Bugani si dimette, l'uomo di Casaleggio rompe con Di Maio: terremoto nei 5Stelle

Bugani si dimette, l'uomo di Casaleggio rompe con Di Maio: terremoto nei 5Stelle
di Simone Canettieri e Stefania Piras
4 Minuti di Lettura
Lunedì 5 Agosto 2019, 08:19 - Ultimo aggiornamento: 08:34

«Io ti licenzio». «Fai pure: non sono io quello attaccato alle poltrone». Questo è l'ultimo passaggio della chat durata cinquanta minuti, di fuoco, intercorsa tra Luigi Di Maio e Massimo Bugani che ieri attraverso un colloquio con il Fatto ha comunicato le sue dimissioni dalla segreteria del Ministero dello Sviluppo economico. Dimissioni che arrivano dopo che lo staff di Luigi Di Maio aveva chiesto a Bugani di lasciare.

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LO STAFF
Beffa totale per uno, Bugani, che è stato lo staff ombra di Grillo e Casaleggio ai tempi dei post non firmati del blog del comico genovese. E quindi colui che prendeva le decisioni politiche più importanti supportato dai leader e fondatori del M5S. Ma quello dove si è svegliato oggi Bugani è il M5S a guida Di Maio.
Facciamo un passo indietro e torniamo al 19 luglio, giorno in cui Bugani decide di rilasciare un'intervista in cui osa dire che Alessandro Di Battista è il vero attaccante della squadra pentastellata. Doppio sgarro: primo, Di Maio aveva imposto a tutti di non commentare il trionfale ritorno del Dibba sulla scena politica, secondo, Bugani ha messo pubblicamente in discussione la leadership di Di Maio. Un affronto che il capo politico non ha accettato. Per questo lo ha fatto chiamare dalla stessa segreteria di cui Bugani faceva parte e gli ha fatto annunciare che «purtroppo per motivi di budget del ministero lo stipendio dovrà essere dimezzato». «Mi hanno mandato un provvedimento con cui riducono il mio da 3.800 a 1.600 euro». Poi l'attacco frontale di Bugani, dai banchi della minoranza di Bologna, contro il ministro Danilo Toninelli e il sottosegretario emiliano Michele Dell'Orco.

Ieri lo strappo plateale: «Me ne vado, ho informato Grillo e Casaleggio». Così facendo ha alterato ancora di più Di Maio che ora teme per la tenuta del Movimento e ieri si è riunito con i fedelissimi per fare il punto. La geografia politica del M5S cambia ancora una volta. E lo si capisce quando ad abbracciare virtualmente Bugani arriva Di Battista che gli scrive su Facebook: «Sei un grande». E la corrente vicina a Di Maio osserva: «Bene, vogliono fare opposizione a Salvini con il loro fiero 10%? Si accomodino». Per l'ex compagno di viaggio prospettano persino una candidatura a presidente dell'Emilia Romagna, regione che Di Maio dà già per persa perché punta sulla Calabria. Bugani ben prima dell'intervista che lo ha allontanato da Di Maio, andava ripetendo che era necessario staccare la spina al governo. «Siamo dei dead men walking Luigi, abbiamo distrutto in un anno il patrimonio politico di un decennio», diceva al ministro che gli replicava: «Siamo al governo, è qui che dobbiamo incidere e portare avanti le nostre battaglie».
Bugani sta organizzando Italia 5Stelle a Napoli. Si è già occupato delle feste a Imola e Rimini. Quale posto riserverà a Di Maio? Mistero. Con quali fondi? E qui entra in gioco Rousseau di cui Bugani è socio insieme a Davide Casaleggio che in questa partita ha una sensibilità molto più vicina al sodale bolognese che al campano Di Maio. Con Bugani c'è anche Gianluigi Paragone e altri parlamentari sciolti che vedono in Di Battista la possibilità di ripartire «da una qualcosa di nuovo che dovrà nascere prima o poi». Potrebbero risvegliarsi infatti gli antichi malesseri contro il leader di Pomigliano d'Arco: Nicola Morra, Carla Ruocco, Paola Taverna è ancora molto combattuta e per questo è costantemente monitorata dai fedelissimi di Di Maio. Inutile dire che quella cosa nuova che hanno in mente gli scontenti non prenda in considerazione Di Maio. Con il capo politico rimane un piccolo esercito di governisti convinti: i due dioscuri Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, Stefano Buffagni, i capigruppo Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli che di Bugani era il coinquilino a Roma, e particolare non banale: il tesoriere Sergio Battelli.
E Grillo? Il fondatore del M5S, dice chi lo ha sentito, si sente i panni del garante sempre più stretti: «Garanzia di cosa?».
 

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