Giorgia Meloni, dal “tu” alle giornaliste alle rinunce personali: 50 sfumature del premier

Il record di 43 domande in 180 minuti: «Sembra Telethon, ma è prevista la fine?»

Giorgia Meloni, dal tu alle giornaliste alle rinunce personali: 50 sfumature del premier
di Ernesto Menicucci
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Venerdì 30 Dicembre 2022, 00:39 - Ultimo aggiornamento: 09:59

Oltre 180 minuti, due partite di calcio più recupero (non come quelli chilometrici in Qatar...) e, in mezzo, le tante – cinquanta? – sfumature di Giorgia, giocate su vari livelli di comunicazione. A cominciare dalla Meloni più intimista, quella che dice di «non stare qui per sopravvivere», lei vuole «essere fiera», anche «a costo di non essere rieletta» e tornare «a fare la giornalista, visto che sono iscritta all’Ordine e ho sempre pensato che la politica sia una fase transitoria della vita». Anche in questo, è diversa dagli altri. Quella andata in onda ieri, infatti, non è stata la classica conferenza stampa di fine anno del premier. Ma, complice anche il calendario stravolto – la campagna elettorale in estate, le elezioni a settembre – era più, come ha detto lei, «quella di inizio mandato». Di più, è quella in cui è venuta fuori, a 360 gradi, la cifra stilistica del premier e, forse, anche il motivo del suo successo elettorale. 

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LE SFUMATURE

Perché Meloni, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha messo in mostra molti dei suoi lati.

Quello più “friendly” e scherzoso, con le battute sulla durata della conferenza che sono già diventate virali: «Buon pomeriggio? Quasi buonasera... Cos’è Telethon?». E poi, bevendo un sorso d’acqua: «Ma finisce a un certo punto, o andiamo avanti fino a che non se ne vanno tutti? Pietà, spero di farcela...». Ma poi c’è la Meloni identitaria, quella che piace al popolo che l’ha votata. Che rivendica «le scelte di destra» del suo governo («con tutto quello che ti toglie sul piano personale, vale la pena di fare questo per essere fieri di sé stessi»), che difende la storia dell’Msi («un partito della storia repubblicana, che ha avuto un ruolo nel contrastare la violenza politica»), che si richiama «all’esempio di Paolo Borsellino». Ma anche quella popolare, e popolana, che non dimentica da dove è venuta, dai «dieci anni di opposizione», dalle «assemblee studentesche: se esci vivo da lì puoi fare qualunque cosa», quella (cristiana?) del “non fare agli altri ciò che non vorresti sia fatto a te”, declinato in salsa politica. E quindi. Sulla battaglia per le primarie del Pd, con due donne in campo (Schlein e De Micheli) non si entra «perché non vorrei che fosse fatto con me». Sulle opposizioni si apre al dialogo e al confronto, «perché tante volte è capitato a me di chiederlo».

Si capisce che ha studiato, che si è preparata, magari con i fedelissimi della comunicazione a fare da sparring. Una è Giovanna Ianniello, sua storica portavoce oltre che amica personale («l’ho conosciuta nel ‘96», ha detto in una recente intervista), l’altro è Fabrizio Alfano, ex portavoce di Fini, ora a Palazzo Chigi, che ad un certo punto prova ad intervenire in un botta e risposta tra la premier e una cronista. E lei: «Fabrizio non ti preoccupare, noi facciamo così». E in quel «noi» c’è la Giorgia donna, ma non quella che sta lì in quanto tale, perché «nella competizione nessuno ti regala niente: se vuoi essere un leader non puoi aspettare di essere messo da sopra». È, invece, quella Meloni che vuole competere, che vuole vincere, ma che non «vuole vincere facile», casomai confrontarsi con «persone autorevoli, importanti», come Mario Draghi, consapevole «del paragone» che verrà fatto. 

IL LATO FEMMINILE

E però, naturalmente, il suo tratto femminile viene fuori, ci mancherebbe anche. Così è la Giorgia che dice «noi siamo abituate a fare tutto con una mano», mimando il bebé che si tiene in braccio con l’altra, che afferma di «essere veloce, le donne devono esserlo», che si rivolge ad alcune giornaliste chiamandole per nome («Ciao Monica, ciao Claudia...»), quando iniziano a farle la domanda. Quella che, parlando appunto del Pd, dice di non entrare nella questione Schlein, De Micheli contro Bonaccini e Cuperlo, ma – riferendosi a sé stessa – che forse «anche a sinistra avranno capito che “forse si può fare”» di avere una donna come segretario del partito.
È l’orgoglio di chi vuole mostrare di crederci, di chi vuole mandare «messaggi positivi», dare all’Italia «orgoglio». Lo ripete spesso. Orgoglio, orgogliosa. Sfodera anche il greco per far capire il concetto: «Filotimo», che sarebbe «l’amore per l’onore», di colui che fa le cose non per il proprio beneficio ma perché preferisce il bene al male. Lei, Giorgia, piaccia o non piaccia si descrive così. Il tutto espresso in 180 minuti, 43 domande, record assoluto, una in più di quelle che “prese” Draghi. Quando si dice la competizione.

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