Recovery fund, più fondi, meno veti: c’è l’accordo. E niente potere di veto

Recovery fund. Ue, più fondi, meno veti: c’è l’accordo. E niente potere di veto
di Antonio Pollio Salimbeni
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Martedì 21 Luglio 2020, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 19:50

Recovery Fund e Bilancio Ue 2021-2027: raggiunto poco prima dell'alba l'accordo dopo un negoziato record durato quattro giorni e quattro notti. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio Ue Charles Michel. All'adozione delle conclusioni è seguito un applauso. Il Recovery Fund ha una dotazione di 750 miliardi di euro, di cui 390 miliardi di sussidi. Il bilancio è stato fissato a 1.074 miliardi. Giuseppe Conte«Sono orgoglioso di essere italiano».

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ll vertice straordinario, terminato poco prima delle 6 odierne, ha battuto tutti i record ed è entrato nel libro dei primati come il più lungo della storia dell'Unione. Iniziato venerdì scorso alle 10, il summit che si è appena concluso ha conquistato il nuovo primato superando quello di quattro giorni e cinque ore e mezzo stabilito nel 2000 dal vertice Ue di Nizza.

CONFERENZA STAMPA ALLE 6
Abituato ai consigli dei ministri ultranotturni, il premier Giuseppe Conte si è presentato alle 6 assai soddisfatto davanti ai giornalisti: «È un momento storico per l'Europa e per l'Italia». Lo stesso testo appena twittato dal leader francese Macron. «Sono le sei del mattino - ha detto ancora Conte - siamo all'alba di un vertice lunghissimo, forse abbiamo stabilito il record e superato per durata il vertice di Nizza. Siamo soddisfatti: abbiamo approvato un piano di rilancio ambizioso e adeguato alla crisi che stiamo vivendo». 


«Il Governo è forte»​
«Il governo italiano è forte: la verità è che l'approvazione di questo piano rafforza l'azione del governo italiano». «Di Mes abbiamo discusso tanto e immagino continueremo a parlarne: il Mes non è il nostro obiettivo, l'obiettivo è valutare il quadro di finanza pubblica e le necessità e valutare gli strumenti nel migliore interesse dell'Italia. Il piano che oggi approviamo ha assoluta priorità nell'interesse dell'Italia. Ci sono prestiti molto vantaggiosi».

«Rilancio»
«Abbiamo già lavorato al piano di Rilancio, elaborato progetti e condiviso con tutte le componenti della società. Rimane un ultimo confronto con le opposizioni, dopodiché avremo un quadro definito dei progetti. Dovremo declinarne la priorità e individuare quelli da selezionare in prospettiva europea. La costruzione di una task force operativa, al di là di uno staff che ha già lavorato al piano di Rilancio, sarà una delle priorità che andremo a definire in questi giorni perché dovrà partire al più presto».

209 miliardi

«Con i 209 miliardi di euro di Next Generation Eu, il 28% delle risorse del piano europeo contro la crisi provocata dalla pandemia di Covid-19, «avremo una grande responsabilità. Abbiamo la possibilità di far ripartire l'Italia con forza, di cambiare volto al nostro Paese. Ora dobbiamo correre, utilizzando questi soldi per investimenti, per riforme strutturali».

«Grazie anche all'opposizione»​
«Devo ringraziare tutti i ministri. Devo ringraziare anche le forze di maggioranza che, unite e compatte, hanno sostenuto l'azione del governo. Devo ringraziare anche le forze di opposizione, soprattutto alcuni esponenti che, pur tra legittime critiche, hanno ben compreso l'importanza storica della posta in gioco».


L'ULTIMA NOTTE DI TRATTATIVE
Nella serata di lunedì il quadro si era fatto più preciso e il presidente dell’Unione Charles Michel dopo aver rinviato di ora in ora l’avvio della riunione a 27, aveva presentato la sua proposta negoziale. L’ultima. Avanzava così una cauta speranza generalizzata nonostante l'ultimo scontro Conte-Rutte sui meccanismi di freno del piano e la richiesta italiana di consultazione degli uffici legislativi. Schermaglie protrattasi per tutta la notte.

LE CIFRE
Diverse le novità sul tavolo: il valore del pacchetto anticrisi resta di 750 miliardi di cui 390 per le sovvenzioni a fondo perduto e 360 per prestiti. Rispetto alla proposta von der Leyen scendono i primi (da quota 500) salgono considerevolmente i secondi come chiedevano i «Frugali». In questo quadro stando a primi calcoli indicati da fonti nazionali, la posizione dell’Italia è invidiabile: il totale degli aiuti è di 208,8 miliardi di cui 81,4 sussidi e 127,4 prestiti a fronte della precedente proposta von der Leyen che prevedeva 81,807 miliardi e 90,938 rispettivamente per un totale di 173,826 miliardi. Rispetto alla proposta della Commissione, per l’Italia dunque si tratterebbe di una leggera diminuzione dei sussidi (-0,407 miliardi) e di un forte aumento dei prestiti (+36,462 miliardi).
 
 


Quello che conta per l’Italia la chiave di allocazione delle risorse, che sono concentrate sul Fondo per la ripresa e la resilienza (vale 672,5 miliardi di cui 360 per prestiti e 312,5 per sussidi) e il programma ReactEu per la coesione territoriale (47,5 miliardi). Si tratta dei capitoli sui quali l’Italia ha il ritorno maggiore. E uno dei fattori che conta per il risultato finale è il peso della perdita di pil dopo una variazione del calcolo di riferimento per determinare le quote.
 
IL BRACCIO DI FERRO
E veniamo alla questione che è stata al centro del lungo e drammatico braccio di ferro fra «Frugali» e quasi tutto il resto del Consiglio: chi decide che cosa, chi blocca chi. Qui il premier olandese Rutte e il cancelliere austriaco Kurz registrerebbero una battuta d’arresto: infatti non si prevede alcuna possibilità di veto. Tuttavia viene rincarata la dose di controllo con un meccanismo di pressione che in certe situazioni può incidere nelle scelte di un paese (specie se fosse sottoposto anche a pressioni di mercato). Non sono previste decisioni all’unanimità, per Rutte un feticcio. Michel propone un «freno»: i piani di ripresa e resilienza (comprendono le riforme) sono valutati dalla Commissione entro 2 mesi sulla base della coerenza con le raccomandazioni Ue, gli obiettivi di rafforzare la crescita potenziale, favorire la creazione di posti di lavoro, la capacità di reazione alle crisi, la transizione digitale e verde. Poi il via libera dell’Ecofin che decide a maggioranza qualificata entro 4 settimane.

Per bocciare la proposta occorre una minoranza di blocco, che i frugali non detengono da soli. Però si prevede un percorso che implica il «rispetto soddisfacente delle pietre miliari rilevanti» e degli obiettivi». Nella tradizione dei salvataggi (vedi Grecia) si tratta di atti normativi o amministrativi ritenuti necessari per raggiungere i target. La Commissione deve chiedere l’opinione del Comitato economico finanziario, di cui fanno parte gli Stati, «se, in via eccezionale, uno o più Stati membri ritengono vi siano gravi deviazioni dal soddisfacente raggiungimento delle pietre miliari e degli obiettivi, possono chiedere al presidente del Consiglio europeo di sottoporre la questione al successivo Consiglio europeo». In tal caso, nessuna decisione sulla valutazione del rispetto degli impegni assunti dallo stato e sull’esborso deve essere presa fino a quando il successivo Consiglio europeo (massimi responsabili di governo) non ha «discusso in modo convincente (“decisive”, in inglese) della questione». Ciò deve avvenire entro tre mesi.

GLI SCONTI
Per far digerire il mancato veto ai «Frugali», aumentano gli sconti ai loro contributi al bilancio Ue: la Danimarca passa da 197 milioni inizialmente proposti a 322 milioni; l’Austria da 237 a 565; la Svezia da 798 a 1,069 miliardi; l’Olanda da 1,576 miliardi a 1,921. Per la Germania conferma a 3,671 miliardi.
 

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