Il Ministero dei Trasporti tiene il vecchio nome: modificarlo sarebbe costato troppo

Eccessivi gli oneri per il restyling del sito web e la nuova dicitura su carta intestata e posta elettronica

Il Ministero dei Trasporti tiene il vecchio nome: modificarlo sarebbe costato troppo
di Francesco Bisozzi
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Mercoledì 23 Novembre 2022, 21:48 - Ultimo aggiornamento: 24 Novembre, 00:38

Nei ministeri a volte la spending review parte dal nome. È il caso del dicastero di Porta Pia guidato da Matteo Salvini, che sotto il governo Draghi, quando era ministro Enrico Giovannini, aveva assunto la denominazione di Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, e che poi a sorpresa dopo le elezioni è tornato alle origini, semplicemente Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Un dietrofront che inizialmente, a dirla tutta, aveva spiazzato: a qualcuno era sembrato quasi un voltare le spalle alle tematiche green, considerate anche le posizione del leader della Lega sullo stop Ue a benzina e diesel. Niente di tutto ciò. Il ritorno al vecchio Mit è stato dettato dalla volontà di risparmiare sull’operazione di rebranding avviata dal precedente esecutivo. Un’operazione non a costo zero, secondo fonti Mit, tra il restyling del sito online (che è in tutti questi mesi è rimasto in stand-by), il cambio degli indirizzi di posta elettronica del personale e la procedura per aggiornare la denominazione del ministero sui documenti di carta. Per i ministeri, del resto, tira aria di spending review. I dicasteri sono chiamati a risparmiare 800 milioni di euro nel 2023 e fino a 3,5 miliardi entro il 2025. In pratica con questa mossa il dicastero di Salvini ha dato una prima sforbiciata ai costi superflui.

IL RIORDINO

Sono tuttavia diversi i ministeri che hanno cambiato nome con l’arrivo di Giorgia Meloni al governo.

Ma nella relazione tecnica che accompagna il decreto per il riordino delle attribuzioni ministeriali si legge che le modifiche hanno carattere ordinamentale e che non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il Ministero dello Sviluppo Economico è diventato il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, quello delle Politiche Agricole si chiama Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, il Ministero della Transizione Ecologica è stato ridenominato in Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, mentre il Ministero dell’Istruzione ora è il Ministero dell’Istruzione e del Merito. In fondo è una vecchia abitudine quella di cambiare i nomi ai ministeri quando cambia il governo.

 

Con Mario Draghi a Palazzo Chigi non solo era spuntato il Mims al posto del Mit: il Ministero dell’Innovazione Tecnologica e Digitalizzazione aveva assunto il nome di ministero dell’Innovazione Tecnologica e la Trasformazione Digitale. Mentre la nascita del Ministero del Turismo ha impattato su quello dei Beni Culturali, che ha cambiato sigla, da Mibact a Mibac. Oppure, ai tempi del primo governo Conte c’era il ministero per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia Diretta, nome che strizzava l’occhio all’ideologia Cinquestelle. Tornando al dicastero di Porta Pia, la decisione di puntare sul nome Mims era stata dettata dall’esigenza di sottolineare una visione di sviluppo allineata alle attuali politiche europee e ai principi del Next Generation Eu. I traguardi restano chiaramente gli stessi, ma lo stop all’operazione Mims voluto da Salvini genererà indubbi risparmi, spiegano dal ministero. Lo scopo? Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha parlato a suo tempo di un intervento necessario, spiegando che le risorse serviranno a calmierare le bollette di luce e gas delle famiglie italiane.

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