Ministeri spostati da Roma? La trincea degli statali: «Non ci trasferiamo e il Nord avrà uffici deserti»

Per bar e ristoranti la chiusura dei dicasteri provocherebbe un calo di fatturato fino al 25%

Ministeri spostati da Roma? La trincea degli statali: «Non ci trasferiamo e il Nord avrà uffici deserti»
di Mauro Evangelisti
4 Minuti di Lettura
Lunedì 19 Dicembre 2022, 00:47 - Ultimo aggiornamento: 14:54

Nei Ministeri non ci vogliono credere, Roma è Roma, l’ipotesi di spostarsi in Lombardia o in Veneto non è neppure presa in considerazione. Benvenuti al Nord? No, grazie. E i ministeriali avvertono: «Se decidessero di trasferirci al Nord, molti di noi rifiuterebbero. E sarebbero pronti a fare le barricate». Se davvero dietro alle grandi manovre sull’autonomia differenziata prevista dalla Riforma del ministro leghista, Roberto Calderoli, c’è anche l’ipotesi di ridistribuire gli uffici ministeriali al Nord, per una parte importante dell’economia romana ci sarebbero contraccolpi preoccupanti. Claudio Pica, presidente di Fiepet Confesercenti, ha un bar gelateria vicino al Ministero della Giustizia, ma parla anche sulla scorta del passaparola con i colleghi in vari punti della città: «Già un duro colpo lo abbiamo subito quando gli uffici pubblici, ma anche quelli privati, si sono svuotati a causa dello smartworking. Per noi i ministeriali significano colazioni, spesso anche pranzi, ma più in generale se una parte dei Ministeri venisse tagliata diminuirebbero proprio i movimenti. Roma rischia di diventare una sorta di Disneyland riservata ai turisti. Ma non so credo che il turismo potrebbe compenserebbe quel 15-25 per cento di fatturato che perderebbero bar e ristoranti con un taglio dei Ministeri». Ministeri a Roma significa anche altro, come fatturato per b&b e hotel, per fare un esempio, perché attorno agli uffici statali spesso ruotano missioni e spostamenti.

Va detto che negli uffici dei Ministeri, a partire da quelli che maggiormente rischiano di essere interessati, dal Mim (Ministero Istruzione e Merito, per capirci quello che con il vecchio brand era la pubblica istruzione) e il Mur (Ministero Università e ricerca), entrambi a Trastevere, nessuno crede che l’”operazione svuotamento” possa andare in porto. Dice una impiegata: «Sa quante volte abbiamo sentito questa storia, ogni volta che al governo c’è stata la Lega?». Alessandra Prece è una funzionaria del Mur. 62 anni, due figli, una vita spesa al Ministero e l’impegno nella Uil, racconta: «Ma davvero pensa che i dipendenti sia del Mim sia del Mur siano disponibili a spostarsi come se nulla fosse? Molti hanno qui a Roma le famiglie, una vita.

Sa quanti contenziosi ci sarebbero? Ma il vero problema, di cui forse al governo non si rendono conto, è che nelle regioni del Nord nessuno si presenta per i concorsi per entrare ai Ministeri. E chi è originario del centrosud e lavora in quelle regioni, fa di tutto per tornare nella propria città».

C’è un problema di salari, certo, e di costo della vita, ma c’è anche una propensione a lavorare maggiormente nel settore privato. «Negli ultimi concorsi quasi tutti i partecipanti erano del Centro Sud». E comunque, dicono negli uffici dei vari Ministeri, è vero che il costo della vita è alto anche a Roma, ma comunque spostarsi al Nord, rischia di diventare insostenibile. «Non ne varrebbe la pena. Io raccolgo ogni giorno telefonate - racconta Alessandra Prece - di dipendenti del Mim che hanno vinto il concorso in città delle regioni settentrionali che vogliono tornare nel Centro sud. Se davvero l’obiettivo è spostare i Ministeri, o parte di essi, nelle regioni del Nord, capiranno ben presto che sarà dal punto di vista pratico inapplicabile». Anche se dovessero offrire stipendi più alti, sostiene chi lavora nei Ministeri. «Ne abbiamo parlato spesso con i colleghi - confermano in tanti - pensare dall’oggi al domani di trasferire tutta la famiglia in Lombardia o in Veneto sarebbe inaccettabile, l’ottanta-novanta per cento direbbe di noi».

E non è solo un problema di salari. Tra chi si occupa di pubblica amministrazione, come Serena Sorrentino, impegnata nella Cgil laziale, viene sostenuto che comunque si tratterebbe di un processo di razionalizzazione che non porterebbe alcun risparmio: «Alla fine sarebbero più le spese dei risparmi». La differenza rispetto al passato, nei vari ministeri che caratterizzano il paesaggio a Roma, è che un tempo quando sono comparsi questi piani di trasferimento di parte degli uffici al Nord, c’era un mix di preoccupazione e mobilitazione. Oggi più che rassegnazione, c’è fatalismo, ma soprattutto la convinzione che la riforma non andrà in porto. «Dico la verità - spiega una dipendente del Ministero dell’Istruzione - tra di noi nemmeno se ne parla». Alla fine allora bisogna tornare nei bar, nei rifugi del caffè al volo, dei cappuccini Ancora hanno negli occhi le immagini dei giorni dello smartworking quando una città che non aveva neppure turisti aveva perso uno dei suoi riturali più caratterizzanti. «Ma qui parliamo di un pezzo di economia importante - ricorda Pica - che in parte dipende dalle migliaia e migliaia di dipendenti dei Ministeri. Vogliono davvero svuotare Roma?».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA