Pd, scissioni e rinunce: rivolta dei territori per le candidature. Pittella esce dal partito in Basilicata, Castelli rifiuta Novara

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Pd, scissioni e rinunce: rivolta dei territori per le candidature. Pittella esce dal partito in Basilicata, Castelli rifiuta Novara
di Claudia Guasco
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Lunedì 22 Agosto 2022, 00:00

Malumori, defezioni, accuse e recriminazioni. «Giuro, rimpiango le preferenze», si rammaricava qualche giorno fa il sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Entro oggi, negli uffici elettorali delle Corti d’Appello italiane, i partiti dovranno depositare le liste dei candidati alle elezioni e fino all’ultimo, nel centrosinistra, c’è subbuglio. Chi accusa, chi cambia casacca, chi sostiene di essere stato inserito a sua insaputa. Ore 12,06 di ieri: «Scopro dai giornali, e da qualche simpatico tweet, che sarei candidata all’uninominale di Novara. No grazie, casa mia è Collegno, se la coalizione ha fatto altre scelte ne prendo atto e in pieno spirito di squadra darò il mio contributo nei plurinominali di Impegno Civico», annuncia il vice ministro dell’Economia Laura Castelli, ex M5s ora schierata con Luigi Di Maio.

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Le tensioni

È solo l’ultimo caso e il problema non è tanto riempire le caselle rimaste vuote, quanto le scosse che ogni rinuncia (con polemica) provoca nella base dem. Piemonte, Veneto, Toscana, Campania, Basilicata, Sicilia: nell’ultima settimana i mal di pancia sono stati numerosi e diffusi, con chat infuocate e mini rivolte interne. Come quella di Novara, appunto. Sabato pomeriggio Milù Allegra viene sostituita da Laura Castelli e Saverio Mazza, membro della direzione torinese dem, firma le dimissioni stigmatizzando «le candidature nei collegi uninominali imposte dall’accordo con Di Maio». Poi arriva il passo indietro di Castelli, interpretato dai militanti Pd come una diserzione: il collegio di Novara è dato da tutti per perdente, alle comunali di un anno fa il centro destra ha stravinto (69,6%), mentre a Collegno ha prevalso la sinistra (52,8%). «Insomma, un’operazione inutile, che ha fatto più male che bene al partito», commenta la base. Strappo doloroso, e doppio, anche in Basilicata. Prima ha sbattuto la porta Marcello Pittella, consigliere regionale ed ex governatore, che a seguito della sua mancata candidatura tra le file del Pd è passato con Carlo Calenda e sarà capolista al proporzionale per il Senato. La sua uscita è stata fragorosa: «Un delitto perfetto! Calpestati diritti, principi, territorio, storia e democrazia. Nella vita ci vuole dignità. Buona fortuna». Poche ore dopo lo segue in Azione anche il fratello Gianni Pittella, sindaco di Lauria (Potenza) ed ex vicepresidente del Parlamento europeo: «La lunga strada nel Pd per me finisce qui. Molte delle ragioni politiche e culturali che mi avevano indotto a scegliere di contribuire alla sua fondazione e poi a candidarmi alla segreteria mi appaiono in questa fase storica più sbiadite e incerte». Il tutto mentre Enrico Letta doveva gestire la questione dei tweet anti Israele, contro il Tap, la Firenze di Matteo Renzi e l’Expo di Milano postati da Raffaele La Regina, segretario regionale della Basilicata, una valanga di post che l’ha costretto a rinunciare alla corsa alla Camera lasciando il posto al sottosegretario agli Affari europei Enzo Amendola. Problemi all’orizzonte anche a Napoli, dove Roberto Speranza è stato catapultato in un collegio potenzialmente sicuro ma ora la campagna elettorale si rivela più ostica del previsto. «De Luca ti ha sempre offeso e adesso fai compromessi con lui», lo accusano in una lettera aperta alcuni dirigenti campani di Articolo Uno, partito del quale è segretario.

La frattura è netta, le critiche riguardano anche il presidente della Regione Campania e potente esponente del Pd locale, Vincenzo De Luca: «Caro segretario, hai ceduto al suo sistema. Con sofferenza siamo costretti a rilevare che le scelte del partito hanno mortificato la lotta politica che abbiamo fatto insieme in questi anni».

 

Trattative

Alta tensione anche nel ragusano, dove Gianni Lauretta ha rassegnato le dimissioni in maniera irrevocabile da membro dell’assemblea provinciale Pd, insoddisfatto per un terzo posto alla Camera che ha rifiutato. E a Treviso non rinnoverà la sua tessera Roberto Grigoletto, componente della segreteria, della direzione e dell’assemblea provinciale. Gli è stata preferita in lista Rachele Scarpa, lui passa al gruppo misto e tuona: «Inaccettabile vedere come Roma abbia scelto in spregio alle indicazioni dei territori, ignorando il lavoro dei circoli e dei militanti». Dopo una settimana di trattative è stato invece raggiunto l’accordo a Pisa: il candidato è Stefano Ceccanti, difeso dalle barricate alzate dal Pd locale contro il leader di Sinistra Italiana. «Non andremo a votare per Nicola Fratoianni», la minaccia della base. L’opposizione in uno dei collegi più incerti ha funzionato.

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