Raggi, M5S diviso sul doppio mandato. Oggi il voto su Rousseau per via libera

Raggi, M5S diviso sul doppio mandato. Ira degli eletti: blog ipocrita
di Marco Conti
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Giovedì 13 Agosto 2020, 00:38 - Ultimo aggiornamento: 12:26

«Stiamo diventando come gli altri». All’annuncio del reggente Vito Crimi del voto sulla piattaforma Rousseau che mette fine alla regola, già ricca di eccezioni, dei due mandanti, nel M5S è un ribollire di risentimenti e di rabbia. Il problema è che il Movimento non è diventato «come gli altri partiti» che hanno un leader, un congresso che lo elegge, una direzione, ma un magma di nominati che hanno il terrore di tornare all’occupazione o alla disoccupazione originaria. 


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Le poltrone


Crimi chiede agli iscritti alla piattaforma, gestita da una società privata, di pronunciarsi sul via libera alle alleanze e alla deroga al doppio mandato per i consiglieri comunali. «Perché noi no?», si chiedono parlamentari e consiglieri regionali i quali - già al secondo giro - temono che la deroga possa non ampliarsi con la sconfitta elettorale della prima cittadina di Roma. «Perchè un altro mandato?», è invece l’interrogativo di coloro che sono stati eletti nel 2018 e che ora temono la concorrenza dei big che sarebbero dovuti andare a casa ed invece insidiano le poche poltrone disponibili, causa tagli parlamentari e crollo consensi.

«Ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli», scrive sui social il grillino Stefano Buffagni che posta una foto di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Ma se il secondo non c’è più, il primo ogni tanto “risorge” dalla villa ligure specie quando c’è da occuparsi della “ciccia”. Ed infatti nel suo post parla di Recovery, di Tim.

I «sogni», evocati dal comico, di un «Movimento senza sedi nè tesori» appartiene alla narrazione anti-politica che ricorda quella di Silvio Berlusconi che per anni ha fatto credere di essere «prestato alla politica» e in procinto di tornare del tutto alle aziende. Al “partito di plastica” si è ora al “Movimento liquido” se non “vaporoso”, che però preoccupa coloro che dell’impegno politico intendono farne una professione. La cena di una cinquantina di parlamentari grillini, favorevoli all’organizzazione partito e pronti ad una rifondazione con tanto di manifesto-costituente, ha indispettito il fondatore che però finge di volare alto nel suo post: «Dite al treno che io passo una sola volta...».

Dopo il «daje» indirizzato alla Raggi che ha raggelato molti romani e scardinato una delle regole del Movimento che avrebbero dovuto distinguerlo dagli altri partiti, Beppe Grillo prova a rimettere il dentrificio nel tubetto rievocando «un sogno che si è realizzato del M5S che oggi governa, partendo da un’idea di rete e di un movimento senza sedi, senza tesori, senza soldi partendo proprio dall’idea che la rete è l’intelligenza condivisa». I «discorsi inutili, vuoti e senza senso», nei quali il comico invita i suoi «a non perdersi, sono però quelli che si fanno da mesi nei gruppi pentastellati. Divisi su tutto, anche sulle alleanze con un Pd dai contorni sempre più scoloriti e quasi risucchiato nell’azione di governo, il tentativo di rimettere un po’ d’ordine passa per la piattaforma Rousseau. Una sorta di “Sibilla cumana” che dovrebbe dare una direzione ad un Movimento che, dopo la guida di Luigi di Maio, non è riuscito a darsi un leader e un progetto. Ma a Rousseau non si chiede solo di cancellare il tetto ai mandati, ma anche di permettere alleanze nei comuni «oltre che con liste civiche, anche con i partiti tradizionali». In sostanza si cerca la benedizione per un’intesa con il Pd che irrita l’ala destra del Movimento e dei nostalgici dell’alleanza con la Lega, ma che permetterebbe ai sindaci, come il milanese Beppe Sala, di stringere da subito un’intesa, mentre a Roma Pd e M5S potrebbero correre ognuno con un proprio candidato salvo poi convergere al ballottaggio.

Malgrado il silenzio dei big del Movimento per il contenuto del quesito e per le date scelte, sui social e nei blog gli iscritti alla piattaforma e al Movimento si scatenano. Il reggente Crimi prova a spiegare che «un eventuale cambiamento non è da intendersi come una deroga o passo indietro sui nostri principi», ma poi si perde quando ripete uno stantio slogan («per noi la politica sarà sempre al servizio dei cittadini e del Paese») che manda in soffitta tutto il bagaglio“anti” di un Movimento che ora si fa partito ed intende allearsi con i partiti. Soprattutto con «il Pd meno elle».

 
 
 

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