Riforme, paletti del governo. Oggi via al confronto. Meloni: «Niente ostruzionismo o facciamo da soli»

Si avvicina il confronto con Elly Schlein e Giuseppe Conte

Riforme, Meloni: «Voglio che siano condivise con opposizione, ma ho mandato per farle»
di Francesco Bechis
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Lunedì 8 Maggio 2023, 20:00 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 10:24

Né rivoluzione né pranzo di gala. Alla vigilia delle consultazioni sul presidenzialismo la premier Giorgia Meloni tende una mano alle opposizioni: «Voglio una riforma il più condivisa possibile». Ma fa sapere che non ci saranno passi indietro: «Io la faccio, perché il mandato l’ho ricevuto dal popolo italiano e tengo fede agli impegni presi con i cittadini». E lancia un ultimatum: «Non accetto atteggiamenti aventiniani o dilatori». Da Ancona, durante il comizio di coalizione in vista delle amministrative, la premier ribadisce che avviare il cantiere della riforma costituzionale «è una priorità». Questo perché «dobbiamo legare chi governa al consenso popolare, serve stabilità: basta con le legislature ostaggio di chi cambia casacca». Non ci sta, Meloni, ad accettare quelli che considera «diktat» delle opposizioni. E ai suoi confida di voler tirare dritto sulle riforme. A costo di non sedersi prima a un tavolo con gli avversari.

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LA MEDIAZIONE

Sarà una lunga giornata per il governo. Dalle 12.30, nella Biblioteca del presidente alla Camera, partirà il confronto con le opposizioni. Una maratona di quasi sei ore - porte chiuse, niente streaming - con le delegazioni pronte a sfilare in ordine di grandezza, da Più Europa al Pd atteso alle 18.30, quando andrà in scena il primo confronto di persona tra Meloni ed Elly Schlein. In mezzo il vis-a-vis con la pattuglia pentastellata: a sorpresa ci sarà anche il leader Giuseppe Conte.

La strada per un accordo è in salita, il clima teso. Meloni non nasconde l’irritazione per l’ostruzionismo dei rivali, a partire dal Pd di Schlein che in questi giorni l’ha incalzata per l’ennesimo incidente diplomatico con la Francia sul fronte migranti: «Consiglio prudenza sul fatto di utilizzare altri governi per regolare i conti della politica interna, non si fa», tuona la premier. Non mancano però aperture. Alla Camera Meloni si presenterà senza un testo sul disegno presidenzialista per non dare l’idea di un confronto “formale” e solo interlocutorio.

E se il vicepremier e ministro degli Esteri forzista Antonio Tajani rassicura: «Vogliamo ascoltare le opposizioni, le riforme si devono scrivere insieme», il meloniano Luca Ciriani, ministro ai Rapporti con il Parlamento, segue la scia di Meloni e avverte che in caso di barricate delle minoranze «dovremo procedere da soli, ma non è questo il nostro obiettivo». Duro anche Matteo Salvini: «Se qualcuno continuerà a dire no a qualsiasi proposta, alla fine saranno gli italiani a metterci il timbro e ad autorizzarla», ammonisce il leader della Lega. Sul merito però - a a giudicare dalle stoccate lanciate alla vigilia dai dioscuri del campo progressista Conte e Schlein - restano, eccome. Così a Palazzo Chigi si fa strada la consapevolezza che una riforma presidenzialista “pura”, cioè l’elezione diretta del capo dello Stato, difficilmente troverà convergenze fuori dal centrodestra.

LE IPOTESI

Si lavora dunque a un piano b, il premierato sul modello renziano del “sindaco d’Italia”. Altra strada impervia: Pd e Cinque Stelle restano infatti fermi sul modello del cancellierato tedesco, con garanzie in più - la sfiducia costruttiva e la possibilità di rimuovere i ministri - ma senza l’elezione diretta. Compromesso, questo, ritenuto troppo a ribasso da Meloni e i colonnelli di FdI. Servirà prudenza. L’ombra di un referendum costituzionale, lo stesso che sette anni fa ha suonato il requiem al governo Renzi, inquieta non poco Palazzo Chigi. Meloni però terrà il punto. Tra guerra e inflazione, buona parte delle promesse elettorali sono state finora sacrificate all’emergenza. Entro l’estate vorrà dare un segnale sulle riforme. Tanto più dopo che la Lega ha ottenuto il via libera all’autonomia differenziata, digerita controvoglia dai meloniani in Parlamento e una parte di Forza Italia. Ecco che allora il vertice di oggi serve a Meloni a riprendere in mano l’agenda. E non a caso proprio in queste ore sale il pressing leghista sull’autonomia, mentre il governatore leghista del Friuli Massimiliano Fedriga chiede alla premier di coinvolgere le regioni al tavolo. Il cammino delle riforme è appena iniziato. E non sarà una passeggiata.

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