Pnrr, limiti ai controlli della Corte dei Conti: governo verso la fiducia. Vertice con le Regioni

Oggi lo sprint del governo. Pd e M5S: daremo battaglia

Pnrr, limiti ai controlli della Corte dei Conti: governo verso la fiducia. Vertice con le Regioni
di Andrea Bassi e Francesco Malfetano
4 Minuti di Lettura
Lunedì 5 Giugno 2023, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 10:30

«Velocemente ma senza fretta». È il mantra che da mesi viene ripetuto dai tecnici del governo a chiunque chieda conforto sullo stato d’attuazione del Pnrr. L’esecutivo, come hanno spiegato sia la premier Giorgia Meloni che il ministro degli Affari Ue Raffaele Fitto, farà tutto il necessario per non perdere un euro e lo farà nei tempi prestabiliti.

Pnrr, Cassese: «Controlli della Corte dei Conti sul piano? No a quelli preventivi e concomitanti»

Ovvero entro agosto. Anche a costo di procedere a tappe forzate. Un’impostazione che oggi trasparirà chiaramente a Montecitorio quando verrà posta la questione di fiducia sul decreto Pa. Ovvero sul testo emendato per limitare i poteri di controllo concomitante della Corte dei Conti sul Piano e prorogare lo scudo erariale.

Il voto si terrà invece domani con le opposizioni che già annunciano battaglia. Secondo il Pd infatti la norma «è una forzatura inaccettabile alla quale ci opporremo duramente». Parole in linea con quelle del leader M5S Giuseppe Conte: «è evidente che la preoccupazione di Palazzo Chigi non sia mettere subito a terra i fondi del Pnrr ma non essere disturbati e controllati su come vengono spesi i soldi degli italiani». 


LA VICENDA
In ogni caso l’esecutivo sembra intenzionato a porre la parola fine ad una vicenda che per giorni ha tenuto banco tanto a Roma quanto - con dietrofront annesso da parte della Commissione - a Bruxelles. E se c’è curiosità su come l’Europa reagirà all’approvazione della norma, intanto procedono i lavori per le attese modifiche al Piano. Tant’è che domani Fitto proseguirà i suoi incontri con i presidenti di Regione (sono attesi a Palazzo Chigi nel pomeriggio quelli di Umbria, Marche, Puglia, Val d’Aosta, Molise, Sardegna, Provincia autonoma di Bolzano e Veneto) per ricevere quegli input locali considerati fondamentali per emendare il Pnrr. La revisione del resto è iniziata da tempo. La fase nella quale il governo è attualmente impegnato è quella di “monitoraggio rafforzato”. Ci sono 120 misure per le quali sono stati rilevati «elementi di difficoltà». Quelle che hanno il maggior grado di “debolezza” sono il 10 per cento del totale. Nell’elenco ci sono gli ospedali di comunità, i progetti di riqualificazione urbana, alcuni lotti delle tratte ferroviarie, come la Salerno-Reggio Calabria e la Roma-Pescara. Il monitoraggio ora sta per concludersi.

E gli interventi che dopo i controlli, ha spiegato il governo nella sua bozza di relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr, mostreranno elementi di criticità insuperabili, saranno classificati in due categorie. La prima sono gli «interventi strategici di interesse nazionale», per i quali lo Stato assicurerà un supporto strategico per portarli a termine. Poi ci saranno gli altri interventi, quelli che in assenza di azioni tempestive da parte dei soggetti attuatori sarà difficile che possano essere conclusi in tempo. Per questi progetti si «proporrà la riprogrammazione delle risorse verso impieghi più efficienti». Cosa significa esattamente? Che i progetti saranno definanziati e i soldi saranno usati per altri scopi. Innanzitutto per rimpinguare le casse dei progetti «strategici» che hanno subito un aumento dei costi. Ma anche per “riempire” il nuovo capitolo del Pnrr, il Repower Eu, che si occuperà soprattutto di reti e sicurezza energetica. E infine, anche per finanziare incentivi alle imprese e prestiti garantiti, per affrontare la transizione ecologica e digitale. I fondi del Pnrr, insomma, verrebbero utilizzati in chiave “anti Ira”, l’inflaction reduction act americano che fornisce miliardi di incentivi a chi investe negli States e che rischia di desertificare la manifattura europea. Il dialogo con le Regioni serve anche a questo scopo.


I FONDI DI COESIONE
I progetti che perderanno i fondi del Pnrr, potranno avere accesso a quelli della coesione europea per la programmazione 2021-2027. Ci sono però da superare le obiezioni delle Regioni meridionali, che temono di perdere risorse. Al Pnrr è applicata una “riserva” del 40 per cento dei fondi riservata al Mezzogiorno. I fondi di coesione vanno destinati per l’80 per cento al Sud. 


Il travaso dal Pnrr a questi ultimi è tutt’altro che semplice, soprattutto se si vuol rispettare alla lettera la regola del 40 per cento, anche perché nel caso degli incentivi alle imprese automatici, per esempio, la quota che finisce al Mezzogiorno è mediamente attorno al 20 per cento. Una delle carte che il governo vorrebbe mettere sul tavolo, è l’impatto che alcune misure “nazionali” avrebbero sulle Regioni meridionali. Finanziare l’Adriatic Line, il tubo del gas che sale da Sud verso Nord, con le risorse del Pnrr, avrebbe un impatto positivo sull’economia meridionale. 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA