La riunione dei "pacifinti" alla ricerca di una ribalta

Sabina Guzzanti, Germano, Mannoia: al teatro Ghione la serata targata Santoro

La riunione dei "pacifinti" alla ricerca di una ribalta
di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Martedì 3 Maggio 2022, 19:50

Un po' il richiamo della foresta ideologica di quand'erano giovani e un po' il bisogno di ribalta di artisti in disarmo: da Michele Santoro il promoter di questa serata-evento, il nuovo Che dei pacifisti o dei pacifinti, a Vauro, da Sabina Guzzanti a Moni Ovadia («L'Ucraina è piena di nazisti e gran parte dei giornalisti italiani sono velinari al servizio degli Usa») a Carlo Freccero che se la prende con i nostri tiggì. La miscela di Lotta & Ego ha prodotto ieri sera al teatro Ghione, con tanto di diretta su vari canali e siti come il contestatissimo e filo-putiniano ByoBlu di Claudio Messora, ex capo comunicazione grillino, il festival rosso-russo della canzone del neutralismo, del no armi all'Ucraina, del pacifismo integrale e integralista. E «basta pensiero unico occidentale», grida Michele il Tribuno del Popolo (fatto di nani, ballerine e prof alternativi alla Tomaso Montanari più Fiorella Mannoia che non manca mai e canta come sempre Il Disertore) e questo popolo non sta né con Putin né soprattutto con la Nato e nemmeno con gli ucraini che s'arrendano subito perché ci stanno annoiando e perché (copyright Montanari) «davanti alla minaccia non deve esistere la guerra di difesa e la guerra giusta».

Il titolo della kermesse targata Santoro è la Pace proibita (proibita non dal Cremlino, che evidentemente secondo il Battaglione Ghione sventola la bandiera arcobaleno anche se tutti vedono sola la Z dei carriarmati, ma da quei guerrafondai di Ursula, Biden e Draghi e allora meglio Lavrov) e la tesi è, ci si passi l'espressione, a prova di bomba: se non esistessero gli yankee, che stanno facendo con l'Ucraina quello che fecero con il Vietnam - «Imperialisti!», gridano un po' tutti - il mondo sarebbe più bello.

E che sollazzo, nel vasto mondo di questo festival della canzone ideologica a cui ha aderito tanta bella gente in una parata da sardine (Jasmine Cristallo e ragazze ecologiste che dicono «la guerra è fossile, la pace è rinnovabile»), da masanielli 8de Magistris) e da rieccoli: Ascanio Celestini, Marco Tarquinio (direttore di Avvenire), Elio Germano (è il primo a salire sul palco parlando dei ricchi e cattivi del mondo), Guido Ruotolo e via così in questa sorta di Samarcanda a scoppio ritardato. A cui non ha voluto partecipare Cecilia Strada, la figlia di Gino effigiato come mito sul palco, perché considera il Battaglione Ghione una specie di Armata Rossa o Armata Rotta.

Il morettismo

Mi si nota di più se ci sono o se ci sono? Il morettismo è stato corretto così, ed eccoli on stage i compagni mattatori. La colpa di tutto? Più di Biden il quale «fa paura» che di Putin il quale - concede il Montanari, un Dibba più istruito - «fa orrore». E sempre meglio Zio Vlad piuttosto che Zio Sam: «O gli Usa si fermano o la guerra continua», avverte una clip del Ghione. I presenti sono super-fan di Sabina Guzzanti (anche se non tira più ma accusa: «Sì, poveri ucraini, ma ci sono tante altre guerre nel mondo di cui nessuno parla»), di Luciana Castellina che dice «prepariamo il negoziato» (e intanto agli ucraini a cui non vanno date armi si difendono sparando fiori?), della ex militante del 77 infuocato e ora filosofa trendy, Donatella Di Cesare, la quale stronca così la resistenza ucraina: «Non si conquista la libertà attraverso la guerra, la pace è più importante della libertà. Demonizzare Putin non serve a nessuno». Ma serve ancora meno questo disarmante bla bla del disarmo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA