Dalla movida alle gare sportive: le Regioni si muovono da sole, sale la tensione con l’esecutivo

Conte con i ministri Boccia e Speranza
di Mauro Evangelisti e Alberto Gentili
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Sabato 3 Ottobre 2020, 01:17 - Ultimo aggiornamento: 01:27

«Forte dissenso» da parte del ministro della Salute, Roberto Speranza, sull’ordinanza firmata, proprio ieri, da Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, che apre i palasport dove si gioca la serie A di basket e volley a un numero di spettatori pari al 25 per cento della capienza. Da solo - con uno scontro tra un ministro e un governatore entrambi di centrosinistra - questo esempio spiega che tra Regioni e Governo permangono distanze sulla gestione dell’epidemia.

Alla vigilia dei ballottaggi delle elezioni comunali, il governo evita di fare la voce grossa con i presidenti di Regione. Eppure, visto l’aumento dei contagi e dunque dell’allarme per la seconda ondata dell’epidemia, a palazzo Chigi e dintorni monta la determinazione ad evitare che i governatori procedano «in ordine sparso» a colpi di ordinanze, smontando ciò che l’esecutivo nazionale decide per tentare di contenere la diffusione del Covid-19. Ed è una delle ragioni (non certo la principale) alla base della decisione di prorogare, fino al 31 gennaio, lo stato d’emergenza in scadenza il 15 ottobre. Con i poteri speciali, il governo può infatti limitare l’autonomia regionale.

Che il tema sia caldo, lo dimostrano le parole pronunciate da Giuseppe Conte giovedì durante la sua visita in Campania, Regione dove Enzo De Luca ha spesso assunto decisioni autonome e a volte in contrasto con le norme nazionali (tra l’altro proprio in queste ore, malgrado l’incremento dei contagi, in Campania decade il divieto di feste con più di 20 persone). «Consiglio a tutti gli amministratori locali, ai presidenti di Regione, di continuare in pieno coordinamento con il governo», ha avvertito il premier. Per poi aggiungere: «Abbiamo un sistema di monitoraggio molto accurato e sofisticato e dobbiamo lavorare a livello centrale con il coordinamento delle Regioni per assumere le decisioni quando servono. Non possiamo andare in ordine sparso». Appunto.

Parole in parte cadute nel vuoto. Va detto che il governo non guarda con diffidenza particolare quei provvedimenti improntati alla prudenza, ma è molto preoccupato per quelli invece che vanno in senso contrario. Un esempio per tutti: l’accesso negli impianti sportivi, dove il braccio di ferro con una parte delle Regioni sta andando avanti da settimane. E non è un problema di destra e sinistra.

LO STRAPPO
Due esempi: proprio ieri il governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini (centrosinistra) ha firmato un’ordinanza sugli stadi e sui palasport. Se per il calcio consente mille spettatori, dunque in linea con il resto del Paese, per i palasport dice sì al 25 per cento della capienza, che in impianti come quelli di Bologna possono volere dire anche 2.000 presenze. Ad esempio domani nel palasport di Casalecchio di Reno (alle porte di Bologna) si giocherà, per la serie A di basket, Fortitudo-Varese: tenendo conto che la capienza è di oltre 8.000 spettatori, potrebbero entrare in 2.000. Uno scenario che il Cts (comitato tecnico scientifico) e il Ministero della Salute ritengono molto pericoloso in termini di circolazione del virus, anche se all’interno sarà obbligatorio indossare la mascherina. Va detto che il provvedimento dell’Emilia-Romagna è provvisorio (termina con le partite in programma l’8 ottobre) e punta a chiedere una linea unitaria per tutto il Paese. Spostiamoci in una Regione governata dal centrodestra, l’Abruzzo. Il presidente Marco Marsilio ha autorizzato 1.000 spettatori per sport all’aperto, 700 al coperto. «Ma se le società ci presentano dei piani che garantiscano la sicurezza sanitaria - precisa Marsilio - autorizziamo anche un’affluenza superiore. Lo ha fatto, per la Lega Pro, il Teramo Calcio al quale abbiamo autorizzato più spettatori».
 

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