Rai, addio alle vecchie reti: otto nuove strutture. E la Lega vuole i talk

Rai, addio alle vecchie reti: otto nuove strutture. E la Lega vuole i talk
di Mario Ajello
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Sabato 2 Marzo 2019, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 14:44

Dalle poltrone alla barricate. La politica, da destra a sinistra, dai sovranisti ai dem, dai forzisti a tutti gli altri, scatena la guerra contro la «rivoluzione» - così la chiama il suo autore, Fabrizio Salini, ad della Rai - contenuta nel piano editoriale della tivvù 2019-2021. Se togli la poltrona del Tg1, del Tg2 e del Tg3 ai partiti che mandano a sedercisi i loro protetti - è così anche al tempo del governo del «cambiamento» - e diluisci il tutto in una newsroom che sovrintende in generale, il rischio è di finire impallinato come accadde a Gubitosi, il primo ad avere questa idea, a Campo Dall'Orto, che provò a ripeterla, e insomma ai precedessori di Salini. E allora: riuscirà il nuovo ad dove nessuno prima di lui è riuscito?

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Il piano Salini, oltre 300 pagine, lunedì i consiglieri di Viale Mazzini lo andranno a ritirare e il Cda lo voterà il 6 marzo. La parte giornalistica si sta già annacquando - soltanto nel 2023 potrebbe diventare operativa - proprio a causa dei niet dei partiti. Meno problematico parrebbe la parte, assai corposa, del progetto riguardante Rai1, Rai2 e Rai3. Si sono appena spartite le direzioni i giallo-verdi ma adesso, se passa il progetto, non esisteranno più le tre super-poltrone. Una mega direzione unica, andrà ad armonizzare il lavoro di otto nuove sezioni: Intrattenimento-prime time; Intrattenimento culturale; Intrattenimento-day time; Fiction; Cinema/ Serie tv; Kids; Documentari; Nuovi format. Direzioni orizzontali, nel senso che ognuna di questa produrrà le sue cose che poi saranno distribuite nelle varie reti che non avranno più un direttore ma solo un responsabile.

I MODELLI
«Io tiro dritto in questa grande riorganizzazione che gioverà al funzionamento della Rai, al risparmio e al rilancio». E' il mantra di Salini, convinto che questa riforma o rivoluzione - mutuata da Bbc e France Television, e che prevede un super-esperto alla testa di ogni direzione tematica - riuscirà a sottrarre l'azienda alle solite spartizioni politico-feudali. Ma Matteo Salvini avrebbe già espresso le sue perplessità sul progetto anche al premier Giuseppe Conte e a Di Maio. E la riuscita del tutto non è affatto scontata. In Cda, Rita Borioni, del Pd, è partita subito all'attacco. E Verducci, dem in Vigilanza Rai: «Il nuovo piano industriale pare fatto apposta per essere un poltronificio sovranista, spartito tra M5S e Lega». Forza Italia è su questa linea. Ma anche i sovranisti non stanno stappando lo champagne. Tutt'altro. Si narra di qualche riserva da parte del presidente Foa. E i due in Cda in quota Lega e Fratelli d'Italia, Igor De Biasio e Giampiero Rossi, temono la perdita di sovranità di reti e tiggì e lamentano il poco spazio dato nel piano alla radio. Ma questo tipo di perplessità in casa Lega si possono superare così: sta per partire la richiesta di istituire una nona direzione, quella per curare i talk show e l'approfondimento giornalistico (che fa molto gola ovviamente): da Porta a Porta a Chi l'ha visto, da Report a Petrolio e via dicendo. Sulle altre direzioni a breve si scateneranno appetiti e corsa alle nomine. Mentre nel palinsesto, M5S vuole affidare a Franco Di Mare la striscia informativa del Tg1. E Monica Setta dovrebbe tornare nell'intrattenimento televisivo.
Per la newsroom il processo sarà lungo e graduale e dovrebbe concludersi nel 2023 con la creazione della redazione unica dell'informazione. I brand storici dei singoli tiggì rimarranno, ma i contenuti verranno prodotti in un unico spazio destinato ad alimentare tutte le piattaforme, sia tv sia web. E i partiti, in una sorta di grande compromesso storico e di connubio tra gli opposti, tremano all'idea che si possa restringere il loro pascolo di sempre ma, nel caso, troveranno il modo d'infilarsi anche nel contesto nuovo.
 

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