Covid, per i musei ripresa a ostacoli: la cultura non mangia. Chiusi anche i luoghi all'aperto, guide turistiche costrette a fare i rider

Covid, per i musei ripresa a ostacoli: la cultura non mangia. Chiusi anche i luoghi all'aperto, guide turistiche costrette a fare i rider
di Laura Larcan
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Giovedì 14 Gennaio 2021, 07:24 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 11:29

Un anno vissuto pericolosamente. Al buio. Quello dei musei è un settore che ha pagato l'emergenza del Covid con la scure implacabile di due lockdown forzati, a distanza di quattro mesi, prima a marzo, poi ad ottobre. Con un crollo di flussi di visitatori arrivato alla soglia dell'80 per cento e ripercussioni drammatiche a catena su tutto il comparto lavorativo che ruota intorno alle istituzioni culturali. E la ripresa dal prossimo 16 gennaio resta sotto lo spettro del colore, con i musei costretti ad aprire dal lunedì al venerdì, rimanendo in quarantena nel fine settimana arancione. Insomma un'incognita, regione per regione, che guarda all'andamento del bollettino sanitario della pandemia.

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Il turismo internazionale completamente azzerato dalla prima ondata, le aperture a singhiozzo, le mostre saltate e slittate, le visite contingentate, hanno reso agonizzante tutto il comparto culturale. Il colpo di grazia arriva con la sciabolata delle restrizioni sugli spostamenti tra Regioni (e Comuni) che prefigurano una precarietà continua. Una beffa per luoghi considerati da subito (dagli stessi dirigenti del Ministero dei beni culturali e del turismo) come «luoghi sicuri».
LA SECONDA ONDATA
Uno scenario chiaro fin dalla prima riapertura, lo scorso giugno, quando portoni di gallerie e cancelli di parchi archeologici hanno gestito in sicurezza gli ingressi, tra mascherine obbligatorie, biglietterie digitali, percorsi obbligati.

E la risposta del pubblico locale (con pochi turisti europei) c'era anche stata. Tiepida, ma con una boccata d'ossigeno. La vera ghigliottina è scattata con la seconda quarantena in autunno. Quando la chiusura dei musei è rientrata in un pacchetto nazionale di strategie politiche per arginare il rischio contagio.

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«Il Colosseo si è trovato all'improvviso in un silenzio irreale. Tutto il monumento vuoto, simbolo di questo periodo particolare - racconta la direttrice del parco archeologico del Colosseo Alfonsina Russo - Il 2019 si era chiuso con il traguardo di oltre i 7,5 milioni di visitatori, ma quest'anno siamo di fronte ad una perdita notevole del 75%, con un crollo degli incassi di 51 milioni». Parla di un anno faticoso, anche il direttore degli Uffizi Eike Schmidt che pagato in prima linea gli effetti del Covid, contagiato e rimasto a casa in auto-isolamento per un lungo periodo. «Le fatiche sono state diverse da quelle degli anni precedenti - commenta Schmidt - Ma è stato anche molto appagante vedere quanto siamo riusciti a fare nonostante le difficoltà estreme: in particolare sono fiero di vedere quanti più giovani sono venuti al museo durante i mesi di apertura, e quanti ragazzi continuano a seguirci sui nostri canali social anche adesso».
Ma ha avuto senso chiudere luoghi all'aperto, da Ostia Antica a Paestum o Pompei? «È difficile fare una distinzione tra singoli musei, diventa un problema di organizzazione complessiva, e purtroppo i musei sono rientrati in un'operazione di sicurezza a livello nazionale - commenta Massimo Osanna, direttore generale dei Musei del Mibact, alla guida ancora del parco di Pompei - Credo sia stato un gioco forza. Mi avrebbe fatto piacere tenerli aperti come presidi di cultura, ma molte persona erano comunque preoccupate».

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IL PERSONALE
C'è allarmismo da parte del personale? «Le preoccupazioni ci sono - riflette Massimo Osanna - Il Covid ha inciso anche sulle risorse umane dei musei. Ricordiamo che i concessionari dei servizi aggiuntivi hanno messo in cassa integrazione molti dipendenti. Ed è ancora difficile farli rientrare a pieno regime. Ripercussioni pesanti vi sono state in tutti i settori dei servizi, dalle caffetterie ai bookshop, tutti chiusi. Le guide turistiche hanno subito perdite enormi, ma c'è stata una crisi forte anche per tutta l'economia dei territori legati al museo, dagli autisti di pullman ai tassisti. Ma vorrei ricordare che il governo ha messo in campo un sistema significativo di finanziamenti di ristoro calibrato per tutti i settori».
La prima categoria a pagare le conseguenze della chiusura dei musei è quella dei guide turistiche professioniste. «Questa operazione ha bloccato completamente l'attività delle poche guide che in questi mesi avevano cercato in tutti i modi di portare avanti l'attività - si lamenta Isabella Ruggiero presidente dell'Associazione elle Guide turistiche abilitate - Parliamo delle guide specializzate nel mercato italiano, soprattutto di associazioni culturali che svolgono visite per i residenti. Un tipo di pubblico estremamente interessato, vivace, che ha voglia di muoversi e di scoprire sempre cose nuove. Proprio per questo è importante che i musei e i monumenti riaprano, per spingere e per attrarre gli italiani e far riprendere il turismo interno».

 

Intervista a Isabella Ruggiero (presidente guide turistiche)

«In assenza di turismo straniero, la chiusura dei musei ha compromesso drammaticamente l’attività delle guide». Non usa giri di parole Isabella Ruggiero, presidente dell’Associazione guide turistiche abilitate.

La chiusura dei musei come ha pesato sul vostro lavoro?

«Chiariamo subito una volta per tutte che solo una piccola percentuale di guide riesce a lavorare per il mercato interno, ma che, senza turisti dagli altri paesi, quasi tutte le guide turistiche rimangono senza lavoro. Chiudere anche musei e mostre significa azzerare illavoro».

C’è un dialogo col governo? Ci sono ancore di salvezza?

«Per fortuna nel 2020 si è instaurato un buon dialogo tra noi associazioni di categoria e il Mibact. Proprio a dicembre abbiamo ricevuto, finalmente, i ristori del Fondo Turismo. Adesso che la ripresa del turismo è ancora lontana guardiamo ai fondi del 2021 come unico possibile supporto».

Ha avuto senso chiudere luoghi all’aperto come i pachi archeologici?

«Penso che almeno le grandi aree archeologiche avrebbero dovuto rimanere aperte. Qual è la logica nel chiudere aree verdi estese decine di ettari e lasciare aperte le attività di negozi dove la gente sta a una distanza minima?».

Come state sopravvivendo a questo anno “horribilis”?

«Ci siamo ritrovati di colpo senza introiti per 12 mesi e questo ha cambiato la nostra vita. Tantissime guide si sono avviate verso altri campi: molte sono passate all’insegnamento, altre hanno trovato lavoro come rider e qualsiasi altra cosa. Quelli economici però sono solo una parte dei problemi, perché ci sono notevoli conseguenze a livello psicologico e familiare».

Ora si va verso una riapertura dei musei dal 18 gennaio, ma come vedete il 2021?

«Realisticamente la crisi perdurerà per tutto il primo semestre del 2021, le previsioni più rosee parlano del ritorno dei primi turisti da luglio. Molte agenzie straniere, degli Stati Uniti e dell’Australia, hanno annunciato che non riorganizzeranno tour in Italia per tutto il 2021».

Avete progetti sul tavolo per aiutare la categoria?

«Sarebbe importante collaborare con il Ministero dell’Istruzione. La gran parte delle guide è specializzate in lingue straniere, archeologia, architettura, storia. Penso che, dopo mesi di didattica a distanza, in un periodo in cui gli istituti scolastici sono ancora afflitti dal problema degli spazi e dei turni, le 25.000 guide sparse in tutta Italia potrebbero rivelarsi un’ottima risorsa».
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