Pd, il dopo-Letta: De Micheli unica candidata ufficiale, Schlein in calo (e il preferito resta Bonaccini)

Tra i nomi in lizza anche i sindaci di Pesaro e Bari, Matteo Ricci e Antonio Decaro. Il presidente dell'Emilia Romagna ha il sostegno di Base Riformista

Pd, il dopo-Letta: De Micheli unica candidata ufficiale, Schlein in calo (e il preferito resta Bonaccini)
di Fausto Caruso
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Giovedì 6 Ottobre 2022, 17:21 - Ultimo aggiornamento: 18:32

Il Partito Democratico dibatte sulla sua stessa esistenza. La direzione nazionale di oggi segna la prima tappa verso il congresso che dovrà scegliere il successore di Enrico Letta. Tutto in discussione al Nazareno, persino il simbolo e l’esistenza stessa del partito, sul cui futuro alcuni grandi ex come Rosy Bindi hanno espresso più di una riserva. Pensare di sciogliere una formazione che ha ottenuto il 19% dei consensi alle elezioni di dieci giorni fa non è tra le opzioni praticabili per la maggioranza, soprattutto per i più giovani per i quali i 15 anni di vita del Pd rappresentano la più lunga, se non l’unica, esperienza di centrosinistra in Italia. Tra correnti, vecchia guardia e volti nuovi, la domanda che circola negli elettori dem è una sola: chi sarà a guidare il partito nella sua prossima fase?

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La vecchia guardia e le correnti

«Discutiamo di tutto perché rischiamo di non avere un’altra occasione. Non dico no alle primarie aperte, ma perché dobbiamo scegliere il prossimo gruppo dirigente con una logica correntizia?». È la conclusione del discorso in direzione del vicesgeratrio Peppe Provenzano, ben consapevole che la spinta delle correnti rischia di lacerare dall’interno il partito nel momento di crisi. Prima della direzione i veterani dem hanno chiamato a raccolta i propri fedelissimi per fare il punto sull’atteggiamento da tenere. Lorenzo Guerini ha riunito Base Riformista, il gruppo di moderati vicino a Matteo Renzi, che ha aperto sì a una discussione radicale, ma senza forzare i tempi e senza cambiare le regole: il che vuol dire non rinunciare alle primarie, come invece aveva suggerito l’ex Pier Luigi Bersani. Il ministro del Lavoro uscente Andrea Orlando, che guida la corrente Sinistra dem, spingerebbe addirittura per un vero e proprio processo “costituente”. Vorrebbe fare con calma anche Area dem, la corrente che fa capo al ministro della Cultura Dario Franceschini, ma altri nel partito lo accusano di stare solo prendendo tempo in attesa di trovare un proprio candidato.

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Quello che accomuna la vecchia guardia Pd è la convinzione che il partito sia ancora un’opzione valida e non vada smantellato. Certo occorrerà tornare più vicini ai temi storici della sinistra italiana, a partire da un riavvicinamento alla Cgil, che negli ultimi anni è stato molto freddo nei confronti del Pd.

Ingrediente fondamentale sarà, come ha detto il segretario aprendo la riunione, «vestire subito i panni dell’opposizione», senza più correre a fare da stampella a eventuali futuri governi di salvezza nazionale.

I volti nuovi: da qui il nuovo segretario?

L’altra indicazione che Letta ha ripetuto fin dalla mattina dopo le elezioni è che la nuova segreteria del Pd dovrà essere composta dalle nuove generazioni, che nel partito non mancano di intraprendenza. Già da prima delle elezioni aveva cominciato a circolare con forza il nome di Elly Schlein, vice presidente della regione Emilia-Romagana, appena eletta alla Camera e fuoriuscita dal partito ai tempi della segreteria Renzi. Nonostante nelle ultime ore le sue quotazioni siano in calo – a essere mal digerito al Nazareno sarebbe il fatto che Schlein non è iscritta al partito – per molti resta il contraltare perfetto a Giorgia Meloni, capace di dare quella spinta decisa che esponenti storici del partito farebbero fatica a imprimere, soprattutto in tema di diritti civili.

Schlein non ha però lanciato esplicitamente la propria candidatura come invece ha fatto l’ex ministra, Paola De Micheli. «Ho 49 anni, un curriculum fitto e la voglia di spendermi in qualcosa di importante. Voglio puntare sui militanti, troppo spesso dimenticati, quando non umiliati, e sulla definizione della nostra identità», aveva detto lanciando la propria candidatura. De Micheli non è forse il nome più forte tra quelli in campo, ma la sua proposta si lega all’appello lanciato dalle donne del partito affinché siano in quota rosa entrambi i nuovi capigruppo e i vicepresidenti dem delle nuove camere. Una proposta promossa in primo luogo da Cecilia D’Elia, responsabile pari opportunità del Partito Democratico, che ha incassato il pieno appoggio di Letta.

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Se alcuni volti emergenti, come il sindaco di Firenze Dario Nardella, starebbero meditando se farsi avanti, l’altro candidato semi ufficiale è il sindaco di Pesaro Matteo Ricci. «Non basta cambiare il segretario, serve un ripensamento di contenuti e linguaggio», aveva dichiarato in un’intervista dopo le elezioni. «Sicuramente sarà fondamentale l’opera di noi amministratori locali, una classe dirigente che governa il 70% dei comuni». Quella stessa classe dirigente di cui fa parte il primo cittadino di Bari e presidente dell’ANCI, Antonio Decaro, un altro dei papabili “candidati del territorio”.

Fuori dalle candidature ufficiali al momento anche il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che però viene considerato il nome più probabile per la segreteria, con il sostegno interno di Base Riformista. Governatore dal 2014 con una giunta ampia, la sua popolarità è cresciuta durante la pandemia quando da presidente della conferenza Stato-Regioni guidava le trattive con il governo per gestire le riaperture. Negli ultimi giorni ha rivendicato la decisione della sua giunta di rendere disponibile la pillola abortiva nei consultori emiliani, prendendo una posizione netta in favore del diritto all’aborto che gli elettori Pd temono possa essere messo in pericolo dal governo di centrodestra. Un gesto forte su uno dei temi identitari della sinistra che potrebbe segnare una candidatura di fatto molto più forte di quelle verbali dei suoi compagni di partito.

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