Gelmini: ​«Il Capo dello Stato resti un arbitro, al premier la nomina dei ministri»

Il vicesegretario di Azione: «D'accordo sul rinforzare l'esecutivo ma no ai progetti sul presidenzialismo»

Gelmini: «Il Capo dello Stato resti un arbitro, al premier la nomina dei ministri»
di Ernesto Menicucci
4 Minuti di Lettura
Sabato 3 Giugno 2023, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 5 Giugno, 08:51

Mariastella Gelmini, vicesegretario di Azione, senatrice, cosa pensa della proposta di riforme costituzionali che sta portando avanti il centrodestra? 
«Difficile esprimere un giudizio su qualcosa che ancora non c’è... Per ora abbiamo assistito solo ad un doppio giro di consultazioni prima da parte del ministro Casellati, poi da parte del presidente del Consiglio, ma ancora non c’è una proposta organica. Se tuttavia fossero vere le indiscrezioni che raccontano di una volontà di Giorgia Meloni di tenere fuori il Quirinale dalla riforma, saremmo di fronte ad un passo avanti significativo. Per noi era la precondizione per avviare un confronto».

Il ministro Casellati ha dichiarato che, con varie sfumature, l’opzione più percorribile è il premierato. È così anche per voi di Azione? 
«Abbiamo detto, fin dal primo momento, che condividevamo l’esigenza di rafforzare e stabilizzare gli esecutivi ma che non sono stati i Presidenti della Repubblica a provocare l’esistenza di sessantotto governi in settanta anni.

La strada giusta non è il presidenzialismo né nella sua versione pura, quella americana, né in quella mediana del semipresidenzialismo alla francese. Il Presidente della Repubblica per noi deve restare arbitro, non giocatore in campo. Quindi sì, l’opzione migliore è quella del premierato: se ne può discutere, anche se da solo non è sufficiente».

Le posizioni con i vostri (ex?) alleati di Iv è la stessa?
«Siamo ancora alleati, lavoriamo insieme nei gruppi parlamentari e insieme siamo andati alle consultazioni di Giorgia Meloni sulle riforme istituzionali, quindi sì, anche se resteremo due partiti diversi, la posizione è la stessa. Renzi ha sempre parlato del “sindaco d’Italia”, noi abbiamo sempre parlato di rafforzamento degli esecutivi e di indicazione del premier da parte degli elettori». 

Quali paletti dovrebbe avere, secondo lei, questa eventuale riforma?
«Abbiamo detto con chiarezza a Giorgia Meloni che non si può intervenire solo sul presidenzialismo o sul premierato e che occorre mettere mano anche alle funzioni delle Camere perché è assurdo che facciano (teoricamente) entrambe lo stesso lavoro e che siano sistematicamente esautorate: siamo già al monocameralismo di fatto e le leggi le fa solo il governo». 

I ministri dovrebbero essere nominati dal premier o dovrebbe continuare a farlo il Capo dello Stato?
«Occorre trovare una giusta ponderazione fra l’esigenza di assicurare la stabilità e il rispetto della volontà degli elettori e quella di mantenere quanto più possibile intatto il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica. Detto questo, la nomina dei ministri, ma anche la loro eventuale revoca o sostituzione, andrebbe affidata al Presidente del Consiglio. Non gli consegnerei invece il potere di scioglimento delle Camere».

 

Nel combinato disposto presidenzialismo-autonomia differenziata quali rischi ravvisa per la tenuta del Paese? 
«Dipende da come si realizza l’una e l’altra cosa. L’autonomia differenziata è prevista dalla Costituzione: va realizzata senza spaccare il Paese e senza creare 21 repubbliche autonome. Il presidenzialismo se lo traduciamo in premierato non è una minaccia alla democrazia. Ma tutto questo lo potremo valutare una volta che c’è un testo da discutere: se restiamo agli slogan, avremo solo uno scontro ideologico che non fa bene al Paese».

L’elezione diretta del premier si può ottenere anche modificando solo la legge elettorale? E con quale?
«La Costituzione lo vieta: nella Seconda repubblica si è aggirato l’ostacolo con leggi elettorali semi maggioritarie o con premi di maggioranza in cui i partiti indicavano il ‘capo della coalizione’. Solo che poi i governi non duravano. Se bastasse intervenire con la legge elettorale non saremmo qui a discutere di riformare la costituzione. Quanto alla legge elettorale ne discuteremo: personalmente non vedrei male un sistema a base proporzionale con premio di maggioranza».

© RIPRODUZIONE RISERVATA