Primarie Pd, ma è rebus alleanze: in campo Bonaccini e De Micheli. Elly Schlein tace

Le frizioni con Renzi: «Fa da stampella alla maggioranza». Gelo anche con i 5Stelle

Primarie Pd il 12 marzo, ma è rebus alleanze: n campo Bonaccini e De Micheli. Elly Schlein tace
di Andrea Bulleri
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Venerdì 28 Ottobre 2022, 23:58 - Ultimo aggiornamento: 29 Ottobre, 10:17

Quattro mesi e mezzo da oggi, quasi sei dalla débâcle delle Politiche. Tanto ci metterà, il Pd (anzi il «nuovo Pd», lo battezza Enrico Letta), a scegliere il prossimo segretario. La data era nell’aria, e ieri dal Nazareno è arrivato l’imprimatur: le primarie dem si terranno domenica 12 marzo. Con lo spartiacque del 28 gennaio come ultima finestra utile entro cui chi ufficializzare le candidature. Eccole, le due tappe fondamentali della roadmap tracciata in direzione dal leader uscente. Letta parla per oltre un’ora (unico intervento trasmesso in streaming). E snocciola i tempi del «congresso costituente» di cui, assicura, sarà «arbitro» imparziale. Rivendicando il ruolo dei dem di guida dell’opposizione, al contrario di chi – attacca – «ha già spostato le tende accanto alla maggioranza». Messaggio che, anche non lo dice, Letta indirizza al Terzo polo di Calenda e Renzi, colpevole di passare «tre quarti del tempo a parlare male delle altre opposizioni» per fare la «stampella della maggioranza». Il rebus alleanze, insomma, per ora resta tale, in casa dem. Anche perché la stoccata arriva pure sui Cinquestelle: «Il governo – osserva Letta – si mette in difficoltà se si fa un lavoro comune, non se si sceglie di fare il cavaliere solitario e stare da soli». Dal Movimento, nel frattempo, ribattono per le rime per bocca di Alessandra Todde: «Con questa dirigenza dem non ci sono le condizioni per un dialogo». Neanche, pare di capire, per le Regionali. 

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Ma più che sul campo largo da ricucire, è sul calendario che in direzione Pd si consuma lo scontro.

Perché il percorso tratteggiato da Letta alla fine scontenta (quasi) tutti: chi puntava ad allungare i tempi, come l’area vicina a Dario Franceschini e Andrea Orlando, chi invece voleva stringere. Anche perché «così – ragiona una prima fila di Base riformista, la corrente ex renziana – a marzo rischiamo di arrivarci con un partito che nel frattempo sarà sceso al 10%». 

LE PREOCCUPAZIONI

Una preoccupazione che accomuna molti, al Nazareno. A cominciare dal candidato in pectore dei riformisti alla segreteria, Stefano Bonaccini: «Di fronte a una destra che in meno di 24 ore dà vita a un governo – fa notare il presidente dell’Emilia collegato da Bologna – un partito che ci mette sei mesi a scegliere il segretario non è in sintonia con il Paese. Io – suggerisce – proverei ad anticipare, per non dare l’idea che perdiamo mesi a discutere di noi». Anche perché «non è banale che non ci sarà un gruppo dirigente a decidere delle alleanze e le candidature per le regionali nel Lazio e in Lombardia», fa notare Bonaccini. La pensano così anche i «giovani turchi» (che infatti alla conta finale si astengono, portando a 16 il totale dei non voti, oltre a un contrario: «Sei mesi sono un’enormità», è la critica). Ma pure l’eurodeputata Alessandra Moretti e il senatore Alessandro Alfieri, che prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: «Avrei scelto tempi più rapidi, ma finalmente ora possiamo partire». 

 

E se per il momento tace Elly Schlein, che molti vedrebbero bene come avversaria “di sinistra” di Bonaccini (anche se le sue quotazioni vengono date in discesa in favore di Dario Nardella), nel mirino finiscono pure le nuove regole congressuali, che l’Assemblea di metà novembre dovrà ratificare. Regole secondo cui a individuare i due candidati che si sfideranno alle primarie del 12 marzo sarà solo il voto degli iscritti, tra gennaio e febbraio. «Sono troppo pochi, servono regole più coraggiose», prova a rilanciare Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e aspirante segretario. «Primarie davvero aperte» chiede Paola De Micheli, anche lei in corsa. Mentre Roberto Morassut parla di un meccanismo «macchinoso», che difficilmente potrà far «appassionare» al Congresso, come si era riproposto Letta. «Un’idea buona muove milioni di persone – ironizza il deputato romano – un regolamento perfetto nemmeno una».

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