Meloni parte dalla giustizia: no a permessi premio per mafiosi e terroristi. E rinvio della Cartabia

L’ergastolo ostativo resta se il condannato non ha collaborato

Meloni parte dalla giustizia: no a permessi premio per mafiosi e terroristi. E rinvio della Cartabia
di Michela Allegri e Alberto Gentili
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Domenica 30 Ottobre 2022, 00:04 - Ultimo aggiornamento: 14:54

«Lavoreremo per restituire ai cittadini la garanzia di vivere in una Nazione sicura, rimettendo al centro il principio fondamentale della certezza della pena». Giorgia Meloni, nel manifesto programmatico illustrato martedì in Parlamento per ottenere la fiducia, aveva annunciato novità sul fronte della giustizia. E il primo decreto del nuovo governo sarà dedicato, nel Consiglio dei ministri convocato per domani a mezzogiorno, proprio a questo tema. Per introdurre una stretta sui benefici carcerari, confermando l’ergastolo ostativo. E per rinviare, a fine anno, alcune disposizioni della riforma penale firmata da Marta Cartabia.

Al primo punto dell’ordine del giorno del Cdm, fanno sapere da palazzo Chigi, ci sarà «un decreto legge per mantenere il cosiddetto “ergastolo ostativo”, considerato dal governo Meloni uno strumento essenziale nel contrasto alla criminalità organizzata».

Un giro di vite, secondo fonti dell’esecutivo, «prioritario e diventato urgente alla luce dell’udienza della Corte Costituzionale fissata per l’8 novembre». Questo perché la Consulta ha sollecitato in più occasioni un intervento di adeguamento costituzionale e ha concesso un anno e mezzo al Parlamento per riscrivere la disciplina dell’ergastolo ostativo (impedisce a chi non collabora di accedere a sconti e benefici di legge), giudicata dalla Corte «in contrasto con le norme convenzionali».

Il testo del decreto, rivolto ad evitare che la Consulta dichiari incostituzionale l’ergastolo ostativo in assenza di un intervento legislativo, ricalcherà in parte il disegno di legge numero 2574 approvato nel marzo scorso dalla Camera. Un provvedimento che Meloni ritiene eccessivamente premiale e dunque da modificare. Da qui la volontà di «evitare le scarcerazioni facili dei mafiosi» permettendo «l’accesso ai benefici penitenziari» solo «al condannato che abbia dimostrato una condotta risarcitoria e la cessazione dei suoi collegamenti con la criminalità organizzata».

«Una corsa contro il tempo», è il ragionamento che si fa a palazzo Chigi, «per garantire sicurezza sociale e impedire che i detenuti mafiosi possano uscire dalle porte del carcere pur in costanza del vincolo associativo».
Il Consiglio dei ministri affronterà anche «il rinvio al 30 dicembre dell’entrata in vigore di alcune disposizioni della riforma Cartabia raccogliendo», spiegano a palazzo Chigi, «le criticità già emerse nel dibattito parlamentare e che sono state confermate in questi giorni dagli operatori del diritto con una lettera al ministro della Giustizia». Segue rassicurazione: «Il provvedimento intende rispettare le scadenze del Pnrr e consentire la necessaria organizzazione degli uffici giudiziari». 

Insomma, il decreto da una parte porterà a una stretta dei «benefici penitenziari» (come lavoro esterno, permessi premio, affidamento ai servizi sociali, etc.) con il «divieto di concessione» per chi è legato alla criminalità organizzata e non collabora con la giustizia. E, dall’altra, introdurrà il rinvio a fine anno dell’entrata in vigore di una parte della riforma penale di Cartabia che sarebbe dovuta scattare, appunto, da martedì prossimo. Ma che ben 26 procuratori generali, in una lettera inviata mercoledì scorso al nuovo Guardasigilli Carlo Nordio, hanno chiesto di rinviare.

LE RAGIONI DEL RINVIO
Il problema è che senza una norma transitoria non è chiaro se le nuove disposizioni previste dalla riforma Cartabia debbano valere solo per i nuovi fascicoli, o anche per le inchieste già pendenti. Uno dei nodi principali riguarda il deposito degli atti e la discovery in favore delle parti. La nuova legge prevede infatti l’obbligo per i pubblici ministeri, nei procedimenti per i quali siano scaduti i termini di indagine e per i quali non ci sia stata una definizione del fascicolo, di notificare a tutte le parti in causa - quindi agli avvocati, ai loro difensori, alle persone offese e ai loro difensori - e al procuratore generale l’avviso di deposito atti.

Un altro problema riguarda i fascicoli per i quali sono già state avanzate richieste di citazione diretta a giudizio: con la riforma Cartabia è stata introdotta un’udienza filtro, predibattimentale. Alcuni reati, inoltre, diventano perseguibili solo a querela, come nel caso del furto: i magistrati si domandano se gli arresti di indagati già avvenuti, ma in assenza di querela, resteranno validi.
 

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