BRUXELLES In Europa, chi non accoglie dovrà pagare agli Stati di frontiera, come l'Italia. Circa 22mila euro per ogni migrante non ricollocato. E potrà pure vedersi negata la possibilità di rimpatriare i richiedenti asilo verso gli stessi Paesi di primo arrivo, a titolo di compensazione della propria inerzia. La "solidarietà obbligatoria" allo studio nell'Ue per sbloccare lo stallo sulla riforma delle regole sulla migrazione e l'asilo funzionerebbe pressappoco così, con il ricorso alla redistribuzione che rimane volontario in capo ai governi degli Stati membri e può, in alternativa, essere rimpiazzato da un sostegno finanziario o logistico-operativo a chi è in prima linea, alla luce di un "tetto" annuale della capacità di accoglienza da determinare secondo criteri oggettivi. Superata questa soglia, per lo Stato verrebbe meno l'obbligo di applicare le procedure di frontiera e di identificazione dei migranti. Insomma, a Bruxelles, la trattativa è in corso ed è molto fluida, ma negli scambi tra le capitali cominciano ad emergere dei punti fermi. E pure, naturalmente, dei nodi di scontro che contrappongono il blocco orientale - Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca - al resto dell'Unione, e in particolare al compatto fronte comune dei "Med5", il club informale dei cinque Paesi del Mediterraneo che mette insieme Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro. L'obiettivo dichiarato è avvicinare ulteriormente le posizioni tra lunedì e mercoledì della prossima settimana, quando torneranno a riunirsi nel Coreper II gli ambasciatori dei Ventisette di stanza a Bruxelles per discutere una nuova bozza di compromesso predisposta dalla Svezia, che fino a fine mese ha la presidenza di turno del Consiglio Ue, l'organo rappresentativo degli Stati membri. Bozza che, è l'ambizione, potrebbe poi finire all'ordine del giorno dell'incontro dei ministri dell'Interno dell'8 giugno a Lussemburgo, un'accelerazione per lanciare le trattative con l'Europarlamento e tentare di approvare definitivamente il Patto sulla migrazione e l'asilo entro la primavera prossima. Ma «molto resta ancora da fare», secondo i diplomatici del Med5, «per raggiungere un equilibrio tra responsabilità e solidarietà» che sia «sostenibile e realistico», ed effettivamente migliorativo di un sistema quale l'attuale che, con il regolamento di Dublino, «si appoggia quasi esclusivamente sugli Stati frontalieri».
Da Est, però, arriva la levata di scudi. Varsavia aveva ribadito ancora nel fine settimana il no categorico ai ricollocamenti obbligatori: uno scenario, infatti, che è fuori discussione, escluso pure dalla Svezia e dalla Commissione, e che non compare in alcuno dei testi su cui si negozia. Ma adesso la Polonia e la Repubblica Ceca fanno un passo avanti, e ritrovano con l'Ungheria l'unità perduta in seno al Gruppo di Visegrád con l'inizio della guerra in Ucraina, per contestare la stima di 22mila euro da versare (l'ipotesi è a un fondo comune) per ogni migrante di cui decideranno di non farsi carico. La quantificazione dei costi (fatta «al ribasso» fanno notare fonti diplomatiche), non si troverebbe nei documenti di lavoro del Consiglio, ma sarebbe stata fornita in una riunione a porte chiuse dai tecnici della Commissione. La battaglia è annunciata: per gli Stati dell'Est che lo contestano, questo contributo assume le sembianze di una «sanzione punitiva» per chi decide di chiudere i confini.Migranti, l'offerta Ue: 22 mila euro per i fuori quota. No di Polonia e Ungheria

di Gabriele Rosana
3 Minuti di Lettura
Giovedì 1 Giugno 2023, 06:53
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