Pnrr, ritardi nei progetti. Fitto: «Alcuni non realizzabili entro il 2026». Corte dei Conti: «Spesa a rilento»

La Corte dei Conti: «La spesa va a rilento. C’è allarme su Comuni e contratti precari»

Pnrr, ritardi nei progetti. Fitto: «Alcuni non realizzabili entro il 2026»
di Francesco Bechis
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Mercoledì 29 Marzo 2023, 00:55 - Ultimo aggiornamento: 09:57

Oltre metà delle misure previste dal Pnrr «mostra ritardi o è ancora in una fase sostanzialmente iniziale dei progetti». Suona così il verdetto della Corte dei Conti sul piano di ripresa italiano nel giorno della presentazione della relazione semestrale alla Camera. E viene accolto con pragmatismo dal governo Meloni. «Alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati, è matematico», ammette il ministro al Pnrr Raffaele Fitto. La via stretta del governo per non perdere i fondi europei passa da una revisione del piano e una delicata trattativa con la Commissione Ue, sotto gli occhi vigili del Quirinale. Con l’imperativo però di non ritardare ulteriormente la messa a terra dei fondi. E qui inizia la salita. 

All’indomani della proroga concessa dalla Commissione - un mese in più per valutare il raggiungimento dei 13 target legati alla terza rata da 19 miliardi di euro - e nel giorno della nuova cabina di regia riunita a Palazzo Chigi i magistrati contabili danno le pagelle al piano italiano.

Lo scenario non è dei più rosei: su sette miliardi ricevuti dai conti su cui transitano i fondi europei le amministrazioni centrali hanno trasferito ai soggetti attuatori o realizzatori del piano solo 4,8 miliardi di euro: il 70 per cento. 

Se tutti e 55 i target del secondo semestre del 2022 sono stati centrati, spiega la relazione, è evidente il ritardo nel trend di spesa. Complici le modifiche al piano e i rinvii «delle spese originariamente assegnate al triennio 2020-2022, per oltre 20 miliardi complessivi». Stando alle stime della Corte il picco di spesa dei fondi Pnrr si avrà tra il 2024 e il 2025 «con valori annuali che supereranno i 45 miliardi». 

I RILIEVI
Fra le criticità rilevate dalla Corte il nodo delle assunzioni: manca personale specializzato perché i contratti di lavoro offerti sono precari: scadono insieme al Piano, nel 2026. Così è difficile «garantire la continuità operativa delle strutture». Preoccupa anche il tasso di finalizzazione degli stanziamenti fermo al 42,1%: agricoltura, scuola ed energia i capitoli che vanno più a rilento. Quanto ai Comuni, il presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro è convinto che le critiche siano ingiustificate: «Su bandi da 40 miliardi di euro, i Comuni hanno presentato progetti per 80 miliardi, il doppio. Basta scaricabarile, facciamo squadra». D’accordo Fitto, «non dobbiamo aspettare il 2025 per dire di chi è la colpa». Nessuna tensione con la Commissione, assicura il ministro regista delle trattative Ue e da Palazzo Berlaymont sembrano confermare, «la verifica non è inusuale». 

Ad altri si devono allora i ritardi, spiega Fitto rilanciando il mantra di governo, «stiamo lavorando su una macchina in corsa, con una serie di scelte che non sono state prese da noi». Fra le righe ce n’è per Giuseppe Conte: «Se l’Italia ha preso la fetta più grande del Pnrr è perché ha usato al 100 per cento la quota di indebitamento». E per questo l’Italia ora «non potrà usare la quota a debito» del Repower Eu, il nuovo capitolo energetico del Pnrr. 

Nel breve termine, ha detto Fitto ai ministri in cabina di regia, serve «una vera e propria risonanza magnetica» di tutti i progetti Pnrr da qui al 2026 da parte dei dicasteri. Nel lungo, il piano italiano prevede l’abbandono, d’intesa con Bruxelles, di alcuni obiettivi impossibili da raggiungere e lo spostamento di altri capitoli nella programmazione dei Fondi di Coesione. 
 

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