Migranti, verso lo stato di emergenza nelle Regioni degli sbarchi. Atteso a Roma il ministro degli Esteri di Tunisi

Cabina di regia su migranti. E Salvini va via in anticipo: «Parla palazzo Chigi»

Migranti, verso lo stato di emergenza nelle Regioni degli sbarchi
di Francesco Bechis e Cristiana Mangani
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Mercoledì 5 Aprile 2023, 00:10

Il piano del governo Meloni per gestire il fenomeno migratorio guarda al breve e al lungo periodo. Ma i numeri degli sbarchi previsti per il 2023 - tra i 300 e i 400mila stando alle stime degli apparati di sicurezza - chiariscono che si è di fronte a una vera e propria emergenza. E come tale va affrontata: una via di uscita dal caos della Tunisia, rimpatri più veloci e accordi con i Paesi di origine, stretta sulla protezione speciale, aiuti ai comuni italiani colpiti dal fenomeno con la possibilità di dichiarare lo stato di emergenza. Questo il menù della cabina di regia sui migranti convocata ieri pomeriggio a Palazzo Chigi. Presenti alla riunione durata un’ora e mezzo i ministri Piantedosi, Tajani, Salvini, i sottosegretari Mantovano e Fazzolari e i vertici dei Servizi segreti. Oltre alla premier Giorgia Meloni che ha voluto presiederla di persona. E ha chiesto e ottenuto che, d’ora in poi, sia Palazzo Chigi a dare la linea ufficiale.

La leader del governo preferisce evitare allarmismi - fra gli altri, la retorica di un’«invasione» titillata dai leghisti anche con la trafila di emendamenti al decreto Cutro - su un tema assai sensibile all’elettorato di centrodestra.

E se dalle parti del Carroccio non mancano mugugni per quello che qualcuno ritiene un “commissariamento” del Viminale e del suo titolare Piantedosi, Salvini uscito in anticipo dalla riunione prova a serrare i ranghi: «Piena fiducia nella premier e nei ministri che stanno affrontando il dossier a partire dai titolari di Interno, Affari esteri e Difesa», fanno sapere in serata fonti della Lega. Ricordando, appunto, che la strategia per il dossier migranti non si scrive solo a Palazzo Chigi.

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IL PIANO

Intanto prende forma un piano d’azione. Il grande cruccio del governo è ancora la Tunisia. Il Paese di Kais Saied è a un passo dalla bancarotta e rischia di trasformarsi in un imbuto per l’immigrazione illegale dall’Africa subsahariana, puntato contro l’Italia. «Priorità è aiutare questa nazione amica in un momento di difficoltà», fa sapere in serata il governo da cui traspare ottimismo per la trattativa sul prestito da 1,9 miliardi del Fondo monetario internazionale. Nei prossimi giorni sarà a Roma il ministro degli Esteri tunisino Nabil Ammar. Si parla di un possibile “lodo Tajani”, una sorta di spezzettamento dei prestiti in cambio di uno spezzettamento delle riforme richieste al Paese nordafricano. L’Italia è pronta a inviare 100 milioni di euro, dei quali 50 per le piccole e medie imprese. 

Sul fronte interno, invece, il governo sembra disposto a valutare lo stato di emergenza per i comuni interessati dal picco degli sbarchi. Una soluzione già vagliata dall’ex ministro Marco Minniti che potrebbe ridurre i tempi di intervento e dare ai sindaci più poteri e risorse. «Chiediamo uno status analogo per la Calabria», ha detto ieri il governatore Roberto Occhiuto dopo una telefonata con Piantedosi.

Il Viminale spera anche in un incremento degli accordi per riuscire a effettuare un maggior numero di rimpatri. Un esempio da seguire potrebbe essere la Spagna che ha dimezzato gli arrivi dopo una serie di accordi stretti con la Mauritania e il Senegal e, in precedenza, con il Marocco. Oggi il premier spagnolo Pedro Sanchez incontrerà Giorgia Meloni ed è possibile che venga discusso anche il tema dei migranti. La cooperazione della Spagna con i paesi africani prevede la possibilità di inviare la Guardia civil nei luoghi da dove partono i barconi. E questo per ottenere più riammissioni di clandestini in cambio di più visti per il lavoro legale.

Nel vertice si è ragionato sulla possibilità di velocizzare i tempi per le richieste di asilo. Una questione sulla quale il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, sta molto insistendo. Così come per i rimpatri forzati accompagnati, una via di mezzo tra l’espulsione obbligatoria e i rientri volontari (curati dall’Oim) con in cambio una somma di denaro con la quale chi torna nel suo Paese può avviare un’attività. Somma che - secondo la proposta Piantedosi - potrebbe essere data anche a chi è comunque destinato a un rimpatrio forzato per evitare opposizioni e resistenze che spesso vanificano l’espulsione.

L’ACCOGLIENZA 

È stata ribadita, anche la necessità di un piano di accoglienza “potenziato”. Negli ultimi mesi sono aumentati enormemente gli arrivi dalla Tunisia e dall’Egitto, questo vuol dire che la maggior parte dei migranti scesi in Italia, sono migranti economici. Da qui il progetto di portare i Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri, a 20, ovvero uno per regione. In considerazione del fatto la nuova legge di Bilancio ha stanziato ulteriori fondi «al fine di assicurare la più efficace esecuzione dei decreti di espulsione dello straniero», e permettere così al ministero dell’Interno «di ampliare la rete dei centri di permanenza per i rimpatri». 

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