Ministri, Giorgia Meloni accelera: troppe urgenze sul tavolo

Meloni stringe i tempi per la squadra: l’obiettivo è salire al Colle con la lista pronta

Meloni: «Priorità è fermare speculazione sul gas». Si lavora alla squadra di governo. Martedì il consiglio della Lega
di Francesco Bechis
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Domenica 2 Ottobre 2022, 19:52 - Ultimo aggiornamento: 4 Ottobre, 11:44

Fare bene e fare presto. È il jingle che ripetono dal partito di Giorgia Meloni. La premier in pectore del centrodestra è al lavoro per completare la squadra dei ministri. Insieme agli alleati della coalizione e, per le caselle più delicate, cercando un filo diretto con il Quirinale. Perché - Meloni lo ripete di continuo - e così prevede la Costituzione, sarà Sergio Mattarella ad avere l’ultima parola sul prossimo governo. 


LA ROADMAP
Una lista che la leader di FdI vorrebbe approntare il prima possibile per arrivare pronta alla chiamata del Colle: con la crisi energetica che stringe la morsa non c’è tempo da perdere. «La priorità è fermare la speculazione sul gas - ha twittato ieri Giorgia, con un altro avvertimento ad uso interno: non si farà uno scostamento di bilancio - continuare all’infinito a compensare il costo delle bollette regalando soldi a chi si sta arricchendo sulle spalle di cittadini e imprese sarebbe un errore».

La tabella di marcia è serrata.

Giovedì 13 ottobre le sedute inaugurali di Camera e Senato, tra il 16 e il 17 l’elezione dei capigruppo. Poi la salita al Quirinale. Per questo prosegue il lavorio giornaliero per sciogliere gli ultimi nodi con gli altri due azionisti della nuova maggioranza, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Impresa non semplice, soddisfare le rispettive richieste. Con il Cav l’incontro ad Arcore di sabato mattina è andato «meglio del previsto», sospirano dal cerchio meloniano.

Ma alcune delle questioni poste dal patron di FI restano sul tavolo. Come l’equilibrio fra tecnici e politici nell’esecutivo nascente. Meloni vorrebbe destinare a figure terze almeno i ministeri chiave per il Pnrr, dal Mef alla Farnesina. Berlusconi e i suoi più stretti, però, sono di diverso avviso. E a ribadirlo ci ha pensato ieri il numero due del partito Antonio Tajani: «Noi siamo per un governo politico», spiega. «Poi se c’è chi ha raccolto un’esperienza tale da stare al governo senza essere parlamentare, può accadere, ma devono essere casi, non la regola». Ma l’avvertimento si spinge oltre. I tecnici, «se ci saranno», dovranno avere «un coinvolgimento politico, non partitico, condividendo le scelte del governo». Paletti piantati, dunque. A cui si aggiungono quelli del leader della Lega, convinto che si debba scavare un solco con l’era Draghi. 


LO SPRINT DI SALVINI
Al tavolo delle trattative il Carroccio ha già messo una fiche sul ministero delle Autonomie, e non a caso. Servirà a placare i malumori al Nord, dove la vecchia guardia del partito continua a ribollire. Resta un mistero l’iniziativa di un «Comitato Nord» annunciata sabato dal Senatùr Umberto Bossi per «riconquistare voti» Oltrepò. Ha colto di sorpresa anche alcuni dei fedelissimi dell’ex segretario. Tanto che l’ex ministro Roberto Castelli, volto storico della Lega che fu, avanza un dubbio sull’operazione: «In ogni iniziativa politica bisogna chiedersi: cui prodest? Le letture possono essere tante». Salvini non se ne cura. Ieri è rimasto lontano dai radar, salvo una pubblica sferzata al reddito di cittadinanza e chi ne abusa, «è ora di punire questi furbetti». La testa è già al Consiglio federale convocato per martedì. Un’altra camera di compensazione delle tensioni fra i big per il magro bottino alle urne. Ma soprattutto, avvisa una nota, un’occasione per la Lega di dire la sua per «dare all’Italia la squadra di governo migliore possibile» e scegliere «i nomi più adatti». 
Francesco Bechis

 

 

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