Meloni: «Ucraina, stop ambiguità». Il governo apre e passa la mozione di FdI

La leader parla in Aula: non possiamo essere l'anello debole dell'Occidente

Meloni: «Ucraina, stop ambiguità». Il governo apre e passa la mozione di FdI
di Mario Ajello
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Giovedì 23 Giugno 2022, 09:20 - Ultimo aggiornamento: 12:50

Uno dei più importanti sottosegretari di Draghi si avvicina a un drappello di deputati di FdI e dice loro: «Siete molto più lucidi e lungimiranti voi, che tenete la barra dritta sull'atlantismo, piuttosto che tanti della nostra maggioranza». Il riferimento è ai 5 stelle tentennanti e poco convinti della linea del premier sul conflitto russo-ucraino. Il fatto è che ieri, alla Camera, per le comunicazioni di Draghi alla vigilia del Consiglio europeo, si è svolta una vicenda clamorosa.

La mozione di FdI dell'altro giorno in Senato, anch'essa di pieno sostegno a Kiev, era stata respinta a Palazzo Madama ed è arrivata ieri a Montecitorio di fatto con il parere negativo del governo. Poi Giorgia Meloni è intervenuta in aula, ha detto che «l'Italia non può permettersi di essere l'anello debole Occidente», ha attaccato Draghi sostenendo che l'esecutivo si presenta al Consiglio europeo «senza una vera strategia politica» e tra molte «ambiguità», ha ricordato che «questo è il momento in cui si distinguono i leader dai follower, cioè coloro che hanno il coraggio di indicare una rotta alla nazione, da quelli che invece pensano che si possa fare cassa elettorale sulla pelle degli italiani». E il suo discorso ha fatto scattare qualcosa.

Sintetizzabile così: dopo il suo intervento, il governo - con svariati ministri e sottosegretari che avevano annuito alle parole appena pronunciate dalla leader dell'«opposizione patriottica» - non ha più espresso parare contrario alla risoluzione di FdI ma si è rimesso all'aula. Risultato? La maggioranza si è astenuta e la risoluzione è passata. Tra la gioia di FdI e una certa soddisfazione perfino sui banchi del Pd (anche se Letta nel suo intervento attacca Giorgia perché aveva definito l'esecutivo «privo di visione»).

E proprio l'appuntamento per le comunicazioni del premier in aula (mozione passata con 410 sì) è stato anche l'occasione, per la Meloni, mentre stava per entrare alla Camera, per soffermarsi sulla fuoriuscita di Di Maio dai 5 stelle e per lanciare osservazioni sferzanti: «Lo strappo di Di Maio? Mai vista una scissione di partito per continuare a stare nello stesso governo e votare gli stessi atti». Il che, notano tutti, è la vera differenza fra la rottura di Di Maio con Conte e quella di Alfano con Berlusconi a suo tempo. Angelino, fondando Ncd, restò nel governo che il Cavaliere, deposto da senatore, mollò al suo destino. E da destra, ieri, diversi deputati si sono avvicinati ai nuovi sodali di Giggino in Insieme per il futuro dicendo: «Vi conveniva evitare nel vostro nome la parola futuro. Fare futuro fu il partito creato da Fini uscendo dal Pdl. E quel futuro s'infranse quasi prima di cominciare». Ancora Giorgia sullo strappo dimaiano: «Purtroppo la politica si rivela lo spazio usato per la gestione del potere e per i litigi personali. Quelli che dovevano aprire il Palazzo come una scatoletta di tonno hanno finito per mettere la democrazia in salamoia. Ma al di là del giudizio sulle persone e le scelte, ritengo che continuare a tenere in piedi questi governo a fronte dello scioglimento di fatto del principale partito di maggioranza che lo sostiene sia una follia».

Ma il focus della giornata di Giorgia non è certo la mossa di Di Maio. Bensì la questione Ucraina. E andando via da Montecitorio la Meloni esulta: «Grazie a FdI, l'Italia si presenterà al Consiglio europeo con una linea chiara di politica internazionale: pieno sostegno a Kiev nel quadro delle alleanze occidentali di cui fa parte la nostra nazione e un impegno preciso per istituire un fondo di compensazione per gli Stati più colpiti economicamente dalle sanzioni». E ancora: «La risoluzione del nostro partito ha colmato le lacune del debole testo elaborato dalla maggioranza, nel tentativo di mettere insieme le contrastanti posizioni dei partiti di governo».

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Mosse e contromosse

Di fatto, insomma, in politica estera - al netto delle rispettive collocazioni tra Draghi e la Meloni, e quest'ultima è fermamente all'opposizione dove vorrebbe essere raggiunta anche da Lega e Forza Italia ma non è aria e neppure è aria che Salvini e Berlusconi firmino quel «patto anti-inciucio» su cui Giorgia si sgola ma invano finora - fra la leader della destra e il presidente del consiglio una convergenza esiste. Almeno sul punto che l'Italia non deve mostrare crepe nel suo atlantismo e dare l'impressione di essere smidollata e quindi friabile da parte della propaganda e degli interessi russi. E tuttavia, i movimenti nel centro affollatissimo, dove è appena arrivato anche Di Maio con Insieme per il futuro, si richiamano all'Agenda Draghi, hanno l'obiettivo, come a destra è a tutti evidente, di impedire puntando a un pareggio l'eventuale vittoria elettorale di FdI che aprirebbe per Giorgia le porte di Palazzo Chigi. Anche per vanificare queste manovre, che comunque hanno bisogno di tempo e sarebbero favorite dal ritorno alla legge elettorale proporzionale, la Meloni insiste sempre a un ritorno rapido alle urne.

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