Pd, i timori di una fuga dei riformisti dopo l'addio di Cottarelli: «Chi sarà il prossimo?»

Le dimissioni dell'economista e senatore dem agitano il Nazareno. Al centro lavori in corso degli ex Dc per accogliere i transfughi: «Nascerà un nuovo movimento»

Elly Schlein, segretaria del Pd, a un'iniziativa elettorale per le amministrative
di Andrea Bulleri
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Martedì 9 Maggio 2023, 12:41

Pericolo valanga. L'addio di Carlo Cottarelli al Pd non lascia indifferenti i dem. Dove già circola insistente una domanda, che si ripete a mezza voce nei conciliaboli in Transatlantico: chi sarà il prossimo? Già, perché l'economista ed ex direttore del dipartimento Affari fiscali del Fondo monetario internazionale, a breve anche ex senatore (Cottarelli ha deciso di dimettersi da Palazzo Madama) è solo l'ultimo di una serie di esponenti del partito ad abbandonare la casa madre, dopo la svolta a sinistra impressa dalla vittoria alle primarie di Elly Schlein. Il quinto addio, dopo quelli di Beppe Fioroni, Andrea Marcucci, Enrico Borghi e Caterina Chinnici. E c'è chi dice che anche Pina Picierno, eurodeputata e numero due di Stefano Bonaccini nella corsa al congresso, stia meditando la fuga dai dem. Lei però smentisce: «Non ho proprio nessuna intenzione di lasciare il Partito Democratico. Il riformismo non è un pranzo di gala e il mio partito è la mia casa», tronca ogni voce. 

L'agitazione al Nazareno

Emorragia o no, tra i dem l'agitazione è palpabile.

Perché «un conto - si ragiona nei corridoi del Nazareno - è l'addio di ex deputati e senatori non ricandidati, che può anche essere dettato da inimicizie e rancori personali. Diverso è il caso di Cottarelli, ma anche di Borghi, che lasciano il partito all'inizio della legislatura, manifestando un disagio crescente». Quel «disagio crescente» che ieri veniva segnalato anche da Lorenzo Guerini, numero uno della corrente moderata di Base riformista, quella più in fibrillazione per il nuovo corso. «Le parole di Cottarelli - osserva il presidente del Copasir - evidenziano un disagio politico. Che sarebbe sbagliato sottovalutare o verso le quali mostrare indifferenza. Le uscite di questi giorni - aggiunge - certamente diverse tra loro, sono motivo di preoccupazione per me e penso preoccupino anche chi ha la responsabilità della guida della nostra comunità». Simona Malpezzi, ex capogruppo al Senato, anche lei di Base riformista, è dello stesso avviso: «Spero che si trovi al più presto lo spazio per un momento di riflessione comune», è l'avviso recapitato al gruppo dirigente. 

L'allarme, raccontano, è suonato anche nell'inner circle della segretaria. Che non a caso, dopo l'addio di Cottarelli, ha scelto di tendere un ramoscello d'ulivo alla minoranza interna sul tema del dialogo con il governo sulle riforme. Schlein, che avrebbe preferito l'Aventino, alla fine ha scelto di portare al colloquio con Meloni un pacchetto di proposte sul cancellierato alla tedesca, l'opzione preferita proprio dai riformisti dem (i quali avrebbero maldigerito un "no" secco alla premier, dal momento che il ridisegno della Carta è sempre stata una delle priorità segnalata anche dal Pd). Basterà questo a frenare gli addii? C'è chi è pronto a scommettere di no. Anche se il vero momento della verità arriverà l'anno prossimo, dopo le elezioni Europee. 

La sfida decisiva delle Europee

«Se Schlein ottiene un buon risultato, intorno al 25% o comunque molto vicino a Fratelli d'Italia, magari perfino sopra, nessuno se ne andrà più dal partito», è la previsione di una fonte dem. «Se invece le cose si metteranno male, e si capirà che l'effetto novità della segretaria è già esaurito, allora i sassolini potrebbero trasformasi in un'autentica frana». Uscire sì, ma dove? Migrare verso Forza Italia, come Caterina Chinnici? O in direzione Terzo polo, come Borghi e Marcucci? O magari verso mete nuove, inesplorate. Perché nel frattempo, anche in risposta agli addii dal Pd, al centro le cose si muovono. Con Rosy Bindi e altri ex esponenti del centrosinista e della Dc (come Mario Tassone, Ettore Buonalberti e Pasquale Tucciariello) pronti a offrire un approdo ai cattolici in fuga dai dem. E a lanciare un nuovo movimento, il cui nome dovrebbe essere "Iniziativa popolare". Per farsi trovare pronti, qualora le cose, a sinistra, dovessero precipitare. 

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