Recovery fund, Conte: così è una vittoria e non servirà più il Mes

Recovery fund, Conte: così è una vittoria e non servirà più il Mes
di Alberto Gentili
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Martedì 21 Luglio 2020, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 06:55

«Se finisce così è un successo», aveva detto Giuseppe Conte nelle ultime fasi della trattativa notturna. Dal suo entourage si affrettano a far sapere che all’Italia potrebbero andare 209 miliardi di aiuti europei per la ripartenza post-pandemia, rispetto ai 173 inizialmente previsti. Ben 36 miliardi in più.
E questa pioggia di denaro, ancora tutta da verificare però, potrebbe permettere al premier - a sentire i suoi - di disinnescare la mina del Fondo salva Stati (Mes). «Con tutti quei soldi in arrivo e con lo spread che probabilmente calerà non ne avremo bisogno», fa filtrare Conte eccedendo in ottimismo: le risorse del Recovery fund arriveranno infatti solo nella primavera prossima, invece i 36 miliardi del Mes per riformare il sistema sanitario nazionale sono immediatamente disponibili.

Recovery fund, cosa prevede la bozza d'accordo

Mes a parte, Conte tornerà a Roma più forte. Senza lo spettro di Mario Draghi (evocato da Luigi Di Maio in persona) da temere, avendo sventato il temuto fallimento al tavolo europeo. E con Nicola Zingaretti che corre ad appuntargli sul petto la medaglia per «una grande battaglia vinta».

A sbloccare la situazione, giocando di sponda con la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuele Macron, Conte e i Paesi del Sud, è stata la proposta avanzata in serata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel. In base ai calcoli fatti dalla delegazione italiana, la nuova composizione del Recovery fund porterebbe all’Italia 209 miliardi, di cui 82 di sussidi (grazie al meccanismo del tasso di ritorno) e 127 di prestiti. La cifra però potrebbe cambiare durante la notte.
 



Fumata grigia, secondo indiscrezioni, sull’altro tema caldissimo: il potere di controllo dei singoli Stati sull’erogazione dei fondi, se il piano di riforme di un Paese fosse considerato insufficiente o venisse disatteso. Nonostante la lunga e dura battaglia, l’olandese Mark Rutte non è riuscito a incassare il potere di veto grazie al via libera a prestiti e sussidi con un voto all’unanimità del Consiglio europeo: i Recovery plan nazionali passeranno in Consiglio a maggioranza qualificata. Ci sarà però quello che è stato chiamato “freno di emergenza”: se qualche Paese solleverà dubbi sull’attuazione del piano di un altro Stato, la parola potrebbe passare «in via eccezionale» al Consiglio europeo in caso di «seria deviazione dagli impegni». «Ma non sarà il nostro caso, noi le riforme le facciamo per gli italiani. Non perché ce lo chiedono a Bruxelles o in qualche capitale europea», ha fatto sapere Conte cercando di mascherare la mezza sconfitta su questo dossier.

All’ultimo miglio, Conte è arrivato dopo un nuovo incontro pomeridiano con il pacchetto di mischia che per quattro giorni e tre notti aveva sfidato i Paesi Nordici o “frugali”: Merkel, Macron, il premier spagnolo Pedro Sanchez, il portoghese Antonio Costa, il greco Kyriakos Mitsotakis. Nel colloquio, breve e concitato, è stata fissata la nuova linea Maginot: non un euro sotto i 390 miliardi per i sussidi (grants) e 360 miliardi di prestiti (loans).

«Il più fermo nel chiedere che non venisse ridotta la cifra totale di 750 miliardi è stato proprio Conte, mentre gli altri stavano accettando la riduzione a 700 miliardi», fanno sapere dalla delegazione italiana. E ancora: «Durante il negoziato il premier ha fatto si che la proposta sui grants si concentrasse sui capitoli di maggior ritorno finanziario per l’Italia, in quanto Paese maggiormente colpito dalla crisi del Covid-19. Il risultato? A fronte di una diminuzione di 110 miliardi dei sussidi, il calo per l’Italia è stato di appena 3,8 miliardi», compensato da un complesso “meccanismo di ritorno”.

IL BILANCIO
Così a sera, a summit ancora in corso, lo stesso Conte aveva fatto filtrare la sua soddisfazione: «I sussidi a fondo perduto sono quasi gli stessi di prima, circa 81 miliardi e aumentano di molto i prestiti. Spetterà all’Italia decidere se prenderli tutti o prenderne meno. A conti fatti, avere gli stessi sussidi di prima e aumentare i prestiti è di certo un successo».

Poi, tornando sulla delicata questione del Mes che rischia di far deflagrare la maggioranza rossogialla a causa del niet 5Stelle, dall’entourage del presidente del Consiglio si sottolinea che i «prestiti saranno erogati a un tasso d’interesse estremamente vantaggioso, migliore di quelli del Mes». Conte e i suoi però preferiscono dribblare il tema delle “condizionalità” che verranno imposte per accedere ai prestiti del Recovery Fund. Condizionalità che ormai sono sparite per il Mes. E il premier sorvola anche sul nodo dei tempi. Il Mes è disponibile immediatamente, mentre i 209 miliardi di aiuti e prestiti arriveranno solo il prossimo anno. Un po’ tardi. Non a caso Matteo Renzi ritiene «ovvio ricorrere a breve ai miliardi del Mes». E così Zingaretti: «Io i 36 miliardi li prenderei, si risparmia perfino».
 

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