Anche dopo il primo maggio negli uffici pubblici resta raccomandato indossare la mascherina Ffp2. Specie in situazioni a rischio. A suggerirlo, con una dettagliata circolare inviata ieri agli uffici della pa, è il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. «Si tratta di una precisazione - spiegano fonti vicine al dossier - sulla scorta del provvedimento firmato giovedì dal ministro Speranza». Il riferimento è alla cosiddetta ordinanza ponte che, frutto di un emendamento varato in Commissione Affari Sociali, sostanzialmente mantiene l’obbligo di mascherina fino al 15 giugno soltanto sui mezzi di trasporto a lunga percorrenza e locali, nei luoghi dello spettacolo al chiuso e nei palazzetti dello sport. Un testo in cui non si fa alcun accenno ai luoghi di lavoro e, quindi, sottintenderebbe che per questi ogni obbligo è da considerarsi abolito.
Tuttavia, come hanno specificato più volte gli esperti, serve ancora buon senso.
Cosa cambia negli uffici
Una serie di raccomandazioni che presto saranno con ogni probabilità estese anche al settore privato. Il 4 maggio infatti, il ministro del Lavoro Andrea Orlando incontrerà le parti sociali. Anche in questo caso il risultato sarà la definizione di nuove linee guida sull’uso delle mascherine. L’idea è quella di mantenere la protezione per tutti i dipendenti che lavorano in luoghi affollati come supermercati, centri commerciali, ditte o comunque dove non è possibile mantenere il distanziamento. È bene specificare che le novità interesseranno solo i lavoratori.
Per i clienti di negozi o supermercati infatti, non è previsto che si possa chiedere di indossare obbligatoriamente la mascherina. Proprio ciò che avviene non solo in ospedali, rsa e mezzi di trasporto, ma anche in cinema e teatri. Una decisione quest’ultima contestata dai gestori: «Sentir definire le sale cinematografiche “luoghi maggiormente a rischio” e pertanto destinatari di protocolli sanitari rigidi (Ffp2) e di contro eliminare l’uso di mascherine in quasi tutte le attività anche al chiuso appare una scelta poco equilibrata e penalizzante» spiega l’Unione Editori e Distributori Cinematografici Anica.
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