La festa ignorata/ L’indifferenza per la Capitale che nuoce al Paese

La festa ignorata/ L’indifferenza per la Capitale che nuoce al Paese
di Giuseppe Roma
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Lunedì 21 Settembre 2020, 01:37 - Ultimo aggiornamento: 11:51

Archiviato il venti settembre, resta da chiedersi perché un solenne anniversario come quello dei 150 anni  
della riunificazione di Roma allo Stato nazionale sia passato nel disinteresse generale e istituzionale. I grandi giornali – eccezion fatta per Il Messaggero – hanno limitato il ricordo alla ricostruzione storica o alla riflessione culturale di quel giorno, che certo segna la fine del potere temporale dei Papi, ma soprattutto la nascita della prima vera capitale dello stato nazionale.

Basti ricordare le parole di Luigi Pianciani , uno dei primi sindaci di Roma italiana: «Il Regno d’Italia con le sue capitali provvisorie non era che un’accozzaglia di Stati (…) divenne una Nazione riconosciuta e rispettata quando potè avere Roma a sua capitale». In molte fasi della sua storia recente, Roma ha svolto un ruolo decisivo per l’intero Paese già a partire dai primi mesi dopo il 20 settembre. Anche al di là delle vicende legate all’espansione edilizia, che hanno attratto la prevalente attenzione degli studiosi, Roma fu il centro degli interessi e degli investimenti nazionali e internazionali, con grandi progetti di modernizzazione delle infrastrutture, un nuovo piano regolatore, la realizzazione di moderni quartieri e di grandi edifici pubblici come il Ministero delle Finanze o il Palazzaccio.

Nei primi anni nella Capitale si svolse un vivace dibattito riguardo al modello di città da costruire, secondo due principali ipotesi. Una Capitale centro anche “dell’industria e dei commerci” con un Tevere navigabile e regolato a monte per evitare le ricorrenti piene ovvero una città delle istituzioni lontana dai clamori degli operai e con un Tevere contenuto in alti muraglioni per impedire che le piene tracimassero. Le logiche sabaude fecero prevalere il modello più conservativo, ma l’essere Capitale impresse a Roma un dinamismo economico di cui si avvantaggiò l’intero Paese e segnatamente l’economia settentrionale. Ne è prova la forte capacità attrattiva, dal Nord e dal Sud, di nuovi flussi demografici, attrazione che dura fino ai giorni nostri. C’è da chiedersi da cosa dipenda l’attenuarsi, nel tempo, del ruolo politico della città capitale. Una certa indifferenza delle istituzioni nazionali verso la città di Roma preoccupa non certo per ragioni campanilistiche o ancor peggio per il vittimismo che talvolta accompagna il rapporto dei romani con i poteri centrali.

Nei Paesi più sviluppati la città capitale, come il Capo dello Stato, rappresentano un punto di riferimento per tutti i cittadini, che considerano queste istituzioni come la più immediata connessione per un’appartenenza comune. Non manca chi pensa che questo rapporto immediato e istintivo non sia mai scattato, che l’Italia non sia mai riuscita a superare le sue diversità interne, la frammentazione localistica, il senso d’identità limitato allo stretto territorio d’appartenenza. Certo non ha giovato all’ordinato sviluppo di ruoli e funzioni un mal riuscito regionalismo e ancor peggio i mai compiuti conati di federalismo, rimasti a metà persino con una riforma costituzionale che, pur ampollosamente riconoscendo Roma Capitale, non ha mai visto seguire ai proclami le concrete realizzazioni. Risuonano prima i minacciati propositi di una capitale non più romana ma reticolare e poi i continui tentativi di erodere funzioni. Roma è la città, per vocazione, più internazionale esistente in Italia, in quanto nota e amata nel mondo, collegata a ben tre reti diplomatiche, con storica presenza di sedi delle Nazioni Unite, città di fondazione dell’Europa, oltre che unico possibile hub aeroportuale italiano.

Mentre si parla di competizione globale delle metropoli, questi fondamentali asset sembrano ignorati dalle autorità governative e purtroppo anche da chi ha la rappresentanza istituzionale della città. Rivendicare come ricorrenza nazionale i 150 anni della presa di Roma può risultare stucchevole, vista l’inflazione di giornate celebrative meno importanti di questa. Ma non tutte le “giornate” sono eguali. Quella dedicata alla Capitale deve soprattutto aiutare a riaprire un dibattito, attualmente assente, sul futuro della sua economia, sulla necessità di un nuovo status istituzionale, sui modi per impegnarsi a intervenire sul clima e sulla sostenibilità. Ne ha bisogno Roma, ne ha bisogno l’intero Paese e persino l’altra importantissima realtà urbana, vero patrimonio nazionale, come è l’area milanese. Con la crisi di Covid-19 e la conseguente interruzione di un percorso espansivo che sembrava senza limiti, anche Milano potrebbe meglio affrontare le difficili prossime sfide, potendo contare su un sistema di territori in crescita di cui Roma dovrebbe essere capace di farsi alfiere e principale garante. A tutto questo può servire anche una Giornata della Capitale, al servizio del bene comune.

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