Medicina, stop al numero chiuso. Il ministro Bussetti: «Cambieremo le regole e ci saranno più posti»

Medicina, stop al numero chiuso. Il ministro Bussetti: «Cambieremo le regole e ci saranno più posti»
di Lorena Loiacono
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Mercoledì 17 Ottobre 2018, 07:46 - Ultimo aggiornamento: 07:49

La questione del numero chiuso per la facoltà di medicina è un tema su cui il ministro all'istruzione, Marco Bussetti, ha concentrato la sua attenzione fin dal primo giorno del suo mandato.

Ministro, il numero chiuso sarà abolito o no?
«La modalità di accesso alla facoltà di Medicina è un tema che è allo studio e che discuteremo con gli atenei. Nessuna novità calata dall'alto. L'attuale modello ha certamente dei limiti. Compreso il rischio di lasciare fuori ragazzi che potrebbero essere portati per la Medicina, ma che il giorno del test non riescono a dare il massimo. Dobbiamo ragionare su nuove modalità di accesso nel medio periodo».

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C'è anche il problema delle specializzazioni, forse quello principale: pochi posti e un imbuto che lascia fuori tanti laureati in medicina. Come si risolve?
«Intanto con il ministro della Salute Giulia Grillo abbiamo chiesto da subito più posti per Medicina e per le successive specializzazioni, in sede di Consiglio dei ministri. E abbiamo trovato condivisione. Si tratta chiaramente di un percorso da iniziare già quest'anno per gradi. Troveremo una strada comune da percorrere».

Prima i problemi e le polemiche sulla mensa scolastica nel comune di Lodi poi sui libri di testo nella regione Veneto, che strada sta prendendo l'integrazione degli studenti stranieri a scuola?
«La scuola è e rimarrà sempre luogo di inclusione, in cui si combattono i pregiudizi, si impara il rispetto per gli altri. Sono certo che si troveranno le giuste soluzioni che tengano insieme i diritti dei bambini e i doveri delle famiglie».

Nella scuola italiana ci sono quasi 800mila studenti con cittadinanza non italiana: vale a dire uno su dieci. Tre su 5 sono nati in Italia: qual è la strada migliore per una corretta integrazione che eviti conflitti simili?
«La strada per l'effettiva inclusione è garantire a ogni studente la migliore istruzione possibile. Ed è esattamente quello per cui stiamo lavorando: dare ai nostri giovani, nessuno escluso, competenze e conoscenze di qualità. Dobbiamo assicurare a ciascun alunno un percorso formativo proficuo. Le leggi ci sono. È nostro dovere attuarle e vigilare affinché vengano rispettate, nell'ottica di assicurare a bambini e ragazzi il diritto allo studio».

Tenere fuori dai servizi scolastici i bambini stranieri non rischia di trasformarsi in un boomerang, inasprendo i conflitti sociali?
«Non dobbiamo generalizzare. Nessuno si sognerebbe di negare servizi o diritti ai bambini, stranieri o italiani che siano. Stiamo parlando di casi e bisogni specifici che vanno affrontati come tali e calati nei singoli territori».

Dietro le decisioni di Lodi e Veneto c'è il malcontento di una parte dei cittadini che si sentono vessati dal pagamento della mensa e dei libri, da cui vedono esonerati altri cittadini. Come si risolve uno scontro simile?
«Si risolve intervenendo per sanare le situazioni particolari a livello locale, in prima istanza. Ma è chiaro che per evitare o disinnescare uno scontro sociale bisogna procedere con azioni di sistema. Così come sta facendo questo governo, che ha predisposto in questi primi mesi importanti misure per i giovani, per le famiglie, per il contrasto alla povertà, per il sostegno alle imprese e al lavoro. Finché i cittadini non si sentiranno garantiti e tutelati dallo Stato si creeranno fratture in ogni ambito della vita civile del Paese. E noi vogliamo per l'Italia un presente e un futuro diversi».
 

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