Meloni, lite nel Pd. Bonaccini: «Giorgia è capace». Schlein: «Non sono d'accordo»

Rispetto al clima rovente della campagna elettorale agostana, il Nazareno sembra aver deciso di cambiare schema di gioco contro l'avversaria Giorgia Meloni

Meloni, lite nel Pd. Bonaccini: «Giorgia è capace». Schlein: «Non sono d'accordo»
di Andrea Bulleri
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Giovedì 16 Febbraio 2023, 07:48 - Ultimo aggiornamento: 16:59

ROMA C'eravamo (un po') sbagliati. Non è una retromarcia, assicurano dal Pd. Eppure, almeno nei toni, gli somiglia. Perché rispetto al clima rovente della campagna elettorale agostana, il Nazareno sembra aver deciso di cambiare schema di gioco contro l'avversaria Giorgia Meloni. A cominciare dalle parole. A dare il la è Enrico Letta: sulle questioni economiche, il premier è stato finora «meglio di quanto ci aspettassimo», concede il segretario uscente. Prosegue l'aspirante successore, Stefano Bonaccini: «Meloni non è una fascista, è capace», mette a verbale il governatore emiliano. Certo «ha idee molto diverse dalle mie», puntualizza Bonaccini, ma «sono troppi pochi mesi che è partita» e «anche nelle critiche ci vuole misura». Apriti cielo. Perché a dieci giorni esatti dalle primarie, al Nazareno quelle frasi apparentemente innocue finiscono per innescare il fuoco alle polveri tra i due fronti contrapposti.


Lo scontro


Parte all'attacco la sinistra interna: «Come si fa a dire che sono capaci (di cosa?) o che sono meglio di quanto ci aspettassimo?», sbotta Andrea Orlando, che esorta i dem a «mettersi d'accordo» almeno sulla linea dura da tenere nei confronti di Palazzo Chigi.

Grida alla connivenza col nemico anche Peppe Provenzano: «È il governo peggiore di sempre tuona il vicesegretario dem Nel Pd c'è chi pensa di no?». Le primarie, aggiunge Provenzano, devono servire a «fare opposizione. O almeno a fare chiarezza». «Basta subalternità alla destra», rintuzza anche Marco Furfaro. Guai, insomma, a far passare il messaggio che con gli avversari ci si possa anche confrontare. Tanto che anche Elly Schlein, in un incontro alla Stampa estera, mette in chiaro che «no, non sono d'accordo con le dichiarazioni di Bonaccini: penso che il governo stia facendo male».


Una polemica che il fronte opposto, quello del governatore, bolla come pretestuosa e «strumentale». Tanto che qualche ora dopo è lo stesso Bonaccini a tornare sul senso delle sue parole: «Io la destra preferisco batterla nelle urne, come ho dimostrato. E vorrei che anche altri avessero la priorità di batterla nelle urne, e non con le interviste sui giornali», la linea dell'aspirante segretario. Il giudizio sul premier «capace», aggiunge, è motivato dal fatto che Meloni «ha tenuto la posizione sul Patto atlantico», mentre su altri aspetti le critiche non mancano.
Per Bonaccini, però, non ha senso sparare indistintamente ad alzo zero contro Chigi. «Noi, come Pd, siamo stati al governo quasi ininterrottamente per undici anni aveva già precisato in mattinata su La7, subito dopo le parole incriminate su Meloni E gli altri, quando critichi il governo attuale, ti dicono: perché non avete fatto voi queste cose? Quindi è la chiosa ci vuole misura anche nella critica».


La strategia

 

Un nuovo approccio "pragmatico", insomma, quello che l'aspirante segretario vorrebbe inaugurare se uscirà vittorioso dai gazebo. Anche come già aveva anticipato chiedendo un incontro al premier, che Bonaccini vorrebbe considerare «mia avversaria, non mia nemica». Del resto, ragiona chi gli è vicino, la strategia dello scontro frontale adottata da Letta (che in campagna elettorale aveva paventato uno scenario di «emergenza democratica» in caso di vittoria della leader di FdI) non pare aver prodotto grandi risultati, alle urne. «Evocare il fascismo ha avuto come unico effetto quello di portare i meloniani al loro massimo storico, e noi ai minimi termini», mugugnavano ieri i Bonaccini-boys: «Lezioni da chi ha gestito quella fase non ne prendiamo».
Ma mentre tra i due schieramenti la polemica infuria allargandosi anche a una vera e propria guerra incrociata sui sondaggi , l'inversione di rotta pare contagiare anche il segretario uscente. Che sentito dal New York Times si mostra più morbido con il capo del governo rispetto al passato. Meloni, confessa Letta, è risultata «meglio di quanto ci aspettassimo» sulle questioni economiche. E in Europa ha deciso di «seguire le regole», evitando di «commettere errori». «La realtà è che è forte», il giudizio di Letta, è «in una luna di miele piena», mentre l'opposizione è «divisa». Questa volta però «non è un allarme democratico quello che lancio, è un allarme politico», sottolinea. L'ascia di guerra, per il momento, può aspettare.

 

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