Giustizia, fine vita e cannabis: ecco i referendum su cui deciderà la Corte costituzionale

Giuliano Amato, presidente della Corte costituzionale
di Michela Allegri
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Venerdì 11 Febbraio 2022, 16:25 - Ultimo aggiornamento: 12 Febbraio, 08:52

Dalla Giustizia al fine vita, la Consulta apre all’ammissibilità degli otto referendum che il 15 febbraio approderanno prima in udienza e poi in camera di consiglio, per la decisione. Lo spiraglio arriva dal presidente Giuliano Amato, con le parole pronunciate nel discorso saluto agli assistenti di studio e riportate sui social della Corte costituzionale: «È banale dirlo, ma i referendum sono una cosa molto seria e perciò bisogna evitare di cercare ad ogni costo il pelo nell’uovo per buttarli nel cestino. Dobbiamo impegnarci al massimo per consentire, il più possibile, il voto popolare». E ancora: «Davanti ai quesiti referendari ci si può porre in due modi: o cercare qualunque pelo nell’uovo per buttarli nel cestino, oppure cercare di vedere se ci sono ragionevoli argomenti per dichiarare ammissibili referendum che pure hanno qualche difetto». È il popolo che deve esprimersi, con un voto favorevole o contrario, mentre alla Corte spetta solamente valutare l’ammissibilità dei quesiti.

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I quesiti referendari di cui si dovrà discutere sono in tutto otto. I sei proposti dai Radicali e dalla Lega riguardano la Giustizia: separazione delle carriere, responsabilità civile dei giudici, abolizione della legge Severino, stretta sulla custodia cautelare, firme per presentare una candidatura al Csm, presenza degli avvocati nei consigli giudiziari. Gli altri due, presentati dall’Associazione Luca Coscioni e dai Radicali, sono quelli sull’omicidio del consenziente - cioè l’eutanasia - e sulla liberalizzazione della coltivazione della cannabis.

I giudici potranno giudicarli ammissibili, in parte ammissibili, oppure totalmente da bocciare.

Ecco le proposte nei dettagli.

GIUSTIZIA

Matteo Salvini e Giulia Bongiorno hanno presentato i referendum sulla Giustizia, condivisi con il Partito Radicale. Il quesito sulla separazione delle carriere interviene su cinque leggi e ha lo scopo di cancellare la possibilità per i magistrati di passare dalla carriera di giudice a quella di pubblico ministero e viceversa. Bisogna dire che una modifica è già contenuta nella proposta di riforma del Csm della Guardasigilli, Marta Cartabia: attualmente sono possibili quattro passaggi, mentre con il nuovo testo ne potrebbe essere consentito uno solo. Il referendum propone invece di vietarli del tutto. Un altro quesito propone di cancellare la responsabilità civile indiretta per i giudici, trasformandola in diretta: attualmente a pagare per eventuali errori giudiziari è lo Stato, mentre con la modifica potrebbe doverlo fare il giudice che sbaglia. Il quesito referendario sulla legge Severino, sulle incandidabilità e decadenze dei politici impegnati nelle istituzioni, non intende cancellare del tutto il decreto legislativo: propone di cancellare l’incandidabilità e la decadenza per i parlamentari nazionali ed europei e per gli uomini di governo in caso di condanna a più di due anni, così come la sospensione per gli amministratori locali anche di fronte alla sola condanna in primo grado. Per quanto riguarda la custodia cautelare, si vorrebbe limitare la possibilità di disporre carcere e domiciliari ed eliminarla per i delitti puniti nel massimo a 4 anni, e fino a 5 anni nel caso ci sia il ricorso al carcere. Viene poi proposta per gli avvocati la libertà di presenza e di voto nei consigli giudiziari, con la possibilità di intervenire anche nelle valutazioni di professionalità dei magistrati.

FINE VITA 

Ci sono poi i due quesiti proposti dall’Associazione Luca Coscioni e dai Radicali. Il primo è quello sull’omicidio del consenziente. L’Associazione Luca Coscioni di Filomena Gallo e Marco Cappato propone di snellire l’articolo 579 del codice penale dedicato al fine vita. Attualmente il testo recita: «Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni. Non si applicano le aggravanti. Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso: contro una persona minore degli anni diciotto; contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti; contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno». Viene chiesto di modificare la prima parte in questo modo: «Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso...». Restano poi le indicazioni sulle possibili vittime: viene contestato il reato di omicidio doloso nelle ipotesi in cui il fatto sia commesso nei confronti di una persona inferma di mente o in condizioni di deficienza psichica per altra infermità. A viziare il consenso è sufficiente anche una momentanea diminuzione della capacità psichica che renda il soggetto non pienamente consapevole delle conseguenze del suo atto.

CANNABIS

L’ultimo quesito propone infine di depenalizzare il reato di coltivazione della cannabis - attualmente le pene detentive sono da 2 a 6 anni - e anche il ritiro della patente, ovviamente a condizione che non la sostanza non venga utilizzata per spacciare.

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