Recovery plan, nebbia sui fondi del Sud: 16 miliardi sono a rischio, Svimez: «Vanno restituiti»

Recovery plan, nebbia sui fondi del Sud: 16 miliardi sono a rischio
di Andrea Bassi
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Domenica 31 Gennaio 2021, 01:36 - Ultimo aggiornamento: 13:46

 Al ministero del Tesoro era sembrato un po’ l’uovo di Colombo. Un modo anche per provare ad arginare la crisi politica nata proprio sull’utilizzo dei fondi del Recovery plan italiano. Se il problema, si erano detti, è quello di convogliare più risorse verso nuovi progetti invece che sostituire risorse nazionali con fondi europei per investimenti già programmati, allora perché non anticipare l’impiego del Fondo di sviluppo e coesione? Insomma, spendere subito soldi del programma di sostegno al Sud dell’Europa inserendoli nel Recovery, con l’idea poi di restituirli più avanti. Una sorta di prestito del Mezzogiorno al Piano nazionale di rinascita e resilienza ma con l’impegno di spendere quello stesso “prestito” per l’80% nel Mezzogiorno. Ma da qualche giorno i dubbi che per il Sud questa operazione sia conveniente si iniziano a rincorrere. In ballo ci sono ben 21 miliardi di euro, oltre 16 dei quali di spettanza delle Regioni meridionali.

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IL MECCANISMO
A sollevare il tema per primo è stato il Servizio studi della Camera dei deputati.

Nella sostanza, hanno detto i tecnici, non si capisce se l’uso di queste risorse faccia o meno aumentare il deficit pubblico. Non è una questione secondaria. Se il deficit pubblico aumentasse, sarebbe in pratica la prova che con questa operazione il governo sta accelerando gli investimenti nel Mezzogiorno. Ma se invece, al contrario, il deficit non peggiora, significa un’altra cosa. Significa cioè che l’inserimento delle risorse del Fondo di sviluppo e di coesione «avrebbe unicamente la finalità di sostituzione della fonte di finanziamento (replacement) senza alcun effetto di accelerazione della spesa». Tradotto significherebbe semplicemente che si continuerebbe su una strada battuta da anni: invece di aggiungere nuove risorse per il Mezzogiorno, si continuerebbero ad usare sempre e solo quelle del Fondo di sviluppo e coesione europeo. 

Un dubbio espresso anche dalla Svimez, ascoltata in audizione proprio sul Recovery fund. Il direttore generale, Luca Bianchi, ha chiesto «grande chiarezza sui profili temporali di reintegro» delle risorse del Fondo sociale di coesione anticipate. Perché, ha spiegato, se questo non dovesse accadere le risorse del Sud rischierebbero «di svolgere un ruolo sostitutivo, venendo meno il principio dell’aggiuntività e contraddicendo le finalità della coesione territoriale, che è uno dei pilastri del Next generation Eu». E il punto non è soltanto questo. Fino ad oggi il governo non ha dato una indicazione puntuale degli interventi che intende finanziare con il contributo del Fondo sociale di coesione. Per la Svimez dovrebbe farlo al più presto, «anche al fine di un migliore monitoraggio del rispetto del vincolo di allocazione delle risorse (80% al Mezzogiorno)». 

LA RESTITUZIONE
Sul primo punto, ossia sulla garanzia temporale del reintegro delle risorse, la richiesta è che questo impegno venga preso già nel prossimo Documento di economia e finanza. Il Tesoro ha già provato a rassicurare. «Si tratta», hanno fatto sapere fonti di via XX Settembre, «di risorse la cui programmazione è stata anticipata e la cui provvista finanziaria avverrà attraverso prestiti del Recovery Plan. Tali risorse», ha garantito il Tesoro, «verranno utilizzate nel pieno rispetto dei criteri che regolano il Fondo di sviluppo e coesione». Ma poi dal ministero dell’Economia hanno anche aggiunto che il loro «reintegro sarà condizionato all’effettivo impiego delle risorse e al realizzarsi dell’atteso ritorno macroeconomico». Non è un passaggio secondario. Anzi. La “restituzione” delle somme anticipate attraverso il Fondo di sviluppo e coesione, avverrà secondo il Tesoro grazie alle maggiori entrate che deriveranno dalla migliore crescita economica dovuta proprio all’utilizzo di quei fondi. Un po’ sembra una scommessa: se spendo bene i soldi, li investo in opere con un alto ritorno, a quel punto con il frutto degli investimenti potrò reintegrare il Fondo di sviluppo e coesione e investire ulteriormente nel Mezzogiorno. Ma cosa accadrebbe se la scommessa fosse persa? Se la maggior crescita non si dovesse realizzare, la conseguenza potrebbe essere il mancato reintegro delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione. In questo modo però, come temono sia la Svimez che il Servizio studi della Camera, non ci sarebbero fondi per investimenti “aggiuntivi” per il Sud, ma soltanto sempre e solo quelli del Fondo di sviluppo e coesione.
 

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