Rai, guerra sulle nomine, i dem si riprendono il Tg3

Rai, guerra sulle nomine, i dem si riprendono il Tg3
di Mario Ajello
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Lunedì 25 Novembre 2019, 01:05 - Ultimo aggiornamento: 01:09
Lo chiamano il rompicapo Salini. Entro 48 ore, e prima del Cda Rai di giovedì, l’ad Fabrizio Salini deve chiudere il pacchetto di nomi da sottoporre al consiglio di Viale Mazzini. Per far partire la riorganizzazione aziendale e la nuova stagione politica rosso-gialla nella tivvù. Il filo su cui si muove l’ad è sottilissimo. Dare nuovo potere al Pd - che dovrebbe riprendersi il Tg3 e il candidato è Mario Orfeo, considerato ingombrante per il coordinamento giornalistico che fu di Carlo Verdelli ma non è fuori gara anche per quello - e non scontentare troppo il centrodestra che, come Salini sa bene, rappresenta nei sondaggi e nei voti regionali la maggioranza degli italiani e negli equilibri della tivvù pubblica non si può non tenerne conto.



Giovedì verranno assegnate sei delle nuove super-direzioni di genere e spaccare il meno possibile il Cda è il traguardo che si prefissa l’ad. Oltre naturalmente - e ieri il consigliere dei dipendenti, Laganà, ha insistito: «Arrivino nomine di qualità» - a garantire allo stesso tempo meritocrazia e pluralismo politico. «Va rotto il monocolore leghista in casa Rai e soprattutto nei tiggì», dicono al Nazareno: «Ben venga l’inizio di un riequilibrio, ma Salini non può cavarsela dandoci solo qualche direzione di rete o altri ruoli. Il reparto giornalistico, dove hanno il Tg2, RaiSport, RaiParlamento, l’intera importantissima TgR e una vagonata di vice-direzioni non può più essere il cortile di casa del centrodestra». Bene il cambio al Tg3, ma per i dem questo è solo il primo tassello.

Al boccone grosso del Tg1 - finora penalizzato dal flop generale degli ascolti di Rai1, tra traini deboli e cose così e che resta nelle mani di Giuseppe Carboni indicato da M5S - il Pd in prospettiva non rinuncia. Così come non smette di lamentare che le deleghe sulle comunicazioni e sulla Rai, che dovevano essere assegnate al sottosegretario dem al Mise, Gianpaolo Manzella, il ministro grillino le tiene ancora per sé. Ma sul piano del potere editoriale, oltre a tutto ciò che già hanno, i dem con Antonio Di Bella starebbro per aggiudicarsi la poltrona della Approfondimenti e Talk Show, cruciale in un anno elettorale come il 2029-2020; la guida della corazzata Rai1 con Stefano Coletta che arriva dal successo a Rai3 e prende anche il cuore di tutto (la direzione del Prime Time, ovvero Sanremo e tutto ciò che fa spettacolo e pubblicità); il comando di Rai3 con una donna (o Silvia Calandrelli che manterrebbe anche la direzione Cultura o Maria Pia Ammirati alla quale verrebbe data anche un’altra super-direzione) e via così. Giuseppina Paterniti dal Tg3 sarebbe in predicato di andare a RaiNews al posto di Di Bella (ma si parla anche di Franco Di Mare). 

IL DERBY
C’è un problema centrodestra, comprensivo del derby tra Lega e Fratelli d’Italia. Nel risiko delle nomine, il Carroccio con Marcello Ciannamea, che manterrebbe lo scettro della direzione Palinsesti, è destinato alla guida di Rai2. Altro nome spendibile in casa Lega è quello di Milo Infante. Fratelli d’Italia ha come professionista su cui puntare Ludovico Di Meo, ancora in ballo tra Rai2 e una direzione come quella del Day Time. Ma Salini deve sciogliere il nodo se dare o no al centrodestra, oltre probabilmente al Day Time, una seconda direzione di genere tra le sei in ballo.

Per evitare una conflittualità esplosiva con i consiglieri di centrodestra - e con quello di area Meloni, Giampaolo Rossi, c’è una sintonia di lavoro che non si vorrebbe guastare - esiste la possibilità che l’ad destini una poltrona vera, magari quella dei Nuovi Format o ancora di più quella di Cinema e serie tv, al centrodestra tendenza Fratelli d’Italia. Il puzzle sta per essere completato, ma nel triplo fuoco e amico e nemico - Pd, Italia Viva con Anzaldi e centrodestra - se Salini uscirà per ora indenne sarà un mezzo miracolo. La battaglia è solo all’inizio.
 
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