Prescrizione, la maggioranza esce spaccata dal vertice a Palazzo Chigi sulla riforma del processo penale. L'accordo raggiunto, e che vedrà il testo sulla riforma del processo approdare in Cdm lunedì prossimo, ha infatti visto convergere M5S, Pd e Leu, mentre non trova d'accordo Italia Viva, che si è sfilata dall'intesa. «Alla fine di questo vertice ci sono tre forze politiche che si sono trovate d'accordo, lunedì ci sarà un Cdm straordinario sulla riforma del processo penale, per abbreviarne i tempi. È quello che aspettavamo da tempo, lunedì verrà approvato il disegno di legge delega in Cdm, e finalmente si parte con la riforma per abbreviare i tempi». Lo ha detto il ministro Alfonso Bonafede, al termine del vertice a Palazzo Chigi sulla riforma del processo penale.
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Alla fine Giuseppe Conte riesce a siglare una mediazione che convince il ministro M5s Alfonso Bonafede, la delegazione Pd e Leu, ma non Italia viva. Il blocco della prescrizione scatterà in via definitiva solo dopo una condanna in appello. Ma la proposta non piace ai renziani che, come già preannunciato prima della riunione, restano fermi sulla richiesta di un rinvio. Tanto contrari, da ipotizzare una mozione di sfiducia a Bonafede e sfidare gli alleati: «Vedremo chi ha i numeri al Senato». Conte si spende fino all'ultimo per un'intesa che convinca tutti e continuerà a cercare, viene spiegato, l'unità della maggioranza: «Abbiamo raggiunto un punto ancora più avanzato di mediazione», spiega. Il premier annuncia per lunedì un Consiglio dei ministri straordinario per approvare la riforma del processo penale «per abbreviare i tempi dei processi». Accelera anche sulla verifica di governo e convoca, a partire da lunedì, nove tavoli sul programma di governo nell'ambito dell'agenda 2023, dal lavoro, alla riforma dell'Irpef, fino alla giustizia. Ma la prescrizione resta una grana in grado di rompere gli equilibri della maggioranza. Perché Iv annuncia che voterà il suo emendamento Annibali al decreto Milleproroghe per rinviare di un anno la legge Bonafede sulla prescrizione.
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Si valuterà nelle prossime ore un emendamento al decreto Milleproroghe o, se non ammissibile, un decreto ad hoc da varare lunedì per recepire l'intesa raggiunta a Palazzo Chigi in serata. In questo modo i renziani saranno costretti a prendere posizione. Mentre, lamentano dal Pd, al vertice di maggioranza Maria Elena Boschi che, raccontano, va via poco prima della fine, porta solo «un prendere o lasciare»: «Una scelta incomprensibile, che prescinde dal merito e ha ragioni misteriose», dice Walter Verini. «Si assumeranno le loro responsabilità in Parlamento», attacca il ministro Alfonso Bonafede che difende le sue riforme.
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Ribatte da Iv Ettore Rosato: «Se è stanco lo faremo riposare nelle prossime settimane», dice. Iv ipotizza anche una mozione di sfiducia individuale contro il ministro e accusa il Pd di aver abbracciato il «populismo M5s». Ma così i renziani, attaccano i Dem, rischiano di far cadere il governo, fingendo di ignorare che, come dice Andrea Orlando, «Bonafede ha rinunciato all'80% delle sue pretese iniziali». Il rischio di spaccatura anche in Aula è dietro l'angolo, perciò tra i renziani c'è chi è più prudente. Lucia Annibali, lasciando Palazzo Chigi, dice: «Speriamo che non portino in Cdm il decreto, perché come facciamo a votare una cosa in autonomia sulla quale non siamo d'accordo nel merito?».
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