Non un sospiro di sollievo vero e proprio, ma qualcosa che almeno un po' gli si avvicina. È quello tirato dietro le quinte dal governo dopo i sedici minuti di messaggi con cui Sergio Mattarella ha fatto gli auguri agli italiani per il nuovo anno. Anche se i riferimenti politici non sono mancati (in primis alla «prima donna premier», segno di una democrazia «matura») e sono stati molto apprezzati da palazzo Chigi, c'era chi si aspettava qualche marcata polemica, specie sul fronte "caldo" dei rapporti con l'alleato francese. Le parole utilizzate da Giorgia Meloni durante la conferenza stampa del 29 dicembre sul Trattato del Quirinale dai «contorni non ancora chiarissimi» e «non operativo», ci si aspettava potessero generare qualche "buffetto" da parte del Colle. Tirata d'orecchie che invece non solo non è arrivata affatto, ma è stata proprio esclusa, evitando ogni citazione dei rapporti con gli alleati. Segno, secondo le interpretazioni più filo-governative, di un rinnovato spirito di collaborazione tra premier e Presidente per questo 2023 dopo il "no" «alle ingerenze dall'estero» già maturato diverse settimane fa. Tant'è che Meloni stessa, nel rispetto del consueto garbo istituzionale, ha prontamente telefonato al Colle per esprimere i suoi ringraziamenti per «l'incoraggiamento a governare» (e quindi a "fare") destinato ancora una volta all'esecutivo.
L'intesa
Una sorta di intesa che se da un lato appariva appunto in fase di concretizzazione nei primi «complessi» mesi dell'esecutivo, dall'altro rischia però di essere messa nuovamente alla prova. E qui ritornano i messaggi politici inseriti dal Capo dello Stato nel suo discorso, con cui Mattarella ricorda i principi che devono necessariamente guidare il governare, sicuro che Meloni li abbia già ben in mente. Ad esempio, dietro il suo «La Repubblica è di chi paga le imposte», il presidente sembra aver nascosto non solo una stilettata agli evasori fiscali italiani ma soprattutto un monito a chi - specie in Lega e Forza Italia - ha in mente di trasformare la riforma fiscale in una sorta di resa incondizionata dello Stato anche sul piano penale.