Quirinale, Renzi sfida il centrodestra. Bonomi: riforme o declino

L'ex premier: ora i kingmaker sono Lega, FdI e FI. Letta: elezioni nel '23

Quirinale, Renzi sfida il centrodestra. Bonomi: riforme o declino
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Domenica 12 Dicembre 2021, 08:38

«Non possiamo permetterci incertezze politiche, ma la stabilità fine a se stessa non serve. La stabilità è utile se fa le riforme che servono al Paese», sostiene il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi parlando ad Atreju, la festa di FdI, e poi aggiunge: «Le riforme vanno fatte per rendere il Paese moderno, efficiente e inclusivo. Se non facciamo questo siamo condannati al declino».
Nel frattempo prosegue il dibattito a distanza tra i partiti sl Quirinale. Enrico Letta: «Sono sicuro che il nostro Paese avrà a fine gennaio un presidente o una presidente eletto a larga maggioranza ed eletto rapidamente». Matteo Renzi: «Draghi farebbe bene al Colle, ideale votare tutti insieme». Lentamente si iniziano a scoprire le carte, vengono messi da parte i nomi di bandiera, gli schieramenti, e si inizia a considerare che - data la mappa del Parlamento - senza un accordo largo non solo non si elegge il successore di Sergio Mattarella, ma è destinato a saltare - Draghi o non Draghi - anche il governo. Ovviamente ognuno ci aggiunge poi del suo e, per ritagliarsi un ruolo o per sminuire quello degli altri, dice che «serve un tavolo e che da lunedì chiamerò tutti i leader» (Salvini) o che «stavolta è il centrodestra il kingmaker perché ha il 45% dei grandi elettori» (Renzi).

La riffa

Al netto della propaganda è evidente che le posizioni si stanno avvicinando anche se - a distanza di più di un mese - è complicato dare ora per certo che alla fine sarà Mario Draghi a traslocare al Quirinale. Ma che l'accordo non possa non essere complessivo emerge anche dalla sicurezza con la quale il segretario del Pd dice che «le elezioni politiche ci saranno nel 2023, non prima» e nel fatto che Giorgia Meloni non lega più l'eventuale sostegno di FdI alla candidatura dell'ex banchiere centrale al voto anticipato. Nella riffa tra partiti, «Draghi sì, Draghi no», come la chiama Renzi, il presidente della regione Veneto Luca Zaia individua proprio il rischio di tenere separate le due questioni quando dice che «se il professor Draghi deciderà, sottolineo se deciderà, di dare la propria disponibilità» «dovrà farlo valutando che non potrà essere eletto al secondo scrutinio, altrimenti la lettura politica è che la maggioranza che sorregge il governo non fa passare il suo presidente, e sarebbe uno scenario distruttivo».
Nel riconoscere al centrodestra il ruolo di «kingmaker», Renzi tenta soprattutto di stanare Silvio Berlusconi e lo fa attribuendogli «la nuvoletta di Fantozzi» perché «tutte le volte che Berlusconi vinceva le elezioni aveva la sfiga a non poter correre come presidente della Repubblica». Come dire che se non ce l'ha fatta quando vinceva, e aveva percentuali al trenta, è complicato che possa spuntarla a gennaio. Non c'è dubbio però che il Cavaliere, malgrado FI sia ormai ad una cifra, si è ritagliato un ruolo nella partita. Secondo chi frequenta Arcore, quando la trattativa sarà entrata nel vivo, l'ex premier potrebbe decidersi al passo indietro qualora venisse riconosciuto importante l'apporto degli azzurri nella scelta del nuovo inquilino del Colle, e dopo aver avuto da quest'ultimo la garanzia che la legislatura andrà avanti. D'altra parte quando la senatrice di FI Licia Ronzulli dice in tv che «Berlusconi non può essere un candidato di bandiera», fa intendere che anche gli azzurri non pensano di mettere in campo il nome dell'ex premier a qualunque costo, ma solo se si concretizza una convergenza tra le forze politiche che al momento sembra complicata. A conti fatti l'unico a usare ancora l'argomento della tenuta del governo per evitare la candidatura di Draghi al Colle è il leader del M5S che si salda con quella parte di Pd che chiede allo stesso premier la proroga dello stato d'emergenza in modo da poter utilizzare l'argomento come un ostacolo.
 

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