Migranti, piano italiano per la Ue: fondi e militari in Africa. Si punta al “modello Turchia”

Protocollo europeo sulle Ong, altrimenti via al dl del Viminale per sequestrare le navi

Migranti, piano italiano per la Ue: fondi e militari in Africa. Si punta al “modello Turchia”
di Alberto Gentili
4 Minuti di Lettura
Domenica 13 Novembre 2022, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 13:52

Non è un caso che venerdì, nelle ore in cui infuriava la guerra diplomatica con Parigi su Ocean Viking, Giorgia Meloni abbia richiamato l’«esempio della Turchia», invocando «una soluzione comune» alla crisi dei migranti e «diritti uguali per tutti» all’interno dell’Unione europea. Nel piano che il governo italiano sta preparando in vista del vertice europeo dei ministri degli Interni in programma tra fine mese, c’è infatti la replica di ciò che l’Ue ha fatto per bloccare la rotta balcanica su richiesta della Germania e dei Paesi del Nord Europa travolti dall’ondata dei profughi siriani. E c’è la richiesta di un regolamento europeo per le navi Ong. «Se ciò non avverrà dovremo andare avanti con una soluzione nazionale», dice un ministro che segue il dossier. Traduzione: la riedizione dei decreti sicurezza firmati nel 2018 da Matteo Salvini, con maxi-multe e sequestro delle navi Ong.

Ma questo è l’epilogo che Meloni vorrebbe evitare. Tant’è, che al Viminale continuano a garantire che Matteo Piantedosi «non lavora ad alcun nuovo testo normativo». Perché, come ha detto venerdì il ministro agli Affari europei Raffaele Fitto, «l’Italia non ha intenzione di mettere a repentaglio le relazioni diplomatiche». E non chiede di «cambiare ogni volta le regole, ma di fissarle per la prima volta», stabilendo il principio che le coste italiane «sono il confine dell’Europa». Dunque, «la risposta e la soluzione della crisi migratoria devono essere europee»: «Il nostro governo è pronto a fare la sua parte, lavorando con la Commissione Ue e con tutti i partner». Ciò che ripeterà domani Antonio Tajani al Consiglio dei ministri degli Esteri della Ue.

Ebbene, stabilito che la riforma del regolamento di Dublino che scarica sul Paese di primo approdo l’intera gestione dei migranti «è ormai una chimera» vista l’opposizione di molti Paesi contrari alla redistribuzione obbligatoria dei rifugiati e che anche il “patto di solidarietà volontaria” siglato a giugno non ha «sortito alcun effetto» («Francia e Germania avrebbero dovuto accogliere 7.000 persone, invece ne hanno prese rispettivamente 38 e 78»), il governo italiano punta sul “modello turco”. 

Al vertice dei ministri degli Interni, Piantedosi su mandato di Meloni, chiederà che vengano stanziate dalle Ue «ingenti risorse» (per difendere la Germania dalla rotta balcanica sono stati dati alla Turchia oltre 6 miliardi di euro). L’obiettivo: organizzare campi profughi in Nord Africa, in particolare in Tunisia e Libia, con la presenza di organizzazioni umanitarie e forze militari europee. «Le prime serviranno a garantire condizioni adeguate di accoglienza per i migranti», dice un’alta fonte di governo, «le seconde garantiranno la sicurezza soprattutto in Libia, dove le interferenze russe creano una forte instabilità».
In questi campi, secondo il piano di Meloni, dovranno essere predisposti hot spot per l’identificazione dei migranti e la raccolta delle domande di asilo.

E da qui, con una gestione dell’Ue, dovranno essere «distribuiti equamente, nei vari Paesi europei, coloro che avranno diritto allo status di rifugiato». «In questo modo», dice un altro ministro impegnato sul dossier, «verrebbe interrotto il traffico di esseri umani, si metterebbe la parola fine al drammatico massacro di migranti nelle acque del Mediterraneo e si fermerebbero le provocazioni delle navi Ong che raccolgono i naufraghi nelle acque di altri Paesi e poi si dirigono verso i porti italiani...».

IL NODO DELLE ONG

Proprio per le Ong, si diceva, l’Italia chiederà un «regolamento» o «protocollo» europeo. E già ieri Piantedosi ha firmato una nota congiunta in questa direzione assieme ai colleghi di Grecia, Malta e Cipro. «La questione va risolta a Bruxelles», dicono a palazzo Chigi, «per noi la nave che raccoglie i profughi deve dirigersi verso il Paese di cui batte bandiera. E se ciò non è possibile, visto che spesso le navi Ong sono di Stati del Nord Europa, potremmo accettare che i migranti vengano sbarcati nel porto sicuro più vicino. Ma in questo caso dovrà essere messo nero su bianco l’impegno dei Paesi che hanno navi che effettuano i salvataggi a organizzare un ponte aereo per portare i migranti nel loro territorio».
Nessuno, nel governo, nasconde che la «trattativa sarà tutt’altro che semplice». Ma Meloni, «forte del grande mandato popolare, farà rispettare gli interessi dell’Italia. Con fermezza, ma anche con il dialogo», aggiungono a palazzo Chigi, «la solidarietà europea non può essere solo uno slogan». 
Si annuncia un feroce e lungo braccio di ferro.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA