Pass per viaggiare in Italia: App e codice Qr, ecco come funzionerà

Pass per viaggiare in Italia: il tampone nel codice Qr
di Francesco Malfetano
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Domenica 18 Aprile 2021, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 19 Aprile, 09:00

Un pass per far ripartire il Paese. O meglio per consentire agli italiani, dal prossimo 26 aprile, di tornare a spostarsi non solo tra regioni gialle ma anche tra territori che si trovano in fasce di rischio differenti. Il tutto ovviamente, senza dimenticare di avere con sé l’autocertificazione, che resta obbligatoria. Più in là invece, come già accade in Israele o nello stato di New York, il pass potrà essere utilizzato anche per accedere a partite, spettacoli teatrali, film al cinema, serate in discoteca o chi più ne ha più ne metta. 
In ogni caso l’intenzione del governo è chiara: limitare al minimo l’effetto “liberi tutti”. Ed è per questo che vorrebbe inserire questo strumento già all’interno del prossimo decreto che sostituirà quello in vigore fino al 30 aprile. 

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IL DOCUMENTO
Sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Ue per un green pass comunitario (Bruxelles punta ad ufficializzarlo sottoforma di app per smartphone dal 1 giugno), si tratterà un documento - probabilmente cartaceo in una prima fase e poi digitale - che attesti come il cittadino in questione abbia completato il ciclo di vaccinazione (alle 17.05 di ieri erano quasi 4 milioni e mezzo), si sia negativizzato dopo aver avuto la Covid19 (e quindi abbia sviluppato gli anti-corpi) o, soprattutto, si sia sottoposto ad un tampone molecolare o rapido nelle 72 o 48 ore precedenti. L’idea è già stata sottoposta al Comitato tecnico scientifico quando si è riunito venerdì scorso. Gli esperti - che si rivedranno domani per discuterne - la valutano con assai favore, ma hanno dei dubbi sulla praticabilità dello strumento cartaceo. Dovrebbe funzionare più o meno così: un cittadino fa il tampone in una struttura accreditata dal ministero della Salute e questa rilascia, con il documento che ne attesta la negatività al Sars-Cov2, anche un Qr code (ovvero un codice a barre bidimensionale e univoco) valido 48 o 72 ore.

Il codice verrà quindi scansionato, ad esempio da chi controlla l’ingresso di un locale, e in caso di semaforo verde consentirà di accedere in una discoteca piuttosto che in un hotel. 

L’APP
L’intuizione è giusta. Tuttavia, quella del foglio di carta potrebbe non essere una buona idea. In Israele è già accaduto che le autorità siano state costrette a fare un passo indietro perché la falsificabilità del documento era alta e la rintracciabilità del soggetto incosciente invece molto bassa. È infatti quasi impossibile stabilire con certezza chi abbia contagiato chi in un ambiente in cui ci sono 500 o mille persone. Ed è per questo, per la sicurezza di tutti, che digitalizzare la pratica, riconducendo il tutto ad una app per smartphone sarebbe più indicato. Anche in questo caso però, la questione non è semplice. Intanto c’è da capire chi potrebbe rilasciare il pass (si presume tutte le strutture che fanno tamponi), e metterle in connessione tra loro per creare un database con le informazioni relative al lasciapassare. La creazione stessa di un archivio di informazioni però, accenderebbe sulla vicenda il faro del Garante per la privacy che pretenderà rassicurazione sull’anonimato di tutti gli utenti, aprendo interrogativi quantomeno interessanti (cosa succederebbe ad esempio con i minorenni?).

IL RITORNO DI IMMUNI
Paradossalmente l’aspetto più semplice potrebbe essere quello di creare questa app per smartphone. Il pass potrebbe infatti segnare il grande ritorno dell’app Immuni («Potrebbe avere un’utilità futura in ottica di passaporto vaccinale» ha detto il neoministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale Vittorio Colao in un’audizione alla Camera di qualche giorno fa) oppure essere implementato sull’AppIo, l’applicazione con cui si sta cercando di digitalizzare la pubblica amministrazione. In realtà non è tramontata neppure la strada alternativa di una terza app. Anzi, al tavolo interministeriale sulla digitalizzazione presieduto proprio da Colao dovrebbero presto sedere alcuni colossi italiani che hanno strutture e competenze adeguate per poterla sviluppare: Tim, Leonardo, Eni e Poste Italiane (replicando lo schema che ha consentito a quest’ultima di fornire la piattaforma per le vaccinazioni oggi usata in 7 regioni). All’estate però, non manca poi così tanto.
 

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