La prima immagine della nuova Europa non è ben augurante per l'Italia. Una cena a sei, ieri sera, dove si è cominciato a parlare del risiko delle nomine al vertice delle istituzioni comunitarie. Non solo la scelta del presidente della Commissione Ue ma anche la decisione su chi fa il presidente del consiglio europeo, chi l'alto rappresentante per la politica estera, chi il governatore della Bce, chi il presidente dell'Europarlamento. Un menù a dir poco sostanzioso quello alla tavolata nel Palais d'Egmont a Bruxelles, ma in realtà appena un antipasto: perché l'iter per trovare i nomi è appena cominciato e sarà lungo e tortuoso.
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Però l'immagine di ieri sera intorno al tavolo, senza neppure un italiano presente e dunque preliminarmente decidente, fornisce già un primo colpo d'occhio su come nella spartizione del potere comunitario tra le varie nazioni il nostro Paese non c'è. Eccoli i magnifici sei che aprono i giochi: il premier belga Charles Michel e il collega olandese Mark Rutte (per i Liberali), Pedro Sanchez e Antonio Costa (capi dei governi socialisti di Spagna e Portogallo) più, per i Popolari, il croato Andrej Plenkovic e il lettone Krisjanis Karins. Niente Italia, perché le famiglie politiche governeranno l'Europa sono popolari, socialisti e liberali, e già questo è un problemaccio per la causa dell'Italia, dove comandano la Lega e M5S ma nel Parlamento europeo i nostri due partiti di maggioranza andranno in gruppi di minoranza. E anche piuttosto malmessi o tutti ancora da definire.

IL MONOPOLI
Salvini scaricato da Farage, da Orban, dai catto-conservatori polacchi. Di Maio supplica chiunque per poter far gruppo e contare qualcosa, ma niente e anche i Conservatori e riformisti (dove c'è la Meloni in larga compagnia, a riprova che sullo scacchiere europeo la leader di Fratelli d'Italia s'è mossa molto prima e molto meglio di Salvini) con vogliono vedere il grillino neppure con il binocolo. Lui intanto - in tema di Italia assente - non è andato a Parigi al G7 dei ministri del Lavoro, mentre Salvini ha disertato il vertice dei ministri dell'Interno dei Paesi Ue sui migranti: e su 7 riunioni di questo tipo ne ha saltate 6.
IL PARADOSSO
Ma una cosa è giocare da protagonisti in Europa, e un'altra da gregari. Quest'ultimo destino sembra il più realistico purtroppo. Anche se, nel caso non si trovi la grande quadra del grande accordo, non è affatto improbabile la conferma di Antonio Tajani alla guida dell'Europarlamento. Joseph Daul, presidente del Ppe, ha ripetuto pubblicamente: «Ho detto ad Antonio di prepararsi a continuare, se non si trova un'intesa toccherà di nuovo a lui». Ma il problema, per gli italo giallo-verdi isolati ma baldanzosi nella loro lotta contro le rigidità contabili, è anche questo: l'Italia, per un incastro di giochi, rischia di non avere nessuno nel board, se non sosterrà per la guida della Bce il teutonicissimo falco Jens Wiedmann. E questo, oltre ad essere un paradosso, per Salvini e Di Maio sarebbe un castigo.
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