«Io mollo». È il sussurro, ma potrebbe diventare grido, che dilaga tra le fila dei 5 stelle al Senato (meno) e alla Camera (molto di più). E si accompagna allo slogan coniato da Di Battista che spopola tra i suoi ex colleghi di movimento: «Eravamo francescani, siamo diventati franceschini».
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E tutto parla di un processo a Conte, accusato di aver perso le elezioni, imputato di voler ridurre il Movimento 5 Stelle a portatore d’acqua del Pd, ad ascaro dei dem, ad amico dell’odiato De Luca in Campania come si vede nella foto con don Vincenzo il governatore e Di Maio e Fico che festeggiano con lui il risultato di Napoli.
È lo sbandamento di un partito che sfiorava il 40 per cento e ora si vede ridotto al 4. La crisi scoppierà davvero il giorno dopo dei ballottaggi perché M5S che è andato malissimo ovunque e in gran parte d’Italia non ha neppure avuto la forza di presentare le liste, è ancora in corsa in alcuni comuni siciliani e infatti Conte è laggiù tentando un mini recupero. Che non cambierà però il quadro.
La Raggi è infuriata con Conte e quel 19 per certo di voti che ha preso a Roma, record nel panorama italiano 5 stelle, sono suoi e non dell’ex premier. Il quale ha pensato bene di abbandonate Virginia al proprio triste destino nella sera della sconfitta, ed è corso a Napoli a cointestarsi la vittoria corposa di Manfredi. Sgarbo non rimarginabile e contestato nelle chat dei parlamentari.
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Il subbuglio in casa M5S avrà una prima conseguenza per Conte. Se volesse davvero occupare il seggio parlamentare Pd eventualmente lasciato libero da Gualtieri a Roma, se Gualtieri vincesse il ballottaggio, non potrà essere lui a occuparlo con la casacca grillo/dem perché i grillini glielo impedirebbero. Considerandolo il segno dell’ennesimo cedimento all’amore nazarenico e alla svendita dell’identità originaria e ortodossa.
La situazione è tale che fioccano gli abbandoni.
Ecco lapidare Conte e lasciare il partito Marina Forte, presidente della Commissione Anti Mafia in Lombardia: «Voi dovete essere convinti del nuovo corso... mi dovete seguire... dovete essere in sintonia con me... se c’è qualcuno che non è convinto, è meglio perderlo perché quello crea una zavorra interna. Caro Presidente Conte, ebbene, non sono convinta. E lungi da me il voler diventare una zavorra interna, per questo lascio. Non sono convinta perché questa non è l’evoluzione del Movimento 5 Stelle, questo è il nuovo partito di Conte che, a iniziare dallo Statuto e continuando con la comunicazione e con la gestione delle amministrative, nulla ha a che vedere con il Movimento 5 Stelle».
Dopodiché ecco infierire sullo statista appulo pure Valentina Sganga, candidata perdente a Torino che annuncia: «Saremo comunque all’opposizione, difenderemo i buoni risultati di questi anni a partire da ambiente, giovani e periferie. Se ho sentito i vertici M5S? No, mi è dispiaciuta la presenza solo a Napoli, secondo me per ripartire bisogna mettere la faccia anche nelle città dove si perde, come Torino e Roma”. Di Battista da fuori incalza: “M5S sembra l’Udeur». Conte è il democristianino un po’ mastellato e un po’ lettiano nell’immagine che molti hanno di lui. E ora vede l’abisso. Non è impresa facile perdere una media del 68 per cento degli elettori rispetto alle performance pentastellate del 2016. Calabria- 85%, Napoli -81%, Roma -65%, Trieste -85%, Cerignola -95%: per il M5S, democraticamente e geograficamente, a livello di flessione in percentuale elettorale, è stato un bagno di sangue. E non è facile per Conte tentare d’insufflare speranza ai suoi: «I dati non possono compromettere il nuovo corso del Movimento 5 stelle», continua a dire.
A questa storia del nuovo corso strombazzato neanche fosse la nuova frontiera kennedyana non ci crede più nessuno. Non è un caso che, in questo ora, stia girando via web la petizione Change.org per spingere verso le «dimissioni di Giuseppe Conte da capo politico del M5S». E le motivazioni derivano dalla vecchia guardia del Movimento: l’aver tradito gli ideali di democrazia dal basso di Gianroberto Casaleggio e il “meschino, interessato, supporto elettorale ad un altro partito (il Pd) che il Movimento voleva combattere».
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Godono quelli di Alternativa c’è, il gruppo parlamentare che raccoglie ex grillini: «Si prevedono nuovi ingressi». In più c’è Grillo che proclama via Twitter: «Dodici anni fa abbiamo fatto l'impossibile. Ora dobbiamo fare il necessario!». Che magari significa rispolverare le radici e liberarsi di Giuseppe l’alieno.