Meloni e i sospetti di FdI su Lega e Berlusconi. «Doppio gioco per salvare l'esecutivo»

Il Carroccio tentato dalle urne ma Salvini non vuole intestarsi un altro Papeete. Il Cav punta sulla stabilità

Meloni e i sospetti di FdI su Lega e Berlusconi. «Doppio gioco per salvare l'esecutivo»
di Emilio Pucci
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Martedì 19 Luglio 2022, 07:31 - Ultimo aggiornamento: 18:46

Se Draghi domani dovesse presentarsi al Senato e chiedere un voto di fiducia in Parlamento dopo il discorso, la Lega e FI non si sottrarranno. A patto che non ci sia più Conte in maggioranza. Non così Fratelli d'Italia che vuole le elezioni senza se e senza ma. Il centrodestra si ritrova su posizioni differenti. È Berlusconi a spingere in primis nella direzione di un Draghi «senza chi ha creato la crisi». Invoca stabilità, ritiene che si possa andare avanti con il premier, considerato una garanzia per frenare la crisi economica e salvaguardare la posizione dell'Italia nello scacchiere internazionale.

Il Cavaliere piomba a Roma, riunisce i vertici, sostiene che l'importante è assicurare la governabilità. E per far questo basta tenere fuori dal perimetro della maggioranza chi appunto ha picconato a suo dire l'esecutivo, ovvero il presidente M5S Conte. «O governo senza Conte oppure il voto», afferma il coordinatore azzurro Tajani. In serata è poi il leader della Lega Salvini a vedere i parlamentari e a ribadire il concetto, premendo il pedale dell'acceleratore sul voto anticipato, considerato che «in questa situazione di caos occorrerebbe ridare la parola ai cittadini». Ma entrambi i leader del centrodestra lasciano uno spiraglio per la prosecuzione della legislatura. A differenza della Meloni, che ha annunciato di scendere in piazza per invocare il voto subito.

In Fratelli d'Italia c'è chi sospetta il doppio gioco, ovvero che gli alleati si stiano spendendo per evitare il redde rationem in maggioranza e per impedire che la presidente di Fdi possa arrivare a palazzo Chigi.

L'INVITO

Non è passato però inosservato l'invito di Confalonieri all'amico Silvio di aprire ad un patto con la Meloni per ritornare al governo. L'ipotesi delle urne per Salvini non è affatto esclusa. Il Capitano leghista è convinto che questa sarebbe la direzione da auspicare, «prenderemmo il 70% dei seggi», il refrain'. «Avremmo una prateria davanti a noi», dice pure il Cavaliere a più di un fedelissimo. Tuttavia, l'intenzione del centrodestra di governo è quella di non avere alcuna impronta sulla crisi. Se si arriverà al voto bene, ma non si forzerà la mano. Tra gli ex lumbard' in molti a cominciare dai ministri e dai presidenti di Regione non pronunciano la parola elezioni. L'ex ministro dell'Interno ritiene che il governo di unità nazionale sia ai titoli di coda ma non ha intenzione di procedere a un nuovo Papetee. Nella consapevolezza che sarà lo stesso Draghi a non accettare soluzioni-pastrocchio come quella, a suo dire, che si sta profilando alla Camera, con la possibile scissione di un gruppo di pentastellati capitanati da Crippa.

Draghi per ora resiste. «Conte apre alla fiducia? Ciò che conta è rinunciare agli ultimatum»

«La verità spiega un big leghista è che faranno di tutto per non mandarci a votare». «Anche il compromesso di una maggioranza senza Conte ma con un gruppo di M5S sarebbe inaccettabile», rincara la dose un altro ex lumbard, «i nostri militanti non accetterebbero un'exit strategy del genere e non so come possa accettarla Draghi». Il punto è proprio cosa voglia fare l'ex numero uno della Bce. Berlusconi non ha sentito Draghi, a sondare l'umore del presidente del Consiglio è stato Letta ma il report del braccio destro del Cavaliere - arrivato ieri all'incontro convocato dall'ex premier nella villa di Zeffirelli - è che la situazione è in divenire. E che la scelta non sarà dettata dai numeri ma dalle condizioni politiche. Berlusconi ha fatto sapere di voler essere responsabile, di non voler chiudere la porta alla permanenza del presidente del Consiglio a palazzo Chigi ma di aspettarsi un segnale. E così Salvini che ha stoppato ogni tentativo del Pd di far partire la conta sul governo a Montecitorio. L'obiettivo è mettere all'angolo il Pd. «Siamo alla farsa. Ora Pd e M5s chiedono a Draghi di comunicare prima alla Camera e poi al Senato solamente perché Conte è più debole alla Camera», la reazione dei capigruppo di Lega a Montecitorio e palazzo Madama, Romeo e Molinari. «Giochini vergognosi recita la nota - Gli italiani meritano rispetto, serietà e certezze».

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