Maurizio Lupi: «Il Centro? Non è uno solo. Assurdo che il Terzo polo tifi per l’ingovernabilità»

Il capo politico di Noi Moderati: "L'agenda Draghi era un compromesso, noi aboliremo il reddito di cittadinanza"

Maurizio Lupi: «Il Centro? Non è uno solo. Assurdo che il Terzo polo tifi per l’ingovernabilità»
di Francesco Bechis
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Sabato 27 Agosto 2022, 23:58 - Ultimo aggiornamento: 29 Agosto, 08:22

Moderato, sì, ma di tregue non vuole sentir parlare. Maurizio Lupi, capo politico di “Noi moderati”, la gamba centrista del centrodestra, ha ricette per la crisi, e per il governo. 

Guerra, crisi del gas, mercati in tempesta. Siamo sicuri che sia tempo per moderati?

«Non c’è tempo migliore. Concretezza, serietà, competenza: se non servono ora, quando? Lo ha detto bene Mario Draghi dal Meeting di Rimini: non è il momento di agitare pericoli, paure, mostri inesistenti, dobbiamo scommettere sul Paese e sulle sue forze migliori, a partire dai corpi intermedi».

A proposito di Meeting. Giocava in casa, ma Meloni e Draghi hanno vinto l’applausometro…

«Al Meeting non si cerca mai l’applausometro, ma partecipazione, incontro, dialogo.

Una foto dei leader intorno a un tavolo ha fatto scalpore. Non siamo più abituati a una politica che si confronta nella diversità».

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Il popolo di Cl ha applaudito Draghi e la sua legacy a Palazzo Chigi. E lei, ci crede all’agenda Draghi che tutti tirano in ballo?

«Non credo a un’agenda, ma a un metodo. Quello di una politica con la P maiuscola che per diciotto mesi si è presa la responsabilità di governare insieme. È stata, per forza di cose, un’agenda di compromesso. Quando saremo noi al governo, ad esempio, rivedremo a fondo il reddito di cittadinanza, perché crediamo al diritto al lavoro e non all’assistenzialismo e pensiamo che quelle risorse (5 miliardi su 8 l’anno) vadano destinate anche alle imprese».

Eppure c’è chi, come Renzi e Calenda, sull’agenda Draghi ha costruito un programma elettorale.

«Una campagna che trovo incomprensibile. È la prima volta che una lista corre con un obiettivo: l’ingovernabilità, tifare perché non vinca nessuno. Noi abbiamo idee e ricette chiare per governare».

Intanto l’emergenza energetica stringe la morsa. Calenda propone una tregua elettorale. Accettate?

«È assurdo pensare che una campagna elettorale impedisca di intervenire con urgenza. Peraltro all’interno di un mandato riconosciuto a Draghi dal Quirinale e dal Parlamento anche dopo la caduta del governo».

 

Come intervenire?

«Serve subito un nuovo Dl ristori. Stiamo tornando a una crisi economica sperimentata solo durante la prima ondata di Covid. O difendiamo ora imprese e famiglie, o a settembre chiudono bottega».

Siete a favore di uno scostamento di bilancio?

«Non vedo alternative. Se l’Ue non permetterà di usare i fondi europei per aiutare le aziende come durante la pandemia saremo costretti a procedere con uno scostamento. Il costo delle bollette è quadruplicato. È una calamità naturale».

Nel frattempo la transizione verde finisce in soffitta?

«La transizione è imprescindibile ma dobbiamo imparare dai nostri errori: c’è una burocrazia ipertrofica che costa 57 miliardi di euro alle aziende. Per un impianto fotovoltaico bisogna aspettare tre anni».

Sulle trivelle deve cascare un tabù?

«È il momento del pragmatismo. Ci sono quaranta miliardi di metri cubi di gas fermi nell’Adriatico per il niet alle trivelle di cinque anni fa. E in questi giorni rimpiangiamo di aver fatto il Tap così piccolo».

Con l’Ue avrete i conti in ordine? Dalle posizioni sulla Russia alle proposte economiche, a Bruxelles rimane qualche sospetto sulla coalizione.

«La storia di “Noi Moderati” parla da sola. Siamo europeisti, abbiamo fondato il Ppe. In passato abbiamo dialogato con la Russia – penso al vertice di Pratica di Mare – quando c’erano le condizioni per aprire un canale. Oggi sosteniamo incondizionatamente l’Ucraina. E aggiungo una riflessione».

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Prego.

«Abbiamo già visto la politica italiana condizionata dalla finanza internazionale e da una scommessa contro. Possiamo evitare che succeda di nuovo e dobbiamo farlo insieme, senza distinzioni di partito». 

Ora inizia la campagna. Da Calenda e Renzi a Berlusconi tutti dicono: il centro c’est moi.

«Chi sarà il centro lo decideranno gli elettori. Noi abbiamo unito tradizioni importanti del centrodestra italiano, vinceremo la nostra scommessa. A chi distribuisce patenti consiglio cautela parafrasando un detto di Nenni: c’è sempre un puro che ti epura».

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