altri stupefacenti - «in assenza del quale il referendum sarebbe stato sicuramente ammesso», ha detto Amato.
 

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