Elezioni politiche 2022, Letta recupera i big esclusi: «Saremo il primo partito»

Il segretario lavora all’unità interna: ora la testa alla campagna elettorale

Elezioni politiche 2022, Letta recupera i big esclusi: «Saremo il primo partito»
di Francesco Bechis
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Giovedì 18 Agosto 2022, 00:29 - Ultimo aggiornamento: 19 Agosto, 11:31

La quiete dopo la tempesta. Enrico Letta si lascia alle spalle le polemiche sulle liste. E inizia a sciogliere i nodi più intricati usciti dalla direzione fiume di lunedì sera, quando al Nazareno si è chiuso l’elenco dei candidati alle prossime elezioni. O meglio, socchiuso. Perché per alcuni dei nomi eccellenti in bilico la partita è ancora aperta. Enzo Amendola, Stefano Ceccanti, Tommaso Nannicini. Esponenti di spicco del partito a cui in un primo momento è stato assegnato un collegio difficile, perfino di rappresentanza. E che ora sono al centro di una delicata trattativa gestita in prima persona dal segretario del Pd, deciso a trovare la quadra. Amendola, ex ministro agli Affari europei con una notevole connection internazionale, è stato candidato nel listino proporzionale di Napoli. Un posto pericolante che ora potrebbe essere scambiato con un seggio più in discesa. Martedì Letta gli ha telefonato per invitarlo a non rinunciare alla candidatura. Non è facile trovare una soluzione: per liberare un posto serve una moral suasion del leader per convincere un candidato a fare un passo di lato. Anima e cacciavite, per dirla con Letta. La stessa che ha portato Caterina Bini, sottosegretaria per i Rapporti con il Parlamento, a rinunciare alla candidatura nel collegio Prato-Pistoia-Mugello per correre altrove. Una decisione presa «a seguito di colloqui con la segreteria nazionale del Pd», fa sapere in una nota.

Al suo posto andrà Nannicini, senatore uscente ed economista cui inizialmente era stato riservato un collegio ostico a Cologno Monzese, quartier generale della Mediaset targata Silvio Berlusconi.

Tiene banco nel frattempo il caso Ceccanti: Letta è al lavoro per liberare un posto al costituzionalista pisano caro al mondo catto-dem, che ha smentito le voci di una candidatura in fondo al listino proporzionale di Firenze. La soluzione potrebbe passare da un collegio uninominale affidato alla coalizione. Magari quello assegnato proprio nella città natìa di Ceccanti al leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, che va da sé dovrebbe trovare altra soluzione. Il valzer dei seggi prosegue sottotraccia. C’è chi è tornato sui suoi passi, come l’ex sottosegretaria Alessia Morani, che al Messaggero aveva annunciato di rinunciare a un difficile seggio nelle Marche e ieri sera ci ha ripensato, «sono una che combatte». Con un’emergenza pomeridiana, poi rientrata: da Roma le avevano fatto sapere che il posto era stato riassegnato. 

IL PARTITO
Procede così il sudoku delle liste Pd, con Letta impegnato a riappacificare gli animi. Soddisfatto dell’equilibrio raggiunto tra richieste delle correnti ed esigenze dei territori. Accontentare tutti era impossibile, è il ritornello che ripetono al Nazareno. Le liste lasciano perplessa l’ex renziana Base Riformista, privata del leader Luca Lotti. Nelle chat c’è chi abbandona in protesta, piccato contro una trattativa che – questa l’accusa – Lorenzo Guerini non avrebbe gestito al meglio. Sempre su whatsapp mugugnano alcuni fra i dem vicini ad Andrea Orlando ma per un motivo opposto: alla fine dei giochi, a loro dire, sono rimasti dentro «fin troppi renziani». Letta si tiene lontano dal brusio delle componenti. Fino a lunedì prossimo – ultimo giorno per presentare le liste – userà il contagocce per le dichiarazioni pubbliche. Sui social ingaggia uno scontro con il centrodestra e il leader di Italia Viva Matteo Renzi per difendere Andrea Crisanti, il virologo candidato dal Pd come capolista in Europa. «A destra prevale la cultura no-Vax - scrive su twitter - se avessero governato Salvini e Meloni nel 2020 quante migliaia di decessi in più avremmo avuto?». 

LA SFIDA A MELONI
Per il resto, lo sguardo è alla campagna elettorale che da lunedì occuperà giorno e notte attivisti e candidati. Per ribaltare i sondaggi serviranno tutte le forze possibili. Anche quelle di Stefano Bonaccini, il governatore dell’Emilia-Romagna tornato a fare quadrato con il segretario. Martedì ha suonato la carica: «Adesso l’unica cosa che conta è battersi per cercare di ottenere il miglior risultato possibile e vincere le elezioni il 25 settembre». La strategia passa per una sfida diretta, prima ancora che al centrodestra, alla leader di Fdi Giorgia Meloni. Ogni giorno, un punto del programma Pd appena licenziato dalla direzione per rispondere colpo su colpo agli slogan della coalizione avversaria. Battendo lì dove il dente duole: Europa, politica estera, Pnrr, vaccini, giustizia. E su quella riforma presidenziale sbandierata dal centrodestra in cui Letta scorge un pericolo e un bivio: «O si sta dalla parte della difesa della nostra Costituzione o si sta dalla parte del suo stravolgimento». A poco più di un mese dalle urne, il segretario non dà la partita per persa. «Vogliamo vincere, non partecipare», va ripetendo ad ogni occasione pubblica. Un messaggio alla coalizione, certo, ma soprattutto un traguardo per il Pd. «Saremo il primo partito d’Italia», ha detto il leader alla vigilia della direzione. Chiarendo che il primo posto non solo non è una chimera - se nell’uninominale la partita è in salita, nel proporzionale è tutta da giocare - ma è un obiettivo concreto. Anche di fronte a una «non vittoria» della destra, ragionano in ambienti dem, rivendicare la testa della classifica permetterebbe al Pd di vestire i panni di regista nelle interlocuzioni con il Quirinale.
 

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